il punto

Un telemarketing sano è possibile: le idee per farlo bene

Attesa l’indiscussa insostenibilità del telemarketing indiscriminato e massivo, è percorribile una strada differente, in grado di ribaltare il paradigma che implica il contatto indesiderato dell’interessato? La strada esiste, ed è già ben tracciata. Occorre solo avere il coraggio di intraprenderla

Pubblicato il 11 Lug 2022

Sergio Aracu

Founding Partner di Area Legale S.r.l.

callcenter

Il tema del telemarketing, ma più in generale del direct marketing – inteso come forma di pubblicità che comporta la consegna di un messaggio al potenziale cliente – è, oggi come mai, al centro dell’attenzione sotto ogni fronte: istituzionale, politico, tecnico, consumerista.

C’è chi approccia al telemarketing considerandolo un problema, chi lo considera invece una delle più importanti ed imprescindibili linee di business. In sostanza, possiamo affermare, è sia l’uno che l’altro.

Telemarketing: ecco perché quello legale va tutelato

Telemarketing, problema o opportunità?

Di sicuro il telemarketing è avvertito come un problema sociale, soprattutto perché, per una percentuale molto alta, viene effettuato in modo del tutto illegale.

Questo sta spingendo le istituzioni, la politica ed i players che desiderano operare in maniera conforme alle norme di legge, ad una accelerazione rispetto alle iniziative legali e tecnico-organizzative utili a ridisciplinare il canale.

Ma il telemarketing non si caratterizza solamente per queste criticità. È infatti anche un canale di vendita sufficientemente efficace da spingere anche players che sono stati – in un passato recente – raggiunti da pesanti sanzioni ad implementarlo con investimenti significativi.

Efficace, si, ma possiamo dire che sia ancora una metodologia efficiente in termini di bilancio tra energie spese e risultati ottenuti?

Problemi e prospettive dell’attuale modalità di gestione del telemarketing

Tale efficienza, in materia di marketing, è espressa con il concetto di redemption, inteso come rapporto percentuale tra numero di contatti effettuati e numero di contratti stipulati.

È evidente che se il canale viene implementato, funziona. È la legge del business.

Ma ancora per quanto manterrà, oltre che l’efficacia, anche l’efficienza, tenuto conto degli aumenti di costo previsti sia dall’entrata in vigore della prossima release del Registro delle Opposizioni che dal paventato aumento dei salari minimi?

E sotto altri aspetti che non siano strettamente legati all’ultima riga del risultato di bilancio, possiamo ancora affermare che il telemarketing così come è effettuato oggi sia sostenibile?

Mi riferisco ad esempio alla necessità di ricostituire un rapporto di fiducia con i consumatori in modo da guadagnare la loro fidelizzazione. Alla necessità di tutelare l’immagine aziendale, che traina tutti i canali di vendita. Alle enormi difficoltà di gestire la filiera senza incorrere in sanzioni. Alla sempre maggiore difficoltà di reclutare personale disponibile a lavorare nell’out-bound, in cui viene inquadrato prevalentemente (se non esclusivamente) con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. All’impatto delle sanzioni.

Un telemarketing diverso è possibile

Attualmente le modalità di gestione del canale “telemarketing/teleselling” sono sostanzialmente identiche a quelle di venti anni fa.

Si raccoglie una lista di contatti – più o meno profilata – e la si affida ad un outsourcer che procede alla chiamata, con o senza operatore.

Tale approccio viene definito in gergo “Cold calling”.

Comunicazione indesiderata” è la definizione del Codice della Privacy e ricomprende tutti i canali di direct marketing (sistemi automatizzati di chiamata, comunicazioni elettroniche – e-mail, sms, mms, etc. – chiamate con operatore).

È sul concetto di “indesiderato” che intendo proseguire questo approfondimento.

L’attuale insostenibilità del direct marketing

Il punto focale è il seguente: attesa l’indiscussa insostenibilità del direct marketing indiscriminato e massivo, è percorribile una strada differente, in grado di ribaltare il paradigma che implica il contatto indesiderato dell’interessato?

Una strada che muova nella direzione del raggiungimento di quest’ultimo in modo passivo ma al momento giusto e con il giusto prodotto, spingendolo a contattare egli stesso chi offre il bene/servizio?

Se in passato tutto questo costituiva una chimera per qualsiasi ufficio marketing, oggi l’incredibile quantità di informazioni disponibili e di mezzi per raccoglierle ed elaborarle forse rendono meno utopistica l’implementazione di un simile approccio e la drastica contrazione dei contatti indesiderati.

Saper intercettare i propri clienti prospect, conoscerli per poterli poi “riconoscere” tra i milioni di contraenti (visto che si parla di telemarketing), è attualmente più semplice e accessibile per le aziende rispetto a soli cinque anni fa.

L’idea di poter raggiungere il soggetto che sta verosimilmente cercando il servizio o il bene che offriamo, non è di certo nulla di innovativo. Sebbene non abbia una competenza specifica in materia di marketing, mi sento di poter affermare che questo sia, per così dire, “l’ABC” di qualsivoglia attività promozionale.

Tutto questo già accade, ad esempio con la pubblicità comportamentale utilizzata durante la navigazione sui siti web o sulle applicazioni. Ma non è abbastanza e, di certo, troppo spesso non risponde ai criteri di trasparenza richiesti dal GDPR.

Quindi la domanda che dobbiamo porci è la seguente: perché, allo stato attuale, le aziende ritengono ancora necessario sparare nel mucchio con migliaia di telefonate per allocare un bene/servizio – in ossequio all’infallibile legge dei grandi numeri?

Sono anni che sento dire che il mercato dell’outbound è in declino, ma le somme poste a budget nella riga dedicata al canale dicono il contrario.

Forse è un problema di tempistica dei risultati. Un classico problema di scelta tra uovo oggi o gallina domani.

Un approccio efficace nel far sì che sia l’interessato ad approcciare l’azienda e non già il contrario, un approccio che miri a posizionare il giusto messaggio, nel giusto posto, al giusto momento richiede tempo prima di dare risultati.

Le possibili soluzioni: call-me-back, profilazione e dati sintetici

Attualmente il sistema che più si avvicina all’approccio che sto delineando è il cosiddetto “call-me- back”.

Con “call-me-back” o “call-back” si intende la richiesta di contatto telefonico, all’azienda, da parte del contraente.

Differisce dall’in-bound poiché in quest’ultimo caso è il contraente a contattare l’azienda, mentre nel caso del “call back” è l’azienda lo contatta, ma solamente perché il contraente ha interagito con essa (ad esempio mediante un web link o un web form) chiedendo espressamente di poter essere messo in contatto con un operatore che gli spieghi meglio l’offerta o che gli permetta direttamente di acquistare il prodotto o il servizio.

Esistono già moltissime piattaforme utili ad implementare e ottimizzare tale sistema e molto ancora si può fare sfruttando le enormi quantità di informazioni raccolte negli anni, ma si può persino andare oltre, con un approccio ancora più rispettoso dei diritti degli interessati.

Infatti, si può riflettere su una maggiore integrazione e sinergia tra il mondo del web marketing ed il mondo del teleselling.

Taluni prodotti, per loro intrinseca complessità, richiedono una spiegazione più accurata, per essere acquistati con maggiore serenità, rispetto a quella che può offrire una pagina web.

L’intervento di un consulente telefonico può essere allora utile e gradito. Quindi, sollecitato.

È poi evidente che per implementare un canale che presupponga la richiesta da parte dell’interessato di essere ricontattato, occorre anche affinare la conoscenza del panel di potenziali clienti.

Sapere di cosa hanno bisogno in quel momento, sapere in che modo interagiscono con gli strumenti di marketing indiretto (siti web, etc.).

Profilazione, chiave di volta per un telemarketing sostenibile

Attualmente il livello di informazioni personali già disponibili per le aziende è incredibilmente elevato e dettagliato, ed un uso sano e legittimo della profilazione di tali dati personali è indubbiamente una delle chiavi di volta per ridurre al minimo i contatti del tutto indesiderati.

La profilazione è di sicuro un trattamento delicato che richiede, per poter essere effettuato in modo legittimo, l’osservanza di particolari cautele da parte dei titolari.

Il marketing diretto è considerabile come la punta di un iceberg di azioni e valutazioni che, spesso all’insaputa dell’interessato, avvengono rispetto alla sua persona.

Tutto questo è stato per anni fatto in modo del tutto sregolato ed indiscriminato, creando intorno all’istituto della profilazione una più che giustificata diffidenza.

Il GDPR e le Linee Guida WP29 affrontano tale diffidenza e la traducono in disciplina stringente.

Telemarketing post Gdpr, ecco le nuove tutele per utenti e dati personali

Si spingono a riconoscere all’interessato un diritto di opposizione alla profilazione a fini di marketing ben più incisivo e definitivo rispetto a quello previsto per le altre casistiche nelle quali al titolare viene data la possibilità di dimostrare motivi cogenti che prevalgano sugli interessi, i diritti e le libertà dell’interessato.

All’interno dei limiti dettati dalla normativa, però, la profilazione resta un trattamento lecito ed in tantissimi casi determinante.

Il marketing in generale è, da tempo, uno di tali casi. Il marketing diretto potrebbe diventare ancora più ‘diretto’ di quanto non lo sia ora, con innegabili vantaggi sia per le aziende che per gli interessati.

Ma come ben delineato già quasi un anno fa dall’ottimo Collega Lorenzo Cristofaro nel suo articolo pubblicato su Agendadigitale.eu e riguardante l’uso di dati sintetici (che vi invito ad andare a leggere perché ancora assolutamente attuale), operare con i dati personali, sia pure anonimizzati, non è l’unica strada né la più sicura/economica.

I dati sintetici nuova frontiera dell’intelligenza artificiale: opportunità e limiti

I dati sintetici, derivati da un corretto utilizzo dell’ A.I., assicurano gli stessi standard di qualità (se non standard più elevati) rispetto alla creazione di profili di soggetti potenzialmente interessati al prodotto.

Esplorare, come si sta facendo, la possibilità di utilizzare i dati sintetici per individuare i migliori spot in cui posizionare un annuncio pubblicitario o, volendo saltare un passaggio, addirittura direttamente un semplice link di richiesta di contatto da parte dell’interessato, può portare ad ottimizzare in modo veloce ed efficace il graduale abbandono o la drastica riduzione del “cold calling” come metodologia di contatto e vendita a distanza.

L’impatto sulla protezione dei dati personali

Tralasciando i vantaggi in termini di redemption, sussistono molteplici punti di forza nella prospettiva della protezione dei dati personali.

Utilizzando ad esempio i dati sintetici si bypassa del tutto la disciplina in materia di dati personali nella fase di elaborazione e studio del panel di potenziali clienti.

A prescindere dalla scelta effettuata, poi (tra profilazione o uso dei dati sintetici), il “call back” garantisce ulteriori semplificazioni.

Se è l’interessato a richiedere il contratto non avremo bisogno di raccogliere e conservare il suo consenso, poiché il trattamento verrà legittimamente effettuato in base alla necessità di eseguire misure precontrattuali nei suoi confronti (descrizione dei beni/servizi proposti al fine di procedere all’eventuale contrattualizzazione).

Questo significa, inoltre, uscire del tutto dalla disciplina dell’art. 130 del codice privacy (“comunicazioni indesiderate”, appunto) e, nella specie, dalla necessità di sottoporre al costoso vaglio del Registro delle Opposizioni la numerazione prima di poterla contattare.

Conclusioni

Mi spingo oltre: col tempo, grazie all’evolversi della coscienza sociale in merito all’importanza delle informazioni personali da parte dei consumatori, potrebbe rivelarsi vincente un approccio analogo a quello di chi sceglie di acquisire una certificazione B-Corporation.

Questa certificazione attesta uno standard che richiede alle aziende di rispettare elevate performance di sostenibilità sociale e ambientale e di rendere trasparente pubblicamente il punteggio ottenuto attraverso il c.d. protocollo B Impact Assessment.

Perché non applicare all’attenzione verso la gestione, il trattamento e la protezione dei dati personali dei propri clienti acquisiti e prospect un simile approccio?

Alcuni grossi players, come di fatto sempre hanno saputo fare nella loro storia, si stanno già muovendo in tale direzione come precursori di una tendenza che, nelle speranze di chi scrive, prenderà sempre più piede ed inciderà in modo determinante sul cambio di paradigma rispetto alle modalità di interazione tra aziende e consumatori.

La strada per un telemarketing-teleselling sostenibili esiste, ed è già ben tracciata.

Occorre solo avere il coraggio di intraprenderla accettando, probabilmente, di dover rinunciare all’uovo oggi.

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