Alla fine è andata come doveva andare, ma adesso comincia il bello.
Elon Musk ha acquisito Twitter, pagando la piattaforma 44 miliardi e si prepara a toglierla dal pubblico mercato azionario (a renderla private company). La piazza del mondo, come l’ha definita il nuovo patron, ora ha un capo unico e indiscusso, non diversamente dalle altre piazze del mondo (i social di Meta), che sono sì offerte alle persone del mondo, ma non appartengono alle persone.
Appartengono ad aziende private, a volte pubbliche ma solo di facciata, e sono chiaramente e indubitabilmente guidate e controllate da poche oligarchie di miliardari e fondi di investimento.
Che Twitter sarà con Musk
Musk si è espresso più volte su come dovrà essere il Twitter dei suoi sogni. E come uomo più ricco del mondo, imprenditore più visionario della Silicon Valley e grande conoscitore dell’economia mondiale, non ci sono molti dubbi sul fatto che potrebbe riuscire a trasformare in realtà la sua visione della piattaforma social.
Libertà di espressione, ridimensionamento degli introiti pubblicitari e modelli di ricavi su abbonamento.
Questi sono i capisaldi della visione di Musk. Eppure non è detto che la sfida di Musk sia già vinta a tavolino. Molti analisti hanno fatto notare che potrebbe essere lo stesso meccanismo finanziario attraverso cui Musk ha raccolto i 44 miliardi per l’acquisizione che potrebbero metterlo in seria difficoltà.
Musk davanti alla sfida più grande: la moderazione su Twitter
“Nel cercare senza sosta click, i media tradizionali hanno alimentato gli estremi. È per questo che compro Twitter. Non perché è facile, non perché fa soldi. Lo faccio per cercare di aiutare l’umanità che amo. E lo faccio con umiltà, riconoscendo che, nonostante i migliori sforzi, c’è una reale possibilità di fallire”.
Nel suo discorso di insediamento Musk ha anticipato i termini della questione. L’acquisizione di Twitter è un’operazione ad alto rischio.
- Perché da un lato c’è la visione di Twitter, che punta alla libertà di espressione (contro gli algoritmi censori in stile Meta e Alphabet), il ridimensionamento degli introiti pubblicitari, proprio per sostenere la libertà di espressione, contro i dictat degli inserzionisti e modelli premium e di abbonamento per personalizzare l’esperienza dell’utente alla ricerca di informazioni.
- Dall’altro c’è la necessità di rendere sostenibile economicamente una macchina, che per quanto enorme rispetto agli standard europei digitali (205 milioni di utenti attivi, 5 miliardi di ricavi) ha perso svariati miliardi nel corso degli ultimi anni e dal 2016 è in perdita in termini di profitto e ha bruciato svariati miliardi proprio negli ultimi anni.
I problemi potrebbero però peggiorare proprio per come Musk ha conquistato il trono. L’acquisizione è stata possibile da una cordata di investitori, tra cui alcune banche che hanno permesso a Musk di arrivare ai 44 miliardi prestabiliti.
Il problema del debito e dei bassi profitti
Il club deal di banche, guidato da Morgan Stanley, ha messo nelle mani di Musk oltre 13 miliardi di dollari, che ora dovranno essere restituiti regolarmente e che potrebbero determinare un ammortamento di quasi un miliardo di dollari anno. Ammortamento che Musk dovrà accantonare ogni mese per ripagare i creditori.
In pratica, Musk ha messo insieme 44 miliardi per acquisire la piazza del mondo. Che nel corso degli ultimi 6 anni ha perso svariati miliardi di dollari – è stata attiva solo due anni su dieci – che probabilmente non ha grandissima liquidità e che ora si ritrova un debito bancario attivo che potrebbe sfiorare il miliardo all’anno, da rendere ai creditori, non così pazienti. E sulla base di questo, Musk dovrà pure rivoltare come un calzino la piattaforma andando a depotenziare l’advertising, sviluppando nuovi modelli basati su abbonamento, rischiando di alienarsi una parte degli utenti e buona parte degli inserzionisti.
Raccontata così, sembra che Musk sia un folle. Ed è questo ciò che in molti vogliono farci pensare: l’acquisizione di una piattaforma in perdita, da parte di un personaggio poco equilibrato, realizzata in modo squinternato. La verità è che la soap opera Musk-Twitter è al suo primo episodio. Senza possibilità di spoilerare, ovviamente, potremmo però fare qualche scommessa su quello che potrebbe succedere nelle prossime puntate. Gli indizi sono presenti già in questo episodio e hanno due nomi: Binance Holding e Andreessen Horowitz.
Nella parte non a debito della cordata che ha messo i soldi nelle mani di Musk figurano due nomi molto conosciuti nel mondo del web 3. Binance Holding, fondata dell’imprenditore cinese Changpeng Zhao, è il marketplace di trading di criptovalute più grande al mondo e Andreessen Horowitz è il più importante fondo di venture capital, che oggi sta virando completamente verso web3, blockchain, criptovalute e decentralizzazione.
La nota è di non poco conto. Musk è da sempre un sostenitore del mondo cripto e ha portato a bordo dell’operazione speciale “piazza del mondo” due protagonisti di questa rivoluzione. Binance ha generato ricavi per oltre 20 miliardi nel 2020 e un profitto di oltre 1 miliardo. Oltre a gestire il trading di criptovalute di ogni genere, Binance ne ha una propria, che è al terzo posto per capitalizzazione dopo Bitcoin ed Ether. Andreessen Horowith, dal canto suo, ha in portafoglio la maggior parte dei progetti blockchain e web 3 di successo, da Unisvap a Solana, da Coinbase a MakerDAO a OpenSea.
La speranza: nuovi modelli di business
Ora con Musk, come cavallo di troia e regista dell’operazione, il mondo del web 3 e della blockchain potrebbero entrare dentro Twitter per aiutare la nuova direzione a creare nuovi modelli di business. Non sorprenderebbe se nei prossimi mesi, Musk coinvolgesse questi partner per un aumento di capitale del valore di qualche miliardo di dollari per traghettare Twitter verso il web 3 e nuovi modelli di business. Da tempo si parla del web 3 e di come sia ancora una nicchia e di come non abbia ancora vere frecce al proprio arco. Twitter potrebbe essere questa freccia.
Aver reso Twitter un’azienda privata, con un solo uomo al comando e senza dover dipendere dagli azionisti ogni trimestre, permette a Musk di provare le sue idee contro-intuitive che già in passato – nel caso di Tesla- si sono rivelate vincenti contro ogni previsione.
Forse alcuni analisti hanno paura di questo. Non che il web 3 sia la panacea di tutti i mali, ma promette più decentralizzazione, inclusività e partecipazione dell’ormai monolitico web 2 esemplificato da Meta e il vecchio Twitter. La piazza del mondo potrebbe dunque diventare la piazza della blockchain e del web decentralizzato? Se così fosse, allora l’ideologia libertaria di Musk potrebbe non essere solo uno specchietto per le allodole. Aspettiamo la prossima puntata per scoprirlo insieme.
I social e il web decentralizzato: che c’è di vero dietro l’utopia