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Più donne nel tech è meglio: per la ripresa nel manufatturiero



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Occorre che più donne entrino nel settore delle tecnologie avanzate ed in particolare nelle aziende di semiconduttori, ma servono anche strumenti contrattuali che ne sostengano la presenza nei posti di maggior impegno e responsabilità. Ecco cosa dicono i numeri sul mercato Usa e le prospettive

Pubblicato il 12 ott 2023

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



women in tech

Sarebbe sorprendente se, mentre si discute di quali effetti distruttivi sull’occupazione potrebbe avere l’intelligenza artificiale, scoprissimo che l’industria manifatturiera, dopo decenni di riduzioni della sua importanza assoluta e relativa, manifestasse segni di ripresa.

Ed ancor più interessante sarebbe scoprire che ciò accade negli Stati Uniti, che hanno praticato più degli altri paesi la politica del decentramento produttivo verso la Cina e l’Asia, ma anche verso il Messico, proprio nel manifatturiero.

Eppure, i dati indicano proprio questo. Ma, c’è un ma: serve sempre più manodopera qualificata e per sostenerne l’ingresso nel settore delle tecnologie avanzate ed in particolare nelle aziende di semiconduttori servono più formazione e più donne.

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È impressionante il crollo successivo al 2000, accentuato dalla recessione 2008-2010, mentre l’altro crollo, quello della pandemia nel 2020, è subitaneo ma viene recuperato in buona parte rapidamente[1]. I dati del Bureau of Labour Statistics e del Bureau of Census consentono anche di verificare l’andamento per gruppi etnici[2].

Il più propenso a ritornare alla manifattura sono i bianchi, ossia proprio quelli che maggiormente si erano allontanati nei decenni precedenti dai lavori “blue collar”. Tra il 1996 e il 2010 l’occupazione dei bianchi nella manifattura americana si è ridotta di circa il 50%, mentre perdeva molto meno per gli altri gruppi etnici (afroamericani, ispanici, nativi, asiatici). Nel periodo della pandemia si sono perduti, nella sola manifattura, poco meno di mezzo milione di posti di lavoro, quasi tutti tra i bianchi. Ma nel 2022 il recupero è stato generale.

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La mancanza di lavoratori qualificati

Se guardiamo più da vicino, troviamo che le nuove assunzioni nell’industria manifatturiera, sono cambiate: il livello di istruzione è più alto, la quota femminile sta salendo. Nonostante la caduta dell’occupazione manifatturiera per effetto della pandemia, l’industria già si trovava, prima di quella crisi improvvisa, a corto di manodopera. Al 2030 le stime indicano una carenza di oltre due milioni di lavoratori, un buco colossale che deriva dalla mancanza di lavoratori qualificati. L’Associazione dell’industria sostiene che le iniziative di inclusione e di equità sortiscono effetti positivi sull’offerta di lavoro qualificato. Aiutando le imprese a riempire quei vuoti: “Dobbiamo chiudere le iniquità razziali e le discriminazioni che abbiamo nella nostra società perché è la cosa giusta da fare, ma è anche l’imperativo economico per il nostro settore” aveva detto Carolyn Lee direttore esecutivo del Manufacturing Institute, partner dell’Associazione per gli studi e la formazione sul lavoro[3].

Il problema dei semiconduttori

Ma all’interno del settore manifatturiero, è nei semiconduttori dove questa carenza di forza lavoro qualificata è più grave. L’industria americana è invecchiata, non solo perché alcune delle sue aziende sono tra le più antiche (IBM, INTEL, Texas), ma anche perché la forza lavoro che esse occupano è più anziana.

La differenza è significativa: nelle industrie della componentistica elettronica gli occupati sono mediamente più anziani che nella generalità delle aziende, con una presenza dei giovanissimi percentualmente dimezzata e una percentuale di occupati tra 55 e 64 anni superiore di un terzo. Emerge un dato sorprendente: in questa industria, che è quella su cui maggiori investimenti ci sono stati negli ultimi anni, con andamenti delle quotazioni che negli anni della pandemia hanno premiato il settore in misura eccezionale, il quadro attuale è di un settore invecchiato. Come se gli Stati Uniti pagassero il conto dell’aver sviluppato per primi le industrie dei semiconduttori ed aver poi seguito il passo degli altri. Una considerazione in linea con le motivazioni sottostanti al dibattito e all’approvazione del Chips Act.

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Il quadro che emerge nel 2022 dai dati del Bureau of Census indica che sui 16 milioni di lavoratori del manifatturiero, poco meno di 70 mila sono addetti ai semiconduttori, ovvero poco più del 4% degli occupati del settore manifatturiero. La maggioranza era bianca non ispanica (53%) e nativi negli Stati Uniti (67%). Tre quarti degli addetti erano maschi mentre le donne contano per quasi la metà della popolazione occupata, restando così molto sottorappresentate nella componentistica elettronica[4].

Il livello di istruzione nella componentistica elettronica è molto più elevato di quello della totalità dei lavoratori. È quindi sensato che il Chips Act preveda di finanziare la formazione delle nuove leve: da un lato c’è un problema di ringiovanire la forza lavoro delle industrie del settore, dall’altro l’ancor più rilevante tema del livello di educazione dei nuovi assunti.

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Nel non lontano 2025, ossia tra pochi mesi, la necessità del settore è di disporre di 90.000 nuovi occupati. La Casa Bianca ha promesso che il Chips Act creerà “una rete nazionale per la formazione della forza lavoro dei semiconduttori, attraverso le istituzioni accademiche, includendo le istituzioni per la promozione delle minoranze e i college di comunità; promuovendo l’innovazione con la riduzione delle barriere all’entrata per le start up.[5]” Ora, se guardiamo le statistiche sui dottorati negli Stati Uniti troviamo una realtà interessante, che mette in luce la semplicità della risposta e la complessità di metterla in atto.

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Come si vede dalla figura, dal 2010 al 2020, anni per i quali si dispone dei dati reali, i dottorati maschi salgono di circa il 10%, da 77 mila a 85 mila, mentre le femmine, che proprio intorno al 2010 cominciano a superare sistematicamente il numero dei dottorati maschi, salgono da 82 mila a 105 mila, con una crescita del 28%.

Da quel momento in avanti, ossia per il decennio 2020-2030, anni per cui si dispone di previsioni, risulterebbe che i maschi si manterranno pressoché costanti come numero di dottorati, passando da 86 mila a 88 mila, mentre le femmine saliranno ancora da 107 mila a 133 mila, con un aumento del 24%.

Conclusioni

Ed ecco che la risposta al quesito è semplice: occorre che più donne entrino nel settore delle tecnologie avanzate ed in particolare nelle aziende di semiconduttori.

Ma ecco anche che la risposta richiede un impegno straordinario per essere messa in atto. Dando per scontato l’incapacità degli stati moderni di riformare in senso pro-giovani il loro welfare, occorre che le aziende, nel caso degli Stati Uniti anche avvalendosi degli aiuti del Chips Act, mettano in campo strumenti contrattuali capaci di sostenere la presenza femminile nei posti di maggior impegno e responsabilità.

Note

  1. ) U.S. Bureau of Labor Statistics, All Employees, Manufacturing [MANEMP], retrieved from FRED, Federal Reserve Bank of St. Louis; https://fred.stlouisfed.org/series/MANEMP, October 2, 2023.
  2. ) Adam Grundy, Diversity, Equity and Inclusion Key to Filling High-Skilled Manufacturing Jobs, United States Census Bureau, September 29, 2023
  3. ) NAM News Room, Diversity and Inclusion: What You Need to Know, February 12, 2021.
  4. ) Linda Laughlin, Anthony Martinez, Electronics Industry Facing an Aging Workforce, Bureau of Census, September 29, 2023.
  5. ) The White House, Fact Sheet; Chips and Science Act Will Lower Costs, Create Jobs, Strengthen Supply Chains, and Counter China, August 09, 2022.

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