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Terre rare, così lo scontro Usa-Cina minaccia il business mondiale



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All’inizio di aprile, Pechino ha incrementato la minaccia mineraria, aggiungendo sette terre rare (REE) alla sua lista di esportazioni a doppio uso limitate. Molte aziende sono ora alla ricerca di alternative alle fonti cinesi, soprattutto perché Pechino ha rivendicato la proprietà statale di tutto questo materiale

Pubblicato il 24 apr 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



terre rare (1)

La Cina prende di mira un numero sempre maggiore di catene di approvvigionamento di materiali critici per gli Stati Uniti, le cosiddette terre rare. Metalli come l’antimonio, il gallio e il germanio sono già stati risucchiati nell’escalation della guerra commerciale, con la Cina che ha limitato le esportazioni e vietato le vendite negli Stati Uniti.

E’, com’è noto, una risposta ai dazi di Trump sulla Cina. Se è vero che su questi ultimi Trump nei giorni scorsi ha alluso a una possibile tregua con la Cina, lo scenario effettivo è più complesso e non sembra risolvibile con facilità; le conseguenze si giocano nel lungo periodo, con impatti sul business di molte aziende.

Terre rare, lo scontro Usa-Cina

All’inizio di aprile, Pechino ha incrementato la minaccia mineraria, aggiungendo sette terre rare (REE) alla sua lista di esportazioni a doppio uso limitate.

Il 15 aprile, il presidente americano Trump ha incaricato il Segretario al Commercio di avviare un’indagine ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 per esaminare le minacce alla sicurezza nazionale derivanti dalle importazioni di minerali essenziali lavorati e prodotti derivati, vale a dire delle terre rare.

Il 23 aprile, il CEO di Tesla, Elon Musk, ha rivelato che la produzione dei robot umanoidi dell’azienda, noti come Optimus, è stata influenzata dalle recenti restrizioni all’esportazione di magneti in terre rare imposte dalla Cina.

Molte aziende sono ora alla ricerca di alternative alle fonti cinesi, soprattutto perché Pechino ha rivendicato la proprietà statale di tutto questo materiale. Tuttavia, alcune di esse avranno difficoltà a trovare un sostituto in grado di offrire lo stesso costo e la stessa qualità a causa degli ingenti investimenti di Pechino nell’estrazione.

Le terre rare sono l’ultima arma della Cina. Il Paese ha una posizione di controllo su ogni fase della catena di approvvigionamento globale, dall’estrazione alla lavorazione, fino alla produzione dei magneti permanenti che alimentano computer portatili, veicoli elettrici e jet da combattimento. Pechino fornisce circa il 90% dei magneti di terre rare del mondo. Il che è un grosso problema, dato che anche i magneti stessi sono stati inseriti nella lista di controllo delle esportazioni cinesi.

Tuttavia, anche se a prima vista tali restrizioni possono apparire devastanti per chi le subisce, in passato non sono risultate particolarmente efficaci e lo diventeranno ancora meno se gli Stati Uniti ed altri paesi riusciranno finalmente a ridurre la loro dipendenza da Pechino.

Le limitazioni delle terre rare, infine, sono già state oggetto di studio. Il divieto cinese sulle esportazioni verso il Giappone nel 2010 ha causato un’impennata dei prezzi, portando la Cina a perdere una causa presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio.

La guerra delle terre rare

La Cina ha dato inizio alla sua “guerra metallica” nel luglio 2023, quando il governo cinese ha annunciato che avrebbe limitato l’esportazione di gallio e germanio, due minerali critici utilizzati principalmente nella produzione di pannelli solari e semiconduttori. Nel corso dei due anni successivi, l’elenco cinese dei prodotti controllati si è espanso fino ad includere antimonio, grafite e altri materiali. All’inizio di aprile, il governo cinese ha aggravato ulteriormente la situazione, sottoponendo sette elementi delle terre rare ad un programma di licenze di esportazione più completo, progettato per soffocare ulteriormente le aziende americane.

Per ora Pechino domina sulle terre rare

Sebbene la Cina detenga solo circa il 30% delle riserve globali di terre rare,  controlla il 50-60% dell’estrazione globale  e l’80-90% del mercato nella fase di lavorazione intermedia. Si stima che la dipendenza dagli Stati Uniti si aggiri intorno all’80%. Nel 2015, questi ultimi avevano una sola miniera nazionale di terre rare  in produzione, situata a Mountain Pass, in California, gestita dalla Molycorp, Inc.

Nel breve termine, dunque, le aziende che hanno bisogno di questo materiale potrebbero fare affidamento sulle scorte esistenti o rivolgersi all’elettronica riciclata per trovarle. Ma alla fine, gli Stati Uniti ed altri paesi saranno costretti ad aumentare l’attività mineraria nazionale o a ridurre la loro dipendenza dalle terre rare, il che renderebbe le politiche cinesi meno dannose. “La Cina ha una possibilità e lo sa”, ha affermato Ian Lange, professore associato di economia e commercio presso la Colorado School of Mines.

Cosa sono le terre rare e il monopolio cinese

I controlli sulle esportazioni annunciati dalla Cina all’inizio del mese riguardano samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio, sette elementi che appartengono alla cosiddetta famiglia delle REE.

Gli elementi delle REE e i minerali critici sono un gruppo di 17 metalli: 15 elementi della serie dei lantanidi e due chimicamente simili, lo scandio e l’ittrio.

Ciascuno con proprietà uniche vitali, essi sono alla base di produzione, sviluppo, consegna e sostegno di servizi essenziali come telecomunicazioni e informatica, alimentazione e agricoltura, finanza, assistenza sanitaria, istruzione, trasporti e pubblica sicurezza. Nei settori civili dell’economia, i materiali strategici e critici e le relative catene di approvvigionamento sono essenziali per innumerevoli manufatti, che vanno dall’elettronica personale (un iPhone, ad esempio, contiene otto REE) ai materiali di consumo per carburante, cibo e forniture mediche, alla costruzione di case e al sostegno delle infrastrutture critiche.

Nel settore industriale della difesa, i materiali strategici e critici assicurano l’espansione della produzione e dello sviluppo di articoli militari (un caccia F-35 contiene circa 420 kg di REE e questi sono essenziali per i missili guidati) e la conduzione di operazioni delle forze armate. Si prevede che la loro domanda aumenterà nei prossimi due decenni, in particolare quando il mondo agirà per eliminare le emissioni nette di carbonio entro il 2050.

La recente decisione del governo cinese di limitare l’esportazione del samario, del gadolinio, del terbio, del disprosio, del lutezio, dello scandio e dell’ittrio, si giustifica perché essi fanno parte di un sottoinsieme più piccolo di minerali di terre rare “pesanti” su cui il Paese ha un controllo maggiore rispetto ad altri, spiega Gracelin Baskaran, direttore del Critical Minerals Security Program presso il Center for Strategic and International Studies.

La Cina occupa una posizione di leadership nella filiera globale delle terre rare  (REE) e dei minerali essenziali, dall’estrazione alla lavorazione fino all’utilizzo finale.

Le ragioni di questo successo sono principalmente due. L’errore strategico commesso dagli Stati Uniti con l’abbandono del sostegno pubblico al settore minerario – che ha portato all’abbandono degli imprenditori privati – e la grande capacità di Pechino di risalire la catena del valore con ingenti investimenti in ricerca e sviluppo e con l’esperienza accumulata nelle fasi intermedie della produzione.

Attualmente, il predominio di Pechino è dovuto più ai suoi investimenti nella separazione e nella raffinazione che alle politiche commerciali o industriali.

Tale monopolio, dunque, è stato costruito nel corso di decenni, quando la Cina ha creato una solida catena di approvvigionamento per questi minerali e il resto del mondo si è allontanato da quello che è un settore di nicchia e fortemente inquinante. “La Cina lavora praticamente il 100% delle terre rare pesanti del mondo, il che significa che non ha solo un vantaggio comparativo, ma un vantaggio assoluto”, afferma Baskaran.

Tuttavia, sebbene le REE siano utilizzate in un’ampia varietà di prodotti, questi ultimi ne contengono in genere solo quantità minime e spesso solo in ruoli di supporto.

Secondo il Servizio geologico degli Stati Uniti, l’anno scorso, gli USA hanno importato circa 170 milioni di dollari di elementi di terre rare, compresi alcuni che la Cina non ha ancora limitato.

Soluzioni alternative (e problemi) per le aziende

In passato, le limitazioni cinesi sulle REE hanno funzionato poco. Le aziende statunitensi, infatti, si rifornivano attraverso paesi intermediari. Il Belgio, ad esempio, è uno di questi. Secondo alcuni analisti, esso è emerso come un hub di riesportazione per “trasportare” il germanio – uno dei minerali che Pechino ha limitato per la prima volta nel 2023 – dalla Cina agli Stati Uniti. Ciò perché al governo cinese resta difficile interrompere questo flusso commerciale atteso che l’Unione Europea ha legami molto più stretti con Washington che con Pechino.

Il fatto, poi, che il prezzo dei minerali critici è aumentato solo leggermente da quando le politiche cinesi sono state attuate per la prima volta, rappresenta un segnale che i controlli sulle esportazioni cinesi non sono stati molto efficaci. “Qualunque cosa abbiano fatto nel 2023 non ha realmente cambiato lo status quo” del mercato, afferma il prof. Lange.

Tuttavia, le ultime restrizioni cinesi sono più estese e ci sono già alcune prove che le cose potrebbero essere diverse questa volta. Le aziende che hanno bisogno di questi elementi sono state costrette ad acquistarli da altre aziende con scorte private esistenti, che nelle ultime settimane sono diventate più preziose. “C’è un aumento molto forte dei prezzi per ridurre le scorte in questo momento”, dice Baskaran, citando le conversazioni che ha avuto con i commercianti di terre rare.

Molti esportatori, inoltre, hanno già previsto ritardi a causa dei nuovi requisiti di esportazione introdotti dalla Cina. Tuttavia, Tesla è una delle prime aziende ad aver dichiarato pubblicamente l’impatto dei divieti di esportazione della Cina sui suoi piani e sulla sua produzione. L’azienda americana, inoltre, ha affermato che i dazi di Trump hanno avuto un forte impatto sull’attività energetica di Tesla, soprattutto perché l’azienda importa le celle delle batterie dal Paese.

“L’impatto delle tariffe sul settore dell’energia sarà maggiore poiché ci riforniamo di celle per batterie LFP (litio ferro fosfato) dalla Cina”, ha dichiarato Musk durante la conferenza stampa. “Stiamo mettendo in funzione le attrezzature per la produzione locale di celle per batterie LFP negli Stati Uniti”.

Già nel 2023 Tesla aveva annunciato di aver ridotto del 25% l’uso di tali minerali nei suoi motori EV e di volersene sbarazzare completamente in futuro. La casa automobilistica, però, non ha chiarito cosa utilizzerà al suo posto, ma gli esperti ipotizzano che potrebbe rivolgersi ad altri tipi di magneti che non fanno affidamento sulle terre rare.

Nel lungo periodo, dunque, le aziende potrebbero essere in grado di trovare soluzioni tecnologiche per affrontare la potenziale carenza di minerali di terre rare.

La produzione di Optimus è ritardata a causa di un “problema magnetico”

Il robot umanoide Optimus di Tesla, che secondo l’azienda è progettato per svolgere le faccende domestiche, ha recentemente incontrato un problema di produzione, che Elon Musk ha definito un “problema magnetico”.

In particolare, durante una conference call sui risultati finanziari, Musk ha dichiarato che le restrizioni fanno parte della risposta della Cina ai dazi statunitensi, che limitano la fornitura di minerali essenziali utilizzati nelle armi, nell’elettronica e nei beni di consumo.

Musk ha spiegato che la Cina sta cercando garanzie che i magneti in terre rare non saranno utilizzati per scopi militari, una condizione che Tesla sta affrontando mentre collabora con Pechino per ottenere le necessarie licenze di esportazione.

“La Cina vuole garanzie che questi non vengano utilizzati per scopi militari, cosa che ovviamente non è. Stanno solo lavorando su un robot umanoide”, ha chiarito Musk. “Non è un’arma”.

Tuttavia, anche se questo robot è stato progettato come sostituto di un impiegato domestico, il suo design umanoide intrinseco lo rende utile per altri compiti, compresi quelli che la Cina potrebbe considerare “applicazioni militari”. A parte questo, le altre aziende di Musk, come SpaceX, hanno contratti attivi con l’esercito americano. Musk è strettamente alleato del Presidente degli Stati Uniti e lavora con lui direttamente attraverso il DOGE (Department of Government Efficiency). Questo potrebbe far sì che Pechino si opponga a concedere a qualsiasi entità a lui collegata una licenza per questi materiali cruciali.

Nonostante le restrizioni, Musk ha anche precisato che Tesla prevede comunque di produrre migliaia di robot Optimus quest’anno. L’azienda ha continuato a portare avanti i suoi piani per lo sviluppo e la produzione di robot umanoidi, considerati un elemento chiave dell’espansione di Tesla oltre i veicoli elettrici.

L’indagine di Trump ai sensi della Sezione 232 sulle importazioni di minerali critici, terre rare e prodotti derivati

Lo scenario futuro per di più sembra destinato a complicarsi.

Il 15 aprile 2025, il presidente Trump ha incaricato il Segretario al Commercio di avviare un’indagine ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962 per esaminare le minacce alla sicurezza nazionale derivanti dalle importazioni di minerali essenziali lavorati e prodotti derivati.

L’indagine riguarda i “minerali critici” e le “terre rare” sotto forma di minerali lavorati come ossidi minerali critici, ossalati, sali e metalli. Include anche prodotti derivati ​​come wafer semiconduttori, anodi e catodi e prodotti finali come magneti permanenti, motori, veicoli elettrici, batterie, smartphone, microprocessori, sistemi radar, turbine eoliche e relativi componenti, e dispositivi ottici avanzati.

Il termine “minerali critici” si riferisce all’elenco di 50 minerali inclusi nella “ Critical Minerals List ” pubblicata dallo United States Geological Survey, che include l’uranio. Il termine “terre rare” si riferisce ai 17 elementi identificati dal Dipartimento dell’Energia nella pubblicazione di aprile 2020 intitolata “ Critical Materials Rare Earths Supply Chain “.

Nell’Ordine Esecutivo che dispone l’avvio dell’indagine, il Presidente Trump sottolinea la forte dipendenza degli Stati Uniti da fonti straniere, comprese nazioni avversarie, per i materiali essenziali, e il rischio di esporre l’economia e il settore della difesa statunitense a interruzioni della catena di approvvigionamento e coercizione economica. Nel determinare gli effetti delle importazioni sulla sicurezza nazionale, il Segretario al Commercio è tenuto a valutare i seguenti fattori:

  • Importazioni statunitensi di tutti i minerali critici lavorati e dei prodotti derivati;
  • Fonti estere in percentuale e volume di tutte le importazioni di minerali critici lavorati e di importazioni di prodotti derivati, i tipi specifici di rischi che possono essere associati a ciascuna fonte per paese e l’identificazione dei paesi di origine considerati a rischio significativo;
  • Effetti distorsivi delle strategie e delle pratiche predatorie in materia economica, di prezzi e di manipolazione del mercato utilizzate dai paesi, anche sugli investimenti nazionali e sulla sostenibilità della produzione degli Stati Uniti.
  • In che modo le strategie e le pratiche sopra descritte consentono a tali paesi di mantenere il controllo sul settore critico della lavorazione dei minerali e distorcono i prezzi del mercato statunitense per i prodotti derivati;
  • Domanda di minerali critici lavorati da parte dei produttori statunitensi e globali di prodotti derivati ​​e misura in cui la domanda di minerali critici lavorati proviene da paesi che si impegnano in pratiche manipolative;
  • Capacità attuali e potenziali degli Stati Uniti di elaborare minerali critici e i loro derivati.

Luglio 2025

Una bozza di relazione provvisoria dovrà essere presentata entro 90 giorni dall’emanazione del decreto esecutivo o entro il 14 luglio 2025. Una relazione finale con raccomandazioni dovrà essere presentata entro 180 giorni dalla data di avvio dell’indagine. Si prevede che la relazione finale sarà pubblicata nel mese di ottobre.

Le raccomandazioni possono includere l’imposizione di dazi o altre restrizioni all’importazione, l’adozione di misure di salvaguardia per evitare l’elusione delle misure e/o l’adozione di politiche interne per incentivare la produzione, la lavorazione e il riciclaggio nazionali. Una scheda informativa allegata all’Ordinanza Esecutiva chiarisce che eventuali dazi ai sensi della Sezione 232 sostituiranno l’attuale aliquota tariffaria reciproca.

Non è la prima volta che un’amministrazione statunitense avvia un’indagine ai sensi della Sezione 232 sugli effetti sulla sicurezza nazionale dei minerali critici. Nel 2021 l’amministrazione Biden ha avviato un’indagine sulle importazioni di magneti permanenti al neodimio-ferro-boro (NdFeB), scoprendo che gli Stati Uniti non hanno una produzione interna di ossidi o metalli di terre rare e dipendono da fonti straniere, in particolare dalla Cina, per i magneti al NdFeB. Il rapporto formulava diverse raccomandazioni sul rafforzamento delle forniture, ma non raccomandava l’imposizione di dazi. La prima amministrazione Trump ha avviato un’indagine ai sensi della Sezione 232 sulle importazioni di uranio.

Sebbene il Dipartimento del Commercio abbia rilevato che le importazioni di uranio minacciano di compromettere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e abbia raccomandato una riduzione graduale delle importazioni, il presidente Trump si è rifiutato di imporre quote o dazi.

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