Una nuova alba per il diritto dei consumatori, con tante nuove tutele. Meglio tardi che mai.
Doveva essere recepita entro il 28 novembre 2021 ed applicata a decorrere dal 28 maggio 2022, ma ci siamo arrivati solo adesso, con enorme ritardo. La direttiva (UE) “Omnibus” n. 2019/2161 che riforma il diritto al consumo in Italia è stata recepita solo a marzo 2023 nel nostro ordinamento e sarà efficace a partire dal novantesimo giorno dalla pubblicazione su Gazzetta Ufficiale.
Abbiamo dunque realizzato un raffronto tra il Codice del Consumo nella versione che sarà vigente a seguito del completo recepimento della Direttiva Omnibus e la versione precedente.
Riforma codice del consumo: principali novità
Confrontando i testi salta subito all’occhio una circostanza: si tratta di una vera e propria “digitalizzazione” del codice del Consumo (D. lgs. 206/2005), originata dalle nuove dinamiche di mercato e marketing online.Vengono inseriti concetti come “mercato online”, “servizi digitali”, “contenuto digitale”, “ricerca online”, “recensioni online”. Non a caso, la stessa direttiva, premetteva la necessità di una “modernizzazione del diritto a tutela dei consumatori”.
Tutto nasce nel 2016 e 2017, quando la Commissione Europea nello svolgere un ampio controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione in materia di protezione dei consumatori e marketing rilevò che l’efficacia del diritto dell’Unione Europea, in materia di protezione dei consumatori, era compromessa dalla mancanza di conoscenza della stessa sia tra i venditori che tra i consumatori stessi, oltre che dalla scarsa padronanza delle dinamiche del web che possono indurre gli utenti a scelte d’acquisto non sempre pienamente consapevoli.
La parola chiave è “trasparenza”. I punti principali della riforma infatti riguardano:
1. Le recensioni online
2. I ribassi di prezzo
3. La trasparenza nei risultati di ricerca dei marketplace
4. Le clausole vessatorie inserite all’interno dei contratti verso i consumatori
5. Innalzamento delle sanzioni, per grandi aziende e per illeciti verso minori
6. Il ruolo di consumatore anche in caso di pagamento in dati
Le recensioni online
L’assunto di partenza del legislatore europeo – supportato da un’attenta indagine di mercato – è che la maggior parte dei consumatori si basa sempre più sulle recensioni e le raccomandazioni di altri consumatori quando effettua acquisti online. Pertanto, è stato ritenuto essenziale che i venditori forniscano informazioni chiare e trasparenti sulla provenienza e le eventuali misure di controllo sulla veridicità delle recensioni pubblicate sui loro siti web.
L’idea di base è quella che, se i venditori adottano procedure per garantire l’autenticità delle recensioni, dovrebbero fornire ai consumatori informazioni sulle modalità di svolgimento delle verifiche. Ciò legittimerebbe i venditori a specificare sul proprio sito che le recensioni sono “verificate” o “provenienti da consumatori che hanno acquistato il prodotto/servizio recensito”.
Le procedure per garantire l’autenticità delle recensioni dovrebbero includere mezzi tecnici per verificare che la persona autrice della recensione abbia davvero effettuato l’acquisto e dovrebbe altresì essere espressamente vietata e sanzionata la condotta del venditore che pubblica recensioni e raccomandazioni false, inclusa la manipolazione o la pubblicazione solo di quelle positive sopprimendo quelle negative.
Secondo il “nuovo” Codice del consumo, sarà quindi importante che i consumatori siano informati sulla affidabilità delle recensioni nella misura in cui le stesse siano state previamente verificate o meno dal venditore.
Nel caso in cui non sia state verificare il venditore ha l’onere di specificalo all’interno dell’ecommerce di modo da permettere ai propri utenti di prendere decisioni di acquisto davvero informate e di potersi fidare in ogni caso. La manipolazione delle recensioni dei consumatori può distorcere l’immagine di un prodotto e influenzare la decisione di acquisto dei consumatori. Pertanto, le misure adottate per garantire l’autenticità delle recensioni dei consumatori devono essere rigorose e trasparenti.
I ribassi di prezzo
Nel codice del Consumo viene inserito l’articolo 17-bis, completamente innovativo, che mira a contrastare il fenomeno molto diffuso dei finti ribassi di prezzo. La nuova norma stabilisce che ogni annuncio di riduzione del prezzo da parte di un venditore deve indicare il prezzo precedente applicato per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione della riduzione. Il prezzo precedente è definito come il prezzo più basso applicato dal professionista alla generalità dei consumatori nei trenta giorni precedenti.
Tutto questo va a coordinarsi con la disciplina dei saldi, delle vendite sottocosto, dei “prezzi di lancio” e delle vendite straordinarie, già disciplinate del nostro ordinamento.
Il quadro normativo che ne deriva è un sistema complesso di gestione dell’output grafico delle schede prodotto negli e-commerce, che sarà differente a seconda della tipologia di ribasso.
La trasparenza nei risultati di ricerca dei marketplace
Secondo la nuova formulazione del Codice del Consumo, i consumatori che utilizzano i marketplace online devono essere messi in grado di comprendere come vengono presentati i risultati della loro ricerca e come vengono classificati i prodotti offerti dai vari venditori. In base a questa normativa, i marketplace devono fornire informazioni chiare e accessibili ai consumatori su come vengono classificati i prodotti presentati nei risultati di ricerca e sui fattori che determinano tale classificazione. Queste informazioni dovrebbero essere presentate in una sezione apposita dell’interfaccia online del marketplace, facilmente accessibile dalla pagina dei risultati della ricerca. La facilità di accesso alle informazioni rilevanti, diventa (in generale e non solo per i marketplace) un nuovo principio di diritto. Anche gli e-commerce verranno giudicati per il design, lì dove non favoriscono la user experience nel mostrare le informazioni richieste dalla legge.
Le clausole vessatorie
Un’altra novità molto interessante della nuova direttiva riguarda le clausole vessatorie che spesso vengono inserite all’interno dei termini e condizioni dei servizi online. Queste, come da pacifica giurisprudenza e come già previsto dall’ordinamento italiano ai sensi degli artt. 33 e 34 del Codice del Consumo vigente, fino a ieri erano semplicemente prive di valore e quindi erano considerate nulle. In sostanza il contratto stipulato on-line dal consumatore era perfettamente valido fuorché in relazione a queste clausole che semplicemente non venivano considerate. Questo comportava però che il consumatore medio di fronte, ad esempio, ad una clausola di manleva di responsabilità venisse dissuaso dall’intraprendere un reclamo o un’azione legale.
Esisteva comunque un diritto di segnalazione e l’Antitrust aveva il potere di intimare l’eliminazione di dette clausole, prevedendo un ammenda solo in caso di inottemperanza del venditore all’ordine della stessa.
La nuova versione del Codice del Consumo, a seguito della riforma dovuta al recepimento della Direttiva Omnibus, prevede invece che chiunque inserisca determinati tipi di clausole vessatorie nei confronti dei consumatori venga già da subito sanzionato con un’ammenda massima del 4% del fatturato annuo del venditore.
Si tratta di un ulteriore upgrade di tutela verso l’utente medio che acquista online.
Le sanzioni e i minori
Oltre a quanto sopra esposto, in realtà, la nuova formulazione del codice del consumo prevede un generale irrigidimento delle sanzioni in caso di pratiche commerciali scorrette.
Su tutte, in questo documento di sintesi, mi piace rilevare con soddisfazione il raddoppiamento delle pene massime, da 5 milioni di euro a 10 milioni. Si tratta ovviamente di misure applicabili solo alle grandi multinazionali che, però, a ben guardare la casistica, sono quelle che abusano più spesso di dinamiche borderline nei confronti dei consumatori.
Per chi fa pubblicità scorretta (nascosta ad esempio) a un pubblico di minori inoltre la sanzione minima passa da 5mila a 50mila euro.
Tipico caso: influencer Youtuber che è pagato per pubblicizzare certi giochi o giocattoli senza darne trasparenza al pubblico.
Il ruolo di consumatore anche in caso di pagamento in dati
Infine, un concetto interessante è quello espresso dalla modifica dell’art. 46 del Codice del Consumo. In sostanza viene stabilito che i diritti dei consumatori valgono anche in caso di prodotto o servizio digitale acquistato non con il denaro, ma con i propri dati personali.
Rientrano in questa categoria tutti gli utenti di servizi free, come le email o i social network o qualsiasi altro servizio gratuito che prevede la fruizione di un servizio in cambio del proprio placet alla profilazione o comunque della propria disponibilità ad essere oggetto di advertising.