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Mete “instagrammabili” a tutti i costi: gli influencer e i danni al turismo



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I social e gli influencer giocano ormai un ruolo centrale nella promozione delle mete turistiche. L’Instagrammabilità dei luoghi apre nuove prospettive, ma anche sfide legate al turismo di massa. Emergono le necessità di un turismo sostenibile e del rispetto per le comunità locali e l’ambiente, mentre la fotografia si conferma come strumento di marketing fondamentale

Pubblicato il 24 gen 2024

Nicola Tanzini

fotografo umanista e founder di Intarget, autore di I wanna be an influencer, a cura di Benedetta Donato (Skira, 2022)



selfie - generazione Z

Il turismo sta cambiando: oggi viviamo sempre più in un mondo in costante evoluzione, dove desideri, passioni e mete di viaggio cambiano continuamente.

Stare al passo con le necessità e il volere dei consumatori è diventato un impegno non da poco, e oggi a cambiare ancora di più le tendenze è subentrata la figura dell’influencer.

L’influenza dei social sul turismo

In questo settore, già di per sé dinamico e dipendente dalle opinioni della gente, la proliferazione delle piattaforme social e della figura dell’influencer ha generato ancora più confusione e dipendenza dall’approvazione sociale prima ancora di scegliere la meta delle proprie vacanze.

I social sono strumenti che condizionano in modo significativo la scelta finale del consumatore, infatti, come riportato da Blogmeter, l’82% delle persone afferma che Instagram influenza il processo decisionale nel viaggio e nel corso degli anni ha monopolizzato la catena turistica: sono tante le compagnie che si sono affidate ai social e agli influencer per la sponsorizzazione dei propri servizi, tra i più frequenti troviamo AirBNB che promuove le proprie esperienze sui social.

Sui social però tutti possiamo essere influencer, infatti, secondo i dati annunciati alla BTO – Be Travel Onlife, manifestazione su turismo e innovazione giunta alla 15/a edizione, i suggerimenti di amici e parenti influiscono per il 44% nelle scelte, seguiti a grande distanza da agenzie di viaggio (19%), magazine e guide (16%), uffici turistici (14%) e annunci in radio e tv (11%).

L’avvento del turismo egocentrico

Dal Grand Tour dell’Ottocento in cui si girava l’Italia in virtù del valore storico e artistico delle sue città, passando per le vacanze di massa degli anni ‘60, si è arrivati a un approccio che potremmo definire “egocentrico”. Il viaggio diventa l’occasione per promuovere sé stessi online, nella logica dei social che da luogo di condivisione si trasformano ogni giorno di più in luogo di influenza: il viaggio è così un susseguirsi di scenografie e scenari volti a veicolare la propria immagine, alla ricerca di una conferma esterna che si traduce in like, condivisioni, follower.

Il luogo che si visita non è che uno sfondo al proprio ego, inserito in un processo di accettazione e inclusione che segue le logiche della massa e del conformismo; se si prova a cercare tra gli hashtag di instagram #yickcheongbuildin si comprende perfettamente cosa intendo: una lunghissima serie di post tutti uguali, in cui decine e decine di influencer o aspiranti tali si fotografano con esasperante ripetitività di fronte al complesso di edifici popolari di Hong Kong, lo Yick Cheong, ispirati da altrettante decine di colleghi che hanno fatto lo stesso prima di loro.

L’Instagrammabilità è la nuova frontiera del turismo

I flussi turistici risultano quindi guidati dalle leggi dell’instagrammabilità, con masse di migliaia di persone che affollano i luoghi per farsi un selfie. Non c’è una regola precisa sulle mete prescelte, se non quella dell’instagrammabilità: queste possono avere un valore storico e artistico oppure no, non è quello a fare la differenza, penso ad esempio alle botti di Sake del tempio di Meiji, sullo stesso piano del Colosseo, del centro commerciale di Tokyu Plaza, della Torre di Pisa.

I rischi del turismo di massa amplificato dai social

Se da un lato si può credere che questa tendenza aiuti il turismo in luoghi che sarebbero meno frequentati, si deve anche tenere presente la capacità di carico dei luoghi, perché i flussi non diventino nocivi creando intasamento sociale e ambientale, rischio concreto: più turismo non significa infatti miglior turismo, e spesso sono più i danni dei benefici. Basti pensare a Venezia, considerata la città più bella del mondo è probabilmente il primo esempio di destinazione vittima del sovraffollamento turistico, con una media stimata di circa 20 milioni di visitatori all’anno.

Parliamo di un’evoluzione con cui è necessario stare al passo, per intercettare i bisogni degli utenti e trasformare le analisi in consigli utili per le attività ricettive e in generale per il comparto turistico nazionale. Un’operazione che richiede uno sguardo critico preliminare, da cui possono derivare azioni pratiche che favoriscano il posizionamento delle realtà coinvolte nello scenario che va delineandosi contestualmente a mutamenti culturali e sociali significativi.

La fotografia come strumento di marketing nel turismo

In tutto questo la fotografia può e deve avere un ruolo centrale: uno dei compiti dei fotografi, e tra tutti dei fotografi umanisti, è quello di indagare il proprio periodo storico, restituendo immagini capaci di dialogare con altre forme d’arte e di ricerca, come la sociologia ma anche lo stesso marketing. Il bello di unire l’attività di imprenditore a quella di fotografo umanista risiede anche e soprattutto qui: le due anime si contaminano continuamente, a un primo approccio teorico può seguire l’applicazione sul campo, lo sguardo offerto dall’arte può diventare l’innesco per analisi ulteriori di portata scientifica e utilità anche commerciale, vista la necessità urgente di riflettere in termini di sostenibilità anche attraverso l’influencer marketing.
Sia che l’utente si rivolga a un influencer per ottenere opinioni e informazioni relative a determinate mete turistiche o li si segua semplicemente sui social, la fotografia spesso diventa il mezzo attraverso il quale si dettano le nuove tendenze ed è lo strumento utilizzato dai follower per eguagliarne la popolarità.

Basti pensare alla tanto dibattuta visita di Chiara Ferragni agli Uffizi di Firenze di qualche anno fa, sono bastate poche foto all’influencer di fama internazionale per generare un aumento del 27% di visitatori Under 25 nel weekend successivo, stando alle parole del Direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt.

Conclusioni

Capiamo dunque che l’utente anziché ricercare l’unicità o comunque un’autonomia nella rappresentazione di sé, preferisce rimettersi alle tendenze della rete (come visitare gli Uffizi nel precedente caso), conformandosi alla serie di rappresentazioni di altri soggetti che lo hanno preceduto, cambiando magari di poco una posa, uno sguardo, un’angolazione, alla ricerca di un’originalità minimale, fittizia, in qualche modo diventando un prodotto in serie egli stesso.

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