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Trump e Musk, il grande divorzio: tutti gli impatti. Faranno pace?



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Una faida pubblica a colpi di accuse, offese, dichiarazioni deluse: l’alleanza tra il presidente Usa Donald Trump e il Ceo di Tesla e SpaceX Elon Musk sembra essersi infranta contro i disaccordi legati al disegno di legge sul bilancio. Uno shock. O è tutta scena?

Pubblicato il 6 giu 2025

Nicoletta Pisanu

Giornalista professionista, redazione AgendaDigitale.eu



rottura Trump e Musk

Sic transit gloria mundi. Non era necessario, nei mesi della focosa campagna elettorale per le presidenziali statunitensi dell’anno scorso, essere analisti politici per capire che certo Donald Trump ed Elon Musk erano una power couple, ma solo finché sarebbe durata. Ed era quindi scontato che finito il love bombing sarebbe arrivata la distruzione reciproca.

Una faida vera e propria, come la definisce la Cnn, in seguito ai disaccordi e pubbliche esternazioni sulla proposta di legge sul bilancio.

Musk e Trump: l’episodio della rottura, il decreto fiscale

Elon Musk ha espresso forti critiche nei confronti della legge di bilancio proposto dal presidente Donald Trump, che lo ha definito “One Big, Beautiful Bill”. In una serie di post sulla piattaforma X (ex Twitter), Musk ha definito il provvedimento “un abominio disgustoso” e ha accusato il Congresso di condurre l’America verso la bancarotta. Trump invece sostiene che Musk sia “impazzito” perché il decreto toglie incentivi all’auto elettrica, quindi anche alla Tesla.

Magari poi i due fanno pace (Politico anticipa di una telefonata organizzata per stemperare) ma intanto ci sono stati prevedibili impatti, con mercati e leader di tutto il mondo sono in subbuglio: “Dai sondaggi al momento mi sembra sia in una posizione più forte Trump rispetto a Musk: ha maggior consenso tra i Repubblicani, mentre molti democratici non avendo maturato un grande affetto per il ceo di Tesla non hanno preso posizione. Bisognerà capire quali operazioni avverranno nel prossimo futuro”, analizza Umberto Bertelè, professore emerito di Strategia e chairman degli Osservatori Digital Innovation Politecnico di Milano.

E intanto la gente comune, che una Tesla fatica anche solo a immaginarla nel proprio parcheggio sotto casa, si chiede quali saranno le conseguenze di questo bello e cattivo tempo. Perché al di là di mercati, regolamentazioni e politica “il tema controverso è piuttosto un altro: il vecchio problema mai risolto al mondo del conflitto di interessi e della capacità delle democrazie di reggere alla commistione tra interessi privati e personali e poteri dello Stato”, commenta l’avvocato Rocco Panetta chairman di Panetta Consulting Group

Trump, Musk feud explodes into public view

Trump e Musk, le tappe di un tira e molla

Il primo formale avvicinamento tra i due è avvenuto come accade sempre: con un invito. Trump nel 2016, appena eletto presidente, ha invitato Musk a far parte dei suoi economic advisory councils. Musk accettò, ma già l’anno successivo lasciò, come protesta per l’uscita degli Usa dall’accordo di Parigi sul clima.

Poi c’è stata l’epoca delle strizzate d’occhio sui social network. Tra 2023 e 2024, dopo l’acquisto di Twitter da parte di Musk e la trasformazione in X, che di fatto non ha comportato solo un cambio di nome alla piattaforma ma un totale cambiamento culturale al suo interno, i due si sono riavvicinati. Il ritorno di fiamma è stato sancito ufficialmente nell’estate 2024 con l’endorsement pubblico di Musk al candidato presidente repubblicano, definito “un genio”. Da quel momento fiumi di denaro sono fluiti nelle casse della campagna elettorale del candidato repubblicano, con Musk che ha abbracciato in toto l’iconografia trumpiana. Il motto Make America great again, la presenza sul palco, l’uso dei colori, l’abbandono di forme istituzionali e formali di comunicazione in favore di approcci più diretti.

Quando Trump ha vinto ed è diventato per la seconda volta presidente Usa, è arrivata l’era del Doge – Department of Government Efficiency con alla guida proprio Musk. Obiettivo, tagli alle agenzie pubbliche. Fatti però con l’accetta: migliaia di dipendenti sono stati licenziati e diversi programmi delle agenzie hanno subito interruzioni e compromissioni, come nel caso di UsAID o della National science foundation. Situazioni con conseguenze potenziali sulla ricerca scientifica, l’agricoltura, e quindi il benessere dei cittadini ma anche sui mercati, come nel caso degli impatti sugli investimenti in connettività.

L’uscita di Musk dal Doge si è ufficializzata a fine maggio: “L’attività del Doge è stata portata avanti in stile Musk, senza guardare in faccia a nessuno. E così sono stati toccati fili scoperti. Si è intervenuti su situazioni in cui altre grandi aziende erano coinvolte insieme agli apparati del potere statale. Siamo quindi di fronte a una forte reazione del deep State che si salda con gli interessi di grandi aziende. Una reazione fisiologica”, spiega il docente e analista Antonio Deruda.

Trump e Musk, il ruolo di Tesla e il Doge

Poi, qualcosa è cambiato. Dal basso, là dove partono le rivoluzioni. In contemporanea con la presa del potere, è iniziata la guerrilla contro Musk con il movimento Tesla Takedown, un’azione collettiva di boicottaggio delle auto Tesla. Molti possessori delle auto le hanno cedute, spiegando di non voler essere associati ai valori di cui Musk si stava facendo portatore. Secondo Scott Galloway, professore di Marketing alla New York University, citato in un articolo di fine maggio di Business insider, il legame di Musk con i tagli effettuati dal suo Doge hanno prodotto “una delle più grandi distruzioni di brand”, quello di Tesla appunto che, spiega il docente “prima era un grande brand”, poi il corso è cambiato. Secondo il professor Galloway, questo è dovuto al fatto che il nuovo impegno politico di Musk in appoggio a Trump ha “alienato” la base di clienti del marchio. E i numeri parlano chiaro: il bilancio Q1 2025 ha registrato un -71% dell’utile e -9% dei ricavi. Secondo gli esperti, le “distrazioni” di Musk in politica, social e satelliti hanno avuto un ruolo nella perdita di innovatività di Tesla.

La mancanza di una copertura politica

E a proposito di “distrazioni in politica”, va sottolineato che in questo ambiente Musk non aveva le spalle coperte se non da Trump: “Musk non ha mai avuto una copertura politica, ce l’aveva solo nel presidente. Il Maga non ha mai sofferto Musk e non aveva dalla sua neppure la maggior parte dei Repubblicani, soprattutto quelli più radicali, e ciò sta emergendo ora”, aggiunge Deruda.

Il giovedì nero di Trump e Musk: i motivi del litigio

In una settimana la situazione è precipitata e si è arrivati giovedì 6 giugno alla rottura totale tra presidente e first buddy, ormai ex. Musk martedì 3 giugno ha definito “un abominio disgustoso” il disegno di legge sul bilancio (chiamato da Trump nientemeno che One big beautiful bill act) e affermando che avrebbe portato al deficit federale: “This massive, outrageous, pork-filled Congressional spending bill is a disgusting abomination”, ha dichiarato su X il Ceo di Tesla e SpaceX, come riporta la Reuters.

Il taglio all’elettrico

Questa proposta, che ha superato la Camera e ora deve è al Senato, include anche tagli agli incentivi sulle auto elettriche, settore chiave per Tesla, azienda già in sofferenza per vendite quest’anno.

Musk sostiene che la legge mantiene i tagli agli incentivi per i veicoli elettrici e il solare, colpendo direttamente Tesla, mentre lascia intatti i sussidi per l’industria del petrolio e del gas, definendo questa disparità “molto ingiusta”.

Trump dice che Musk sapeva della legge; Musk gli dà del bugiardo.

Le minacce di Trump: taglio dei contratti a Musk

La reazione di Trump non si è fatta attendere, con il presidente che ha minacciato di ritirare sovvenzioni e contratti governativi alle aziende di Musk, che hanno un valore di 18 miliardi di dollari.

Per Panetta, “l’inasprimento dei rapporti tra il capo della Casa Bianca ed il suo consigliere speciale Musk era nell’aria da tempo. Probabilmente due caratteri cosi forti non avrebbero retto a lungo per definizione. La strada era segnata. I protagonismi eccessivi, in ogni ambito, ma a maggior ragione quando si tratta di politica ed istituzioni, non sono mai forieri di esiti felici e sereni”.

Possono fare pace?

Due persone mercuriali come loro e “prime donne” hanno un’alta probabilità di litigio e infatti molti esperti lo ritenevano probabile. Al tempo stesso però potrebbero cambiare idea e riavvicinarsi, con la stessa facilità. Anche perché hanno interessi a sostenersi e non danneggiarsi a vicenda.

Le speranze di una pace tra Elon Musk e Donald Trump sembrano esserci, anche se il clima resta teso. La Casa Bianca ha definito lo scontro come un “episodio spiacevole” e starebbe programmando una telefonata di riconciliazione tra i due, secondo quanto riportato da Politico. Questo potrebbe rappresentare uno spiraglio dopo il durissimo botta e risposta iniziato con le critiche di Musk alla legge fiscale di Trump e degenerato in accuse pesanti e minacce reciproche.

Tuttavia, al momento non è prevista una conversazione imminente, e Trump ha espresso scetticismo, definendo Musk “impazzito” e dichiarando di non essere interessato a parlargli (“Musk mi vuole parlare, io no”). Nel frattempo, Musk continua a spingere per un nuovo partito politico, raccogliendo un ampio consenso tra i suoi follower.

Lite Musk e Trump, l’impatto sui mercati

Per Panetta, “le conseguenze sui mercati riguardano prevalentemente le aziende di Musk ed il suo indotto. Le fibrillazioni a cui sono sottoposti i mercati di tutto il mondo derivano più da un complesso articolato composto dagli scenari di guerra mal governati, dalla minaccia ballerina dei dazi e dal rischio debito pubblico USA. Rispetto a questi temi molto più grandi e seri, la rottura tra i due grandi protagonisti di questa stagione mediatica è paragonabile ad una schermaglia tra ragazzi.

Anche perché le sorprese potrebbero non essere finite ed i due così come hanno in pubblico battagliato, potrebbero ricucire e tornare a collaborare“. In seguito alla faida, Tesla sul mercato ha perso il 14,26 per cento, perdendo in cinque giorni 237,2 miliardi di dollari.

Musk e Trump, volano minacce spaziali

C’è poi un settore dove lo scontro tra i due avrebbe effetti particolarmente gravi.

Lo spazio. SpaceX di Musk è diventata fondamentale per il programma spaziale americano, sia civile che militare.

Durante l’amministrazione Trump, SpaceX ha effettuato il primo volo con astronauti nel 2020. Da allora, ha surclassato la concorrenza, diventando l’attore dominante nel settore.

La minaccia di Trump di annullare i contratti con SpaceX ha sollevato preoccupazioni:

  • NASA non ha alternative pronte. Boeing ha problemi con la sua capsula Starliner, Northrop Grumman ha subito danni al suo cargo Cygnus e Sierra Space non ha ancora volato.
  • Senza SpaceX, la ISS potrebbe ridurre il personale o dipendere di nuovo dai russi (capsule Soyuz).
  • Anche i piani per il ritorno sulla Luna sarebbero compromessi: SpaceX ha il contratto per il lander lunare dell’Artemis III.
  • Satelliti scientifici e militari resterebbero a terra, inclusi quelli per la sicurezza nazionale e le comunicazioni.

Al momento, nessun altro fornitore (come Blue Origin o United Launch Alliance) ha l’affidabilità e il costo competitivo dei lanciatori Falcon di SpaceX.

Anche Elon Musk ha minacciato ritorsioni nel settore spaziale, in particolare riguardo al programma della Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

Ha minacciato di ritirare le capsule Crew Dragon attualmente utilizzate da NASA per trasportare astronauti da e verso l’ISS.

Questo metterebbe in grave difficoltà l’operatività della stazione, poiché SpaceX è l’unico mezzo attualmente funzionante e affidabile degli Stati Uniti per farlo.

Musk poi ha ridimensionato le sue dichiarazioni, ma il solo accenno ha evidenziato quanto potere abbia ormai accumulato nel settore spaziale americano.

Con conseguenze geopolitiche notevoli, vedi concorrenza con la Cina nella corsa allo spazio.

Le big tech di fronte alla lite tra Trump e Musk

Ci si interroga quindi sui possibili impatti di questa rottura sulle big tech: “Questa lite qualche scossone lo darà ma non andrà a incrinare il rapporto tra Trump e il mondo delle big tech – anticipa Antonio Deruda -. Musk non è mai stato allineato con gli altri esponenti delle big tech, hanno interessi e visioni diversi, alcuni sono anche in concorrenza e ci sono fratture anche personali. L’allineamento tra le big tech e Trump è molto forte e resisterà a questa situazione”.

Qualcuno magari è anche contento di vedere Musk uscire dalle grazie del presidente: “Gli altri big non hanno mai visto Musk come un portatore dei loro interessi all’interno dello Studio ovale. Si potrebbe ora riacquisire interlocuzioni con la Casa bianca, per alcuni potrebbe essere un bene. Musk era un personaggio ingombrante“, aggiunge.

L’UE di fronte alla rottura tra Trump e Musk

L’UE, e in essa l’Italia, possono solo stare a guardare: “Ovviamente in questo caso UE e Italia sono meri spettatori, non vi è alcuna indicazione né politica, né strategica e men che meno istituzionale di intervenire in un fatto sostanzialmente interno, sebbene degno delle prime pagine di politica estera dei media di tutto il mondo – ha aggiunto Panetta -. La UE deve andare avanti sulle sue politiche di miglioramento degli indici di competitività e sulle riforme, cosi come va tenuto il punto sulle regole dell’AI e della protezione dei dati“.

Il nodo del conflitto di interessi

Quanto accaduto porta a riflettere sul legame tra interessi privati e dello Stato, il ruolo della democrazia nel reggere di fronte a questi scossoni: “Indipendentemente dalla rottura o meno dei rapporti tra i due tycoons, il nodo sulle differenze delle politiche sul digitale, la data economy, l’AI, per l’Europa resta – prosegue Panetta -. Una delle merci di scambio rispetto alla minaccia dei dazi è e resta la regolamentazione dell’UE considerata eccessiva dagli USA e dalle grandi aziende multinazionali”.

Ma l’Unione europea, prosegue Panetta, “non si è data regole per divertimento o per eccesso di rigore, ma perché esse sono coerenti con le regole fondative dell’Unione e con i nostri valori – cosi come avviene ovunque, Stati Uniti in primis – e, a ben vedere, se utilizzate a dovere da tutti, esse sono una leva formidabile di crescita e stabilità economica, altro che barriere alla competitività. Certo, se le regole vengono brandite in maniera ottusa e non sono bilanciate da politiche attive di sviluppo, è chiaro che possono essere controproducenti”.

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