The Legend of Zelda è una delle serie più durature di Nintendo, subito dopo Mario anche una delle più famose. La sua prima iterazione risale al 1986, quando il primissimo The Legend of Zelda venne pubblicato in territorio giapponese su Famicom. Fu un successo su tutta la linea, anche quando giunse un anno dopo in Nord America e in Europa sul ben più popolare (almeno per noi occidentali) NES. Ma è nel 2017 che le cose cambiano e arriva il vero successo planetario, con Breath of the Wild. Ora, è la volta di Tears of the Kingdom, il sequel ufficiale di BotW. E poi, cosa farà Nintendo?
The legend of Zelda, un successo trasversale
I critici lodarono non solo la grafica, con visuale dall’alto che permise la creazione di un vasto mondo ricco di segreti, ma anche la colonna sonora e il gameplay. Basi solide su cui Nintendo ha poi costruito il successo di questo franchise, episodio dopo episodio (pur considerando alcuni titoli “meno” riusciti come Skyward Sword).
Anche chi non segue da vicino il mondo del gaming ha sentito parlare di “Zelda”, confondendo a volte la principessa omonima con il personaggio controllato dai giocatori, l’eroe Link. Un successo trasversale che, alcuni ricorderanno, ha ispirato persino grandi attori come Robin Williams, che decise di chiamare sua figlia proprio come la principessa del gioco.
Nintendo non è mai stata una compagnia che potremmo definire canonica. Ogni iterazione dei suoi franchise è studiata in modo tale da portare avanti una lucida visione del medium. Adattando i giochi alle esigenze del pubblico e del panorama videoludico. Mai copiando, attenzione, ma sempre dettando i trend del momento.
I dati di vendita dei titoli principali della serie hanno sempre restituito risultati notevoli, superando spesso i 10 milioni di copie vendute. Tuttavia, il vero successo planetario si è avuto con Breath of the Wild, titolo della serie uscito per Nintendo Switch e Wii U nel 2017. A oggi, il gioco ha ampiamente superato le 30 milioni di copie vendute, stabilendo un nuovo record per la serie.
Breath of the Wild: fenomeno mondiale
Ma cosa ha reso Breath of the Wild così diverso, permettendogli di raggiungere un così vasto pubblico? Innanzitutto, bisogna sicuramente tener conto dell’installato della console Switch, una delle più popolari di Nintendo come non accadeva dai tempi della portatile Nintendo DS. Stando agli ultimi dati rilasciati dalla compagnia si parla di oltre 125 milioni di unità. Una base così ampia ha permesso una maggiore diffusione della serie, indubbiamente, ma la differenza è stata anche dettata dal nuovo approccio per The Legend of Zelda scelto da Nintendo.
Breath of the Wild, infatti, non si svolge più in un mondo dai confini ridotti ma è stato pienamente calato nel sistema open-world. Un vasto mondo, quindi, tutto da esplorare e scoprire. Senza direzioni specifiche, salvo qualche piccolo suggerimento. Il giocatore, uscendo dalla grotta in cui Link era dormiente, si ritrova a fissare questo immenso panorama che si perde in lontananza a vista d’occhio. Tutto completamente esplorabile.
Colpiti dalla grandeur di Nintendo, i giocatori non hanno potuto far altro che concedere: un titolo da 10 su 10, con una valutazione su Metacritic che viaggia ancora oggi su 97/100. E non si parla solo di esperienza videoludica, ma di un titolo seminale che ha funto da base fondante, almeno visivamente, per altri titoli di successo come Genshin Impact.
Su Breath of the Wild sono già stati versati fiumi di parole, anche in ambito accademico, come dimostrato dall’analisi della professoressa Rachael Hutchinson con il suo saggio “Colonial Ideology in The Legend of Zelda: Breath of the Wild”. Potrebbe far sorridere ma BotW è stato addirittura consigliato da uno psicologo francese come valida alternativa alla dipendenza da videogiochi.
Una vera e propria ispirazione a tutto tondo, divenendo ciò che spinge il medium in nuove e affascinanti direzioni. Ma con ogni grande successo nasce la domanda: dove andrà Nintendo dopo Breath of the Wild? Nessuno, infatti, si sarebbe aspettato ciò che Tears of the Kingdom, il sequel ufficiale di BotW, avrebbe portato nel medium sei anni dopo l’uscita di questo pezzo di storia del gaming.
Tears of the Kingdom e l’inarrestabile “Nintendo difference”
Espandere e costruire su Breath of the Wild è stata una scommessa, vincente, ma pur sempre un azzardo. Già prima della sua uscita ufficiale molti erano scettici sulle effettive possibilità di ripetere il successo da parte di Nintendo. C’era come sempre chi parlava di “more of the same”, un po’ la solita minestra riscaldata, insomma. Un adagiarsi sugli allori che avrebbe permesso a Nintendo di continuare a ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. Un’accusa, questa, più volte mossa nei confronti della software house giapponese.
Tears of the Kingdom, riprendendo dalla fine di BotW, calava presumibilmente il giocatore in un universo conosciuto, già familiare e quindi potenzialmente meno entusiasmante. Con un magistrale colpo di genio, però, la casa di Kyoto ha trasformato radicalmente l’approccio dei giocatori. Indubbiamente, il mondo di Hyrule in cui ci muoviamo è tecnicamente lo stesso, ma questo ha ottenuto innanzitutto maggiore verticalità, con l’introduzione delle isole esplorabili nei cieli di Hyrule.
La vera chiave di volta è rappresentata però dall’aspetto “crafting”, garantito dall’Ultramano. Grazie a questo strumento, il giocatore nei panni di Link può comporre virtualmente qualsiasi tipo di oggetto immaginabile. Il tutto utilizzando assi di legno, pilastri, ruote, aggeggi meccanici, alianti e tanto altro. Mescolando, ruotando gli oggetti e provando tante combinazioni, proprio come se si giocasse con delle costruzioni LEGO.
L’unico limite, come dimostrato dai tanti content creator sul Web, è la propria fantasia. Seppur ci si muova in un mondo che potremmo definire “high fantasy” con qualche piccolo elemento sci-fi, i giocatori hanno iniziato a sbizzarrirsi, producendo robot nello stile di Gundam o Macross, apparecchi funzionanti, giganti sputafuoco e mezzi di locomozione futuristici.
In alcuni casi, dimenticando persino quale fosse l’obiettivo principale del gioco, ma lasciando a ruota libera la propria immaginazione. Immergersi per ore in questo campo da gioco sterminato, ricco di segreti e attività, ha spinto l’esperienza verso nuove vette, trasformando per sempre il franchise The Legend of Zelda e consacrandolo una volta per tutte tra i migliori mai creati.
Le vendite, naturalmente, possono solo fare da specchio realistico del successo, non solo di critica. Si parla già di oltre 10 milioni di copie vendute in soli tre giorni sul mercato. Mentre Breath of the Wild puntava tutto sull’esplorazione e il senso di avventura, Tears of the Kingdom stravolge il paradigma vincente, aggiungendo all’esplorazione la creazione di strumenti d’ogni tipo.
Quale sarà il futuro di Nintendo?
Come dopo l’uscita di BotW e lo stupore derivato, ancora una volta dopo Tears of the Kingdom ci chiediamo quale possa essere il futuro di Nintendo. Quali possono essere i passi che la compagnia intraprenderà per stupire ancora una volta? I dubbi sono più che leciti e, onestamente, sono più che felice di non trovarmi nella scomoda posizione dei creativi della compagnia.
Riuscire a ripetere per la terza volta un successo di questo tipo sarà senz’altro complicato, ma probabilmente è proprio questa la magia della grande N, la cosiddetta “Nintendo difference”.
Quel valore aggiunto che riesce a dettare non solo un successo dal punto di vista commerciale, ma trasformare tutto il medium in una grande festa, un momento d’unione che celebra la vastità, l’ingegno e il divertimento che i videogiochi sono in grado di offrire.