EU-USA, un’alleanza “anti-Cina” basata su innovazione e privacy

L’UE propone agli Stati Uniti di unire le forze per plasmare le tecnologie, il loro utilizzo e il loro contesto normativo, così da creare uno spazio tecnologico transatlantico che costituisca la base per una più ampia coalizione di “democrazie affini” con una visione condivisa sulla governance tecnologica. Ecco gli step

Pubblicato il 17 Dic 2020

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona

Dazi europei sulle auto elettriche cinesi: le sfide da superare

All’indomani delle elezioni USA, che hanno riacceso le speranze di sinergie strategiche con gli Stati Uniti nei leader dell’Unione, l’Unione Europea ha diffuso una comunicazione congiunta della Commissione, del Parlamento e del Consiglio Europeo che propone una “EU-US agenda for global change”.

Nella comunicazione, le istituzioni dell’Unione descrivono la Cina come un partner commerciale, un competitor economico e un “rivale sistemico” (facendo eco a quanto già indicato nel documento EU-China Strategic Outlook del 12.03.2019) e affermano che l’Unione e gli Stati Uniti concordano sulle sfide strategiche che conseguono alla crescita cinese, anche se fino a ora non hanno trovato una strada comune per affrontarle.

L’Unione si augura che questo accada in un prossimo futuro affinché l’asse UE-USA possa fare da contraltare al modello di influenza di Pechino e avanza una serie di proposte che, come vedremo, mirano a arginare il “modello” cinese con un fronte tecnologico “democratico”.

Il settore tech nella proposta UE agli USA

La comunicazione, che porta la data del 02 dicembre, si propone di creare una nuova alleanza con gli USA, fondata su principi (e interessi) condivisi e aperta a tutti i soggetti che condividono questi principi.

Tra questi principi comuni vi è quello democratico. Questo elemento, insieme ad altri, consente di demarcare l’antagonista, nemmeno troppo velato, della proposta europea, ovvero la Cina che con la sua inarrestabile ascesa sta sconvolgendo gli equilibri mondiali.

Tra i quattro pilastri fondamentali su cui si basa la proposta europea (salute, ambiente, tecnologia, sicurezza/democrazia), nel settore della tecnologia ritorna l’inespresso pericolo dell’avanzata cinese, con l’Unione che propone una ”agenda tech” condivisa fra Europa e Stati Uniti, basata sui valori condivisi di dignità umana, rispetto dei diritti individuali e dei principi democratici.

Una simile agenda congiunta potrebbe consentire, a detta dell’Unione, di affrontare le sfide dei sistemi rivali di governance digitale.

L’UE propone agli Stati Uniti di unire le forze per plasmare le tecnologie, il loro utilizzo e il loro contesto normativo, così da creare uno spazio tecnologico transatlantico che costituisca la base per una più ampia coalizione di “democrazie affini” con una visione condivisa sulla governance tecnologica.

Per raggiungere questo scopo, da un lato l’UE manterrà i propri obiettivi e ambizioni tecnologiche di cui al piano d’azione sul decennio digitale europeo, ma collaborerà con gli USA al fine di ottenere infrastrutture 5G sicure in tutto il mondo e aprire un dialogo sul 6G al fine di garantire la sicurezza della catena di approvvigionamento digitale, attraverso valutazioni oggettive basate sul rischio.

SI torna quindi a parlare di 5G, fiore all’occhiello del settore tech cinese e che, nell’ottica delle istituzioni europee, dovrebbe diventare un nuovo “momento Sputnik” per i paesi occidentali.

La questione privacy

Chiaramente l’Unione non poteva non affrontare la spinosa questione privacy, con i rapporti fra l’Unione e Washington incrinati dalla Sentenza Schrems II.

Sul punto il comunicato riconosce l’esistenza di alcune “divergenze di vedute” con gli USA, ma auspica che queste possano essere superate in maniera costruttiva, così da garantire un flusso di dati fra l’Europa e gli Stati Uniti basato su standard di protezione elevati e misure di salvaguardia, che consentano un

La questione è particolarmente delicata e questo riavvicinamento, quantomeno negli intenti, di USA e UE non può che preoccupare i paladini della privacy, che vedono profilarsi all’orizzonte una soluzione politica e di compromesso ad un problema invece sostanziale.

È infatti difficile pensare che gli USA rinuncino alle loro leggi che consentono al governo di accedere ai dati conservati, in America o altrove, dalle aziende americane (non dimentichiamo che fino a qualche anno fa l’NSA spiava senza particolari cautele le comunicazioni dei leader europei) e quindi di conseguenza è difficile pensare che il Privacy Shield trovi un efficace sostituto in un accordo bilaterale.

L’Intelligenza artificiale

L’Unione dedica spazio anche al tema dell’intelligenza artificiale, proponendo agli USA di iniziare ad agire insieme sull’IA, basata, anche in questo caso, sulla convinzione condivisa della necessità di un approccio antropocentrico, affrontando in quest’ottica questioni delicate come il riconoscimento facciale.

L’Unione, sul punto, anticipa che proporrà di avviare i lavori su un accordo transatlantico sull’IA per definire un modello per gli standard regionali e globali in linea con i nostri valori.

Una questione di valori (ma anche di tasse)

L’Unione, quindi, afferma che la questione tecnologica non si ferma all’hardware e al software, ma riguarda anche i nostri valori, le nostre società e le nostre democrazie.

L’Unione ricorda che c’è un crescente consenso su entrambe le sponde dell’Atlantico sul fatto che le piattaforme online e Big Tech sollevano questioni che mettono alla prova le società e i meccanismi democratici (il comunicato menziona “algoritmi di incitamento all’odio e disinformazione”).

L’UE anticipa che proporrà un nuovo dialogo transatlantico sulla responsabilità delle piattaforme online, che definirà il modello per altre democrazie che devono affrontare le stesse sfide.

L’idea appare interessante, anche se sembra sbagliato ridurre la prospettiva valoriale al tema della responsabilità delle piattaforme online, quando la responsabilità degli utenti deve rimanere centrale (specie quando parliamo di soggetti terzi professionali o, peggio, istituzionali che sfruttano queste falle delle piattaforme online per il proprio tornaconto).

L’Unione poi accenna al tema dell’equa tassazione nell’economia digitale, problema che richiede soluzioni innovative su entrambe le sponde dell’Atlantico, sia con riguardo agli spostamenti di valore (immediati e difficili da mappare in questo contesto globale), sia con riguardo alla tutela della proprietà intellettuale.

L’UE propone infine l’istituzione di un nuovo Consiglio per il commercio e la tecnologia (TTC) UE-USA al fine di massimizzare congiuntamente le opportunità di collaborazione transatlantica.

I passi proposti dall’Unione

Questi i primi passi che propone il comunicato per una proficua collaborazione fra UE e USA nel settore tecnologico, per creare un fronte tecnologico “democratico” da contrapporre al modello cinese.

  • In primo luogo, l’UE propone una stretta collaborazione fra Bruxelles e Washington per risolvere i problemi commerciali anche in seno all’OMC e/o al Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia di futura istituzione, al fine di aiutare, facilitare il commercio, sviluppare standard compatibili e promuovere l’innovazione.
  • L’UE e gli Stati Uniti dovrebbero quindi aprire un dialogo sulla responsabilità delle piattaforme online e Big Tech, iniziando a lavorare insieme per trovare soluzioni globali per una tassazione equa del settore ed evitare le distorsioni di mercato nell’economia digitale.
  • Quindi l’Unione propone di sviluppare un approccio transatlantico comune alla protezione delle tecnologie critiche, iniziando dalla discussione sul 5G e sul 6G e lavorando ad un accordo sull’IA e intensificando la cooperazione per facilitare il libero flusso di dati con fiducia.
  • Infine, l’Unione propone di rinnovare la cooperazione UE-USA in materia di regolamentazione e standard, dando così copertura normativa (auspicando che simili iniziative possano fare proseliti a livello globale) alle iniziative adottate.

Non resta che augurarsi che le speranze dell’Unione su questa nuova cooperazione con gli Stati Uniti vengano accolte con favore oltreoceano e coltivate da ambo le parti, confidando che questa aperta dichiarazione di intenti (forse un po’ troppo prematura) non faccia la fine del Nobel per la pace al Presidente Obama.

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