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Sistemi di age verification: cosa sono e quali impatti hanno sugli affari degli influencer

Nella creator economy, l’age verification può cambiare in modo dirompente alcune regole di mercato soprattutto in virtù della non apertura degli algoritmi di funzionamento, moderazione e filtro dei contenuti all’interno dei social network. La strategia Ue per la tutela dei minori online, l’impatto sul mondo degli influencer

Pubblicato il 09 Set 2022

Stefano Gazzella

Responsabile Comitato Scientifico, Privacy Officer Associazione Italiana Influencer

influencer

Le piattaforme social sono sempre più dirette verso l’adozione di sistemi di verifica dell’età degli iscritti, allo scopo di garantire la protezione dei minori. L’effetto di limitare la partecipazione dell’utenza e l’accesso ai contenuti, però, comporta un impatto nei confronti della creator economy e il mondo degli influencer corre il rischio concreto di subirne gli impatti negativi e giacere in un limbo privo di meccanismi efficaci di tutela.

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Piattaforme social e age verification

La tutela dei minori all’interno del mondo digitale è un argomento fortemente dibattuto in relazione al quale il legislatore europeo ha voluto riservare una particolare attenzione già in sede di redazione del GDPR, ma che è destinato ad essere sempre più al centro di discussioni e strategie comuni. Strategie che non possono essere territorialmente limitate ad unico Paese bensì che devono occupare un livello necessariamente più in alto e ricercare accordi e condivisioni. Plasmare il web secondo quell’immagine desiderata che sappia integrare tutele e promuovere in modo efficace i diritti fondamentali non è infatti un’azione che può essere svolta unicamente attraverso lo scalpello della norma, ma richiede una serie di interventi sinergici su più livelli: culturale, educativo, sociale, politico, ad esempio. Sebbene la normazione non sia l’unico strumento con cui intervenire, questa assume un ruolo principe nel definire il tracciato essenziale di quel percorso che può consentire il raggiungimento degli obiettivi esposti e l’evoluzione dell’ecosistema digitale. Considerato proprio il contesto dei servizi online, le principali garanzie possono trovare attuazione tramite il diaframma della normativa in materia di protezione dei dati personali.

Dal momento che in ottica di regolazione si deve superare la dimensione territoriale dei confini di uno o più paesi, è necessario ricercare regole comuni di dimensioni internazionali.

Tutela dei minori online, l’approccio Ue

L’Unione Europea, avendo già attenzionato la tematica dei minori nell’accesso ai servizi digitali e alle piattaforme social in sede di redazione del GDPR e più recentemente all’interno del Digital Service Act e del Digital Market Act, propone un modello basato fondamentalmente su due cardini: la responsabilizzazione dei gestori e la promozione di un approccio basato sul rischio.

In questo modo è così possibile bilanciare delle esigenze apparentemente contrapposte: da un lato, assicurare l’accesso al minore a servizi e contenuti delle piattaforme; dall’altro rispondere all’esigenza di fornire una protezione rafforzata considerata la posizione di particolare vulnerabilità. L’apparenza è però solamente superficiale, dal momento che l’apporto positivo e i vantaggi conseguibili derivanti dall’accesso e la partecipazione ai servizi di piattaforma, ivi inclusa la fruizione dei contenuti, non può non può per logica contrastare l’applicazione del principio di neminem laedere che in tali contesti viene specificato ad esempio con il divieto di alcune pratiche manipolatorie, con gli obblighi di colmare i gap delle asimmetrie informative e con la predisposizione di filtri per contenuti potenzialmente dannosi. Certamente, si tratta di un equilibrio tutt’altro che facile da realizzare e a volte da individuare, per cui deve essere necessaria un’azione di sorveglianza e continua applicazione di correttivi. A tal riguardo, basta citare il provvedimento del Garante Privacy relativo a TikTok come recente esempio.

Per garantire tutele specifiche all’interno degli ambienti delle piattaforme social, è necessario che vi sia un accertamento dell’età del soggetto che si iscrive e accede agli stessi. Pertanto, la selezione e valutazione degli strumenti di age verification è un obbligo – neanche tanto implicito sebbene talvolta posto in maniera indiretta – che ricade inevitabilmente sui gestori delle piattaforme per una differenziazione dell’offerta e la proposta dei contenuti a seconda della minore età o meno dei partecipanti. Tutto ciò comporta in modo altrettanto inevitabile un’attività di monitoraggio automatizzato che oltre a richiamare le tutele previste dell’art. 22 GDPR deve essere oggetto di particolari attenzioni in ragione dell’estensione, profondità e persistenza dell’attività e del relativo rischio intrinseco nei confronti degli interessati.

La proporzionalità dei controlli

Tanto nella fase di progettazione quanto di attuazione dei controlli è necessario tenere conto del criterio di proporzionalità per assicurare quel bilanciamento di diritti richiesto dal contemperamento della protezione dei dati personali dell’interessato in relazione all’attività di raccolta, elaborazione e output decisionale e di tutela del minore stesso dalle attività potenzialmente dannose, fra cui si può indicare in modo emblematico l’accesso a determinati contenuti o il diventare destinatari di azioni di targeting o amplificazione.

Il principio di proporzionalità, peraltro richiamato nel considerando n. 4 GDPR, consente proprio l’attuazione efficace e sinergica di diritti e tutele senza che uno debba recedere o che l’altro si ponga in modo tirannico. Nell’ambito dell’age verification occorrerà pertanto valutare in concreto questi sistemi, tenendo conto della loro efficacia e dell’impatto che possono causare sia per effetto del trattamento di dati personali svolto che del naturale effetto di limitare la capacità di movimento all’interno degli spazi digitali del minore. L’obiettivo da raggiungere, e di cui tenere conto in sede di conduzione di una valutazione d’impatto privacy, sarà avere dei sistemi al contempo non facilmente aggirabili e non eccessivamente invadenti.

Al momento, i sistemi più diffusi impiegati per il controllo dell’età consistono in:

  • convalida della carta di credito;
  • analisi biometrica del viso;
  • verifica offline;
  • analisi dei documenti di identità;
  • collegamento a ID provider pubblici;
  • verifica inferenziale;
  • segnalazione da parte degli altri utenti.

Come segnalato da CNIL, nessuno di questi riscontra i parametri di una verifica sufficientemente affidabile, della copertura completa della popolazione e della protezione dei dati degli interessati. Ad ogni modo, la necessità di identificazione al fine di proteggere i minori è destinata a moltiplicarsi e dovrà seguire i pilastri indicati con riferimento a minimizzazione, proporzionalità, robustezza, semplicità, standardizzazione e intervento di terzi. Tali criteri orientativi devono inoltre essere vigilati nell’applicazione, al fine di evitare anche un aumento sproporzionato dei controlli che comporterebbe l’effetto di ridurre sensibilmente il numero di siti e contenuti liberamente consultabili. Inoltre, qualunque sia la tecnica che potrà essere impiegata per verificare l’età, l’autorità di controllo francese ribadisce la necessità di dover garantire a riguardo la sua affidabilità, la riservatezza delle informazioni impiegate e la e minimizzazione dei dati coinvolti in tali processi e scambiati con terze parti.

L’impatto nei confronti della creator economy

Che l’interessato sia posto al centro di tutte le tutele fino ad ora esposte, è indubbio. Qualunque sia il sistema adottato, deve essere conforme ai principi di privacy by design e privacy by default, e per l’effetto prevedere la predisposizione di misure adeguate destinate a proteggere chi accede alle piattaforme social e fruisce dei loro contenuti. Altrettanta tutela però non si può riscontrare per chi si pone nell’ecosistema della piattaforma social non come consumatore bensì come punto di riferimento di una community più o meno estesa svolgendo il ruolo di content creator o influencer.

Nella creator economy, l’age verification può cambiare in modo dirompente alcune regole di mercato soprattutto in considerazione della non apertura degli algoritmi di funzionamento, moderazione e filtro dei contenuti all’interno dei social network e dell’impossibilità di negoziarne l’applicazione dal momento che sono imposti in termini e condizioni attraverso clausole del tipo take-it-or-leave-it.

Considerato il rischio concreto di andare incontro ad una significativa riduzione dei contenuti fruibili da parte degli utenti, l’effetto distorsivo che ne consegue non può che compromettere il valore di mercato dei professionisti della creator economy.

I rischi correlati alla riduzione di follower e ad una diminuita diffusione dei contenuti non possono infatti che avere conseguenze negative sulla visibilità e sulla capacità di monetizzazione degli influencer.

Influencer e impatto della age verification

È opportuno precisare che mentre la age verification dell’influencer riguarda personalmente lo stesso e la sua capacità di contrattualizzare alcuni rapporti con la piattaforma e può trovare un’agevole s0luzione dal momento che anche in caso di errori dell’algoritmo sono disponibili degli strumenti efficaci e diretti quali la contestazione della decisione e il diritto di intervento umano[4], ben altri problemi occorrerà affrontare invece sia nelle relazioni con i follower sia nella capacità di diffusione dei contenuti. Dal momento che la monetizzazione dei contenuti è conseguenza della capacità dell’influencer di avere visibilità, raggiungere gli utenti della piattaforma ed influenzarli, non si può prescindere dal valutare l’introduzione di queste nuove variabili che comportano necessariamente una differenziazione dell’utenza (minori/non minori) e una catalogazione e ranking dei contenuti secondo criteri di adeguatezza per il pubblico di destinazione. Anche qui ritorna il problema di voler evitare un’arbitrarietà nella definizione ed applicazione delle regole da parte dei gestori della piattaforma, i quali potrebbero richiamare l’esigenza di adempiere a norme cogenti per ribadire ancor più gli squilibri di forze già presenti.

Volendo approfondire l’aspetto dell’introduzione degli algoritmi di selezione dei contenuti e del pubblico si deve porre l’esigenza di avere quanto meno un’apertura del loro funzionamento e una trasparenza sufficiente affinché gli influencer possano essere in grado di agire per contenere gli impatti negativi rappresentati, andando a modificare i contenuti e le modalità di proposizione degli stessi, ad esempio. Altrimenti, l’incertezza è destinata a propagarsi su investimenti e relazioni, con un impatto negativo non solo sulle monetizzazioni ma anche sulla visibilità e dunque su quell’elemento caratterizzante della figura stessa dell’influencer. Un ulteriore elemento di rischio da considerare riguarda invece i contenuti riservati ad un pubblico adulto e una loro de-monetizzazione, con effetto di riduzione dell’offerta nel tempo, comportando così una minore disponibilità dei contenuti e dei corrispondenti vantaggi per gli utenti delle piattaforme.

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Scenari futuri

Lo scenario appare tutt’altro che positivo ma non necessariamente catastrofico. Molto probabilmente l’applicazione del Digital Market Act e soprattutto della strategia antitrust Ue diretta a regolare l’azione delle Big Tech secondo le regole della concorrenza potrebbe essere un correttivo dall’alto, andando a contenere eccessi ed arbitrarietà da parte dei gestori delle piattaforme nell’introduzione dei sistemi di age verification.

Il mondo degli influencer al momento giace in un limbo di tutele imperfette qualora nella predisposizione dei controlli da parte dei gestori della piattaforma non vengano considerate le istanze anche di tutti quegli utenti attivi e creatori di contenuti che necessitano di regole certe e stabili per poter programmare e svolgere la propria attività professionale all’interno del mercato digitale senza il peso di incertezze sproporzionate.

Note

  1. Previsti dall’art. 22 GDPR.

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