Il mercato dalla TV a pagamento in Europa Occidentale (ex UE15+CH+N), secondo ITMedia Consulting, vale 33,9 miliardi di euro, rispetto ai 32,2 miliardi nel 2022, +5% rispetto all’anno precedente. Un risultato importante, che arriva dopo cinque anni di continua e ininterrotta crescita, con un CAGR che è aumentato del 4,3% nel periodo, a fronte invece della pubblicità che, pur con un andamento meno lineare, non è più cresciuta rispetto ai valori di 10 anni fa. Tutto ciò ha consentito alla Pay-TV di conquistare dapprima la leadership e poi ulteriormente rafforzarla, rappresentando, alla fine del periodo, il 58% dei ricavi complessivi.
L’evoluzione del mercato della Pay-Tv in Europa
Poiché però spesso la verità si nasconde nei dettagli, va sottolineato come questi dati in realtà diano solo un quadro parziale della situazione, poiché l’ottimo risultato complessivo nasconde le due diverse facce di una stessa medaglia. Infatti, partendo dalla situazione pre-Covid, che rappresenta per molti versi l’anno chiave nella trasformazione della Pay-TV, in Europa come in Italia, dal 2019 e per i quattro anni successivi, emerge con maggiore chiarezza l’evoluzione complessiva del settore.
L’esplosione dei servizi di streaming a pagamento (SVOD)
Si è assistito in particolare, a partire dalla pandemia, all’esplosione dei servizi di streaming VOD a pagamento (SVOD), modello Netflix, che hanno poi continuato a crescere, a ritmi incessanti, ampiamente in doppia cifra, anche negli anni successivi, passando da una quota pari al 29% dei ricavi complessivi nel 2019, al 51% nel 2023, più che raddoppiando in appena 4 anni i propri ricavi (+9 miliardi di euro nel periodo!), mentre la pay tv lineare europea di stampo classico, il modello Sky via satellite per intenderci, di contro, perdeva 3,6 miliardi di euro sempre nello stesso periodo (quasi un miliardo di euro l’anno).
Quindi il 2023 rappresenta un momento fondamentale, una sorta di pietra miliare nella storia della TV a pagamento in Europa, con il sorpasso dello streaming SVOD sulla Pay-TV lineare. Questo evento non rappresenta un fatto episodico, ma una tendenza inarrestabile e di lungo periodo, che ci consente di affermare, senza timore di essere smentiti, che la sostituzione tra i due modelli è ormai diventata una prospettiva reale e di breve periodo.
Ma come si è arrivati a tutto questo e cosa accadrà nei prossimi anni?
L’evoluzione dello streaming
Lo SVOD è dunque il responsabile della crescita del settore dal 2019 ad oggi, anche se – come evidenzia il rapporto ITMedia Consulting – attraverso un andamento non del tutto lineare. Infatti, dopo l’esplosione avvenuta nel 2020 (inizio Covid) e consolidata nel 2021, all’inizio del 2022 il settore ha mostrato segnali di stagnazione che hanno portato a un sostanziale cambiamento di strategia, con impatti significativi anche nella trasformazione del modello di business.
Il cambio di strategia di Nteflix
L’esempio emblematico, manco a dirlo, è stato Netflix. Il gigante SVOD, che sembrava essere il leader incontrastato con una crescita inarrestabile, ha iniziato a rallentare il suo ritmo all’inizio del 2022. Per mantenere la leadership e ritornare a crescere con gli abbonamenti, Netflix ha sviluppato una strategia integrata basata su due fattori: il giro di vite sulla condivisione delle password e l’aggiunta di un livello di servizio più economico, finanziato dalla pubblicità. Ciò ha permesso anche di implementare un’opzione di condivisione a pagamento in cui gli utenti possono pagare un extra per gli account che condividono con altri. Questo è stato il motivo che ha spinto a cambiare il modello di business e a introdurre la pubblicità. E quella che ora sembra essere una storia di successo, che ha rivitalizzato Netflix, ha poi spinto i concorrenti (Disney in primis, e poi Amazon e tutti gli altri) a seguire la stessa strada, emulandone l’approccio.
L’ingresso della pubblicità nello streaming a pagamento
Al contempo, parallelamente a questo, la crisi economica ha portato a un aumento del tasso di abbandono (churn) dei servizi SVOD nelle case degli europei, Italia inclusa, con la doppia conseguenza della maggiore flessibilità negli abbonamenti che vengono accesi e sospesi più frequentemente, a seconda del bisogno (a questa tendenza alcuni operatori, ma non Netflix finora, hanno cercato di porre rimedio impedendo il binge viewing, cioè una delle peculiarità che hanno consentito allo SVOD di affermarsi e che comporta la possibilità di accedere a tutte le puntate di una serie, distribuendo al contrario una puntata a settimana e allungando così teoricamente i tempi di abbonamento per gli utenti di quella serie) e della riduzione del numero dei servizi a cui ci si abbona (il multi-home si è ridotto notevolmente da 3-4 servizi per abbonato a 1,5-2 servizi), almeno per quanto riguarda quelli a pagamento.
L’ascesa dell’AVOD e il ruolo dei broadcaster
Parallelamente a questi servizi ibridi (abbonamento + pubblicità), infatti, sono nati e sviluppati, a partire dagli Usa e di recente anche in Europa, i cosiddetti VOD puri – AVOD, inclusi i canali FAST -, finanziati dalla sola pubblicità, segmento in cui i broadcaster sembrano poter giocare nel Vecchio Continente un ruolo più significativo rispetto ai servizi streaming a pagamento.
Quel che è certo, in ogni caso, è che attualmente si assiste alla forte crescita dei servizi in streaming con la pubblicità, che hanno la possibilità di poter sfruttare al meglio, nel nuovo contesto digitale, il loro doppio vantaggio competitivo rispetto a offerte attualmente meno attraenti per il consumatore: più digitali / interattivi rispetto alla televisione lineare, generalista e gratuita, più convenienti economicamente rispetto agli altri servizi di streaming (SVOD).
In tal senso, l’AVOD sta diventando sempre più popolare, avendo raggiunto in pochi anni il 21% del mercato pubblicitario televisivo totale in Europa Occidentale, rispetto al 9% del 2019, mentre nel frattempo la pubblicità televisiva lineare ha continuato a diminuire ogni anno, negli ultimi quattro anni, in media del -7,4%!
A questo proposito, però, va sottolineato come la componente pubblicitaria legata alla TV ha contribuito in questi anni in modo diverso, in Italia, così come in Spagna, all’andamento generale dei ricavi complessivi del settore. I due Paesi mostrano infatti una maggiore resistenza al cambio di paradigma, con quote di mercato AVOD ancora marginali – la metà rispetto a Regno Unito, Germania e Francia – a testimonianza anche della forza dei broadcaster tradizionali che operano nell’ambiente del digitale terrestre.
TV, verso un nuovo cambiamento epocale
In ogni caso, però, come sottolinea il Rapporto ITMedia, nel suo complesso l’AVOD, a differenza di quanto è accaduto nel settore della Pay-TV per lo SVOD, non riesce a compensare la perdita di ricavi pubblicitari nella TV lineare “gratuita”.
In questo senso il settore sconta il fatto di trovarsi di fronte a un cambiamento ancor più epocale, nella transizione al nuovo ecosistema digitale, basato sulla cessazione delle trasmissioni in broadcasting e sul trasferimento di tutte le offerte televisive sull’online.
In questo nuovo contesto la competizione è ancora più ampia e feroce, per accaparrarsi quella risorsa fondamentale e limitata che è il tempo di visione, e nel quale un ruolo ancora più importante giocano oggi, e probabilmente ancor più in futuro, le grandi piattaforme digitali, in particolare quelle di condivisione video (YouTube) e i media sociali (Tik Tok, Facebook, Instagram).