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Stairway to innovation: l’impatto dell’AI su artisti, compositori e DJ



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L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando la musica, offrendo nuovi strumenti per composizione, mixaggio e accompagnamento, ma solleva questioni legali su diritti d’autore e proprietà intellettuale. La legislazione, incluso l’imminente AI Act, cerca di bilanciare tecnologia e creatività umana, garantendo il rispetto dei diritti degli artisti

Pubblicato il 23 feb 2024

Tommaso Ricci

Avvocato, Data Protection & LegalTech Specialist presso DLA Piper

Miriam Romeo

Avvocato, IP and trademark specialist, DLA Piper



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Immaginate di ascoltare un brano e di essere incuriositi da come suonerebbe magari con un cantato in spagnolo, o con un ritmo italodisco o funky, al posto di quello originale. Immaginate di poter modificare il brano, in pochi minuti, per soddisfare la vostra curiosità. Oggi tutto questo, e molto altro, è possibile grazie all’intelligenza artificiale, ma cosa ne pensano gli artisti?

Oltre ai lati positivi, ci sono dei rischi che preoccupano gli artisti, come quello di vedere violati i propri diritti d’autore sui brani utilizzati dai sistemi di AI. Analizziamo cosa dice la legge a riguardo e quali cambiamenti sono in atto.

Il ruolo dell’AI nella composizione musicale: il punto di vista degli artisti

L’innovazione nell’intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il mondo della musica in modi che erano inimmaginabili solo pochi decenni fa. Musicisti, cantanti e compositori esplorano nuovi orizzonti creativi grazie a questa tecnologia. Un esempio eclatante di questa tendenza è il recente annuncio del noto duo di DJ The Chainsmokers, che intendono utilizzare l’AI per clonare le loro voci, inaugurando una nuova era nella produzione musicale.

I vantaggi tangibili dell’AI

La portata dell’impatto dell’AI nel settore musicale è dettata anche dall’ampio raggio di applicazioni a cui si presta, offrendo vantaggi tangibili a tutti gli attori del settore, dai compositori agli ascoltatori, dai produttori ai distributori.

  • Assistenza nella Scrittura e Composizione: l’AI si sta affermando come uno strumento utilissimo per la scrittura e la composizione musicale avanzata, fornendo ai cantanti e ai produttori DJ la possibilità di generare nuove melodie, testi e armonie in linea con i gusti del pubblico. Attraverso l’analisi di vasti database di canzoni, l’AI può suggerire idee innovative che rispecchiano o si discostano dalle tendenze musicali attuali, facilitando la creazione di musica unica e personalizzata.
  • Ottimizzazione di Mixaggio e Mastering: l’AI offre soluzioni avanzate per il mixaggio e il mastering, automatizzando processi che richiedono molto tempo come l’equalizzazione, la compressione e la regolazione dei livelli audio. Questo permette agli artisti di focalizzarsi maggiormente sugli aspetti creativi della produzione, garantendo al contempo che il prodotto finito abbia una qualità sonora professionale.
  • Generazione di accompagnamenti musicali: Cantanti e produttori DJ possono utilizzare l’AI per generare automaticamente accompagnamenti musicali e basi ritmiche. Scegliendo parametri come genere, tempo e tonalità, gli artisti possono ottenere basi musicali su misura che si adattano perfettamente al loro stile e alle loro esigenze compositive, accelerando significativamente il processo di produzione, facilitando ad esempio la produzione di tracce demo nella fase di studio/composizione iniziale.
  • Creazione dinamica di effetti vocali e tracce di supporto: l’AI può generare in tempo reale effetti vocali personalizzati per cantanti e creare tracce di supporto che si adattano dinamicamente allo stile e al ritmo desiderati dai produttori DJ. Questo non solo arricchisce l’esperienza di performance live ma fornisce anche nuovi strumenti per la sperimentazione in studio, consentendo una maggiore espressività e innovazione nelle produzioni. Ad esempio, grazie all’AI è possibile generare tracce a partire da un campione vocale, traducendolo simultaneamente in più lingue in modo da raggiungere un pubblico più ampio, mantenendo inalterati i tratti caratteristici della voce dell’artista.

Se da un lato quindi l’AI porta sicuramente enormi vantaggi nel supporto alla composizione, produzione ed esecuzione musicale, dall’altro molti artisti sollevano preoccupazione rispetto al ruolo che l’AI avrà nel futuro creativo.

Abbiamo intervistato la cantante Lidia Schillaci, che ha espresso una visione positiva e di apertura verso l’impiego dell’intelligenza artificiale nel campo della musica, sottolineando come l’AI possa essere uno strumento di supporto che può amplificare le capacità umane e aprire nuovi orizzonti espressivi. Questa prospettiva evidenzia un approccio equilibrato che vede l’AI non come sostituto, ma come complemento all’ingegno umano, con il potere di arricchire il panorama musicale attraverso una sinergia tra tecnologia e creatività.

Considerazioni legali sull’AI come autore

L’artista ha anche sottolineato una visione critica riguardo al ruolo dell’intelligenza artificiale nel processo creativo musicale, mettendo in guardia dal rischio di un appiattimento della creatività. Secondo Lidia la vera essenza dell’arte musicale nasca da emozioni e energie umane, aspetti che l’AI, per sua natura, non è in grado di originare o trasmettere in modo autentico. Questo punto di vista evidenzia la convinzione che, sebbene l’intelligenza artificiale possa offrire notevoli vantaggi in termini di efficienza e supporto tecnico, come nella creazione di arrangiamenti rapidi o nel miglioramento della produzione, essa non possa sostituire l’impulso emotivo e la profondità che solo un artista umano può conferire alla musica.

L’impatto dell’AI sulla tutela della proprietà intellettuale porta con sé sfide complesse e solleva importanti quesiti, soprattutto per quanto riguarda i diritti degli user delle piattaforme AI sull’output da queste generato e le implicazioni legali relative ai diritti d’autore di terze parti, specialmente quando l’AI è addestrata su opere musicali protette dal diritto d’autore o da diritti connessi.

Per quanto concerne il primo aspetto, le leggi attuali sul diritto d’autore, costruite sul concetto di opera quale “lavoro intellettuale”, quindi frutto di un intelletto umano, incontrano notevoli difficoltà nell’adattarsi alle opere generate dall’intelligenza artificiale. Per questo, è importante distinguere tra opere realizzate principalmente dall’AI e quelle dove l’apporto umano è predominante, con l’AI utilizzata come mezzo per incanalare al meglio la creatività dell’utente, in un processo creativo più ampio e complesso.

Nel contesto giuridico europeo non c’è spazio per il primo caso: l’AI non può essere considerata autore di un’opera e, di conseguenza, non può detenere diritti d’autore. Viceversa, la tutela autoriale non viene negata nel secondo caso, cioè, alle opere frutto di un’interazione umana significativa.

Tutela di un’opera dell’AI, la pronuncia della Corte di Cassazione

Questa posizione è stata evidenziata dalla Corte di Cassazione con la pronuncia 1107 del 16 gennaio 2023, in un caso che ha visto protagonista il Festival di Sanremo del 2016. In quella occasione, la Corte ha riconosciuto la tutela autoriale di un’opera grafica creata con l’ausilio di un software, ponendo l’accento su cosa debba intendersi per opera “creativa” e sottolineando l’importanza dell’originalità dell’idea e dell’ispirazione personale dell’autore.

Il caso di Stephen Taler negli Usa

Una tale conclusione è stata avallata anche oltreoceano, in un caso, però, dall’esito negativo per l’attore Stephen Thaler, il quale chiedeva che venisse attribuita tutela autoriale ad un’opera interamente realizzata dall’algoritmo di AI da lui ideato, “Dabus”, e che a questo venisse attribuita la paternità dell’opera. La Corte del Distretto della Columbia ha negato una tale possibilità, ribadendo la necessità del coinvolgimento umano nella creazione di un’opera per ottenere la protezione prevista dal diritto d’autore.

Dunque, se e in quale misura un’opera ottenuta con l’assistenza dell’AI sia o meno tutelabile è una valutazione che dipende da un’analisi caso per caso, che tenga in considerazione il tipo e la misura dell’assistenza fornita dall’AI, ma soprattutto l’apporto dell’essere umano, per determinare se l’opera sia frutto della sua creatività individuale.

Tuttavia, l’episodio statunitense solleva nuove domande dato che l’AI in questione era stata ideata dallo stesso utente finale e non si trattava, come più spesso accade, di un “servizio” a cui accedono altri utenti, i quali, invece, si trovano a doversi confrontare con i limiti funzionali di una macchina che non possono controllare e con i termini e condizioni di un servizio a cui devono adeguarsi. Chissà, quindi, se in futuro l’AI si ritroverà ad essere maggiormente protagonista, potenzialmente influenzando l’interpretazione stessa dei requisiti di originalità e creatività nel diritto d’autore.

Il training e la violazione dei diritti di terzi: sinfonie in bilico tra innovazione e legge

Per quanto riguarda, invece, la violazione di diritti di terzi, il panorama si fa ancora più sfumato.

D’altronde, la creazione artistica, come affermava Pablo Picasso, è un processo dove “i buoni artisti copiano, i grandi artisti rubano”, suggerendo che ogni atto creativo trae ispirazione dal dialogo continuo con le opere che lo hanno preceduto.

Nell’era digitale, questo dialogo assume nuove forme: le soluzioni di AI imparano e si evolvono attraverso training basati sull’assorbimento di vasti archivi di dati, grazie ai quali apprendono pattern, stili e strutture al fine di generare nuovi contenuti. La scelta dei dati del training si rivela determinante poiché influenza direttamente le opere generate e, pertanto, ci si chiede fino a che punto l’AI possa “ispirarsi” alle opere esistenti senza violare i diritti degli artisti originali.

Alcuni casi concreti di questa problematica hanno visto protagoniste etichette e case di produzione multinazionali che in passato hanno sollecitato le piattaforme di streaming come Spotify a bloccare la musica generata da soluzioni AI, accusando queste ultime di utilizzare la musica dei loro artisti per addestrare i propri algoritmi. Spotify ha reagito rimuovendo il 7% della musica generata da AI dalla sua piattaforma, equivalenti a decine di migliaia di brani. Tra questi, “Heart On My Sleeves”, senza dubbio il brano più popolare generato con l’AI, creato dall’utente TikTok conosciuto come ghostwriter977. Il brano è diventato virale per la sua capacità di imitare le voci dei musicisti canadesi Drake e The Weeknd ma è stato, poi, prontamente rimosso in seguito alle obiezioni per violazioni di copyright avanzate dall’etichetta discografica – a cui, per di più, entrambi gli artisti sono associati – che ha contestato l’uso delle loro proprietà intellettuali senza autorizzazione.

Un ulteriore caso, invece, ha visto il coinvolgimento del DJ David Guetta, il quale ha utilizzato soluzioni di AI per inserire in una sua canzone una traccia vocale generata artificialmente che ricreava la voce del rapper Eminem, artista le cui opere sono licenziate e gestite da una major. Il DJ ha suonato la traccia live durante una esibizione, con grando stupore del pubblico per l’inedita hit, ma non ha poi pubblicato il brano.

Attualmente, anche a causa dei parametri legislativi incerti fino ad oggi, il dibattito sull’uso di opere protette da diritto d’autore nei training è polarizzato. Da un lato, le società che sviluppano servizi di AI sostengono che l’addestramento dei modelli con tali opere sia legittimo, mentre gli autori delle opere protette vedono questo utilizzo come plagio o concorrenza sleale. È noto che per addestrare un modello di AI servono enormi quantità di dati, e disponendo di maggiori dati di input c’è maggiore probabilità di ottenere un modello qualitativamente superiore. Tuttavia, occorre chiedersi se la legge consente un uso indiscriminato dei dati di canzoni e brani musicali per finalità di addestramento dei modelli di AI.

La questione del “fair use” nel training dell’AI: USA e Italia vanno a ritmo diverso?

Nei paesi di Common Law, i sostenitori dell’AI invocano il concetto di “fair use”, una dottrina giuridica che permette l’utilizzo non autorizzato di opere protette da copyright sotto certe condizioni, basandosi su fattori come scopo e carattere dell’utilizzo, natura dell’opera, quantità utilizzata, e impatto sul mercato dell’opera originale.

A differenza degli Stati Uniti, dove il concetto di “fair use” offre un’ampia flessibilità, in Europa non si trova un principio paragonabile. Per quanto riguarda l’Italia, alcuni esponenti della dottrina ritengono che l’utilizzo da parte di soluzioni di AI di materiale e contenuti tutelati dal diritto d’autore rientri negli atti di riproduzione di cui all’art. 13 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore) e, pertanto, richiederebbe il consenso dell’autore. Di conseguenza, in assenza di normative specifiche sul training delle soluzioni di AI con tali materiali, la prassi migliore sembra essere la richiesta di una licenza specifica, ottenendo così l’autorizzazione preventiva dell’autore.

Ad ogni modo, persiste la delicata questione di come inquadrare giuridicamente i diritti degli utenti sulle opere generate dall’AI addestrata, in tutto o in parte, con materiali protetti dal diritto d’autore. Si discute, in particolare, sulla possibilità di applicare il diritto di elaborazione di un’opera, di cui all’art. 7 della Legge sul diritto d’autore. Questo articolo riconosce l’elaboratore come autore delle modifiche, a patto che il suo contributo costituisca un’“elaborazione creativa” e che vi sia stata l’autorizzazione da parte dell’autore dell’opera originale. Di conseguenza, emerge il dubbio se l’attività generativa svolta dalle soluzioni di AI possa essere considerata a tutti gli effetti come un’“elaborazione creativa”.

Di fronte a queste incertezze, importanti aziende tech impegnate nello sviluppo di intelligenza artificiale hanno recentemente implementato misure di protezione per i diritti di proprietà intellettuale a beneficio degli utenti delle loro piattaforme. Tali misure prevedono specifiche clausole di manleva della responsabilità e, oltre a riconoscere il diritto di proprietà degli utenti sui contenuti generati dall’AI (assegnando loro la responsabilità esclusiva per la legalità di tali contenuti), introducono anche il concetto di “similarity” degli output, che ammette e affronta la capacità intrinseca dell’AI di produrre contenuti potenzialmente simili per utenti differenti, sottolineando le peculiari sfide poste da questo contesto innovativo.

I professionisti del settore musicale sono divisi tra l’entusiasmo per le potenzialità dell’AI e la preoccupazione per le incertezze legali. Ci si interroga, ad esempio, su come il diritto dell’UE, attraverso strumenti come l’A.I. Act, possa affrontare e mitigare i rischi che emergono.

Il ruolo dell’AI Act

Le istituzioni europee hanno di recente raggiunto un accordo politico che porterà in breve alla pubblicazione del primo Regolamento europeo in materia di Intelligenza Artificiale, meglio noto come AI Act. Questa normativa, ormai prossima alla adozione formale, è considerata un punto di riferimento globale ed introduce principi chiave di trasparenza per gli sviluppatori di AI, con un impatto significativo nel campo della musica, soprattutto per i sistemi di AI generativa.

Organizzazioni come l’IFPI, che rappresenta gli interessi dell’industria discografica a livello mondiale, hanno accolto favorevolmente l’accordo per l’adozione dell’AI Act, sottolineando la necessità di un regime di trasparenza chiaro. Questo aspetto è cruciale per la musica, in quanto la formazione di sistemi AI generativi su opere protette da copyright potrebbe avere implicazioni legali e impatti sulla creatività degli artisti.

In questo senso l’AI Act stabilisce requisiti fondamentali per i fornitori di modelli di AI general-purpose operanti nel mercato dell’Unione Europea, ad esempio viene previsto l’obbligo di redigere e rendere pubblicamente disponibile un riassunto sufficientemente dettagliato dei contenuti usati per l’addestramento del modello. Inoltre, una delle disposizioni chiave mira a garantire che i modelli di AI rispettino i diritti di copyright e i diritti connessi, indipendentemente dal paese di origine dei dati utilizzati per l’addestramento. Questo assicura che, anche se il modello di AI viene sviluppato fuori dall’UE, quando viene immesso nel mercato dell’Unione, deve pienamente conformarsi alle normative europee sul diritto d’autore. Infine, i fornitori di modelli general purpose sono tenuti a implementare una policy specifica che dettagli come intendono rispettare le leggi dell’UE sul copyright.

Il testo ufficiale del Regolamento è prossimo alla pubblicazione, e ci sarà poi un periodo di applicazione dilazionato per le norme, ma è chiaro che gli artisti interessati a gestire al meglio i propri diritti nell’era dell’AI possono iniziare sin da subito a studiare come questa e le altre normative applicabili impatteranno il proprio business e come cogliere al meglio le opportunità offerte dalla tecnologia tutelandosi per tempo.

Il futuro dell’IA nella musica: minacce o opportunità?

Per concludere questa analisi, abbiamo raccolto la testimonianza di un insider che si occupa di musica, dalla classica all’elettronica, quotidianamente: Enrique Gonzalez Müller, Associate Professor nel dipartimento di Music Production and Engineering presso il Berklee College of Music.

Secondo il Professore Gonzalez Müller, l’AI può essere sia una minaccia che una grande opportunità nel campo musicale, ma in ogni caso avrà un impatto rilevante. I rischi emergono quando l’AI è impiegata in modo eccessivo o inappropriato, rischiando di alterare l’essenza dell’arte. Secondo il Professore il grande vantaggio dell’utilizzo dell’AI nel campo musicale si manifesta nel liberare l’artista da quelle attività ripetitive e meccaniche, restituendogli tempo aggiuntivo per esplorare e stimolare la propria creatività e – in ogni caso – il rischio principale sta nel lasciarsi impaurire dalle novità, rinunciando a percorrere sentieri innovativi.

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