Il procurement pubblico rischia di essere il tallone d’Achille del Piano triennale per l’informatica nella PA. E’ questa una delle principali conclusioni a cui si è giunti alla fine dei lavori del workshop sugli Acquisti di innovazione digitale del 29 maggio, organizzato dall’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano e da Assinter Italia. Sono sette i principali messaggi che hanno guidato la discussione.
- Il piano triennale è l’ultimo di una serie di interventi istituzionali volti a riqualificare la spesa pubblica in ICT
- Entro la fine del 2018 le spese correnti in ICT della PA italiana dovranno essere ridotte di 800 milioni di euro
- Entro il 2018 tutti i processi di acquisto della PA dovrebbero essere digitalizzati
- L’incertezza relativa alla riforma del Codice dei contratti pubblici sta rallentando le procedure di gara pubbliche
- Il correttivo al Codice dei contratti pubblici introduce diverse novità ma anche alcune criticità per l’acquisto di ICT
- Alcune delle innovazioni digitali previste dal Piano triennale non sono facilmente acquistabili dalla PA
- L’acquisto di innovazione digitale in ambito pubblico richiede nuove competenze e disponibilità al cambiamento
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Il piano triennale è l’ultimo di una serie di interventi istituzionali volti a riqualificare la spesa pubblica in ICT
Innanzitutto è necessario contestualizzare il piano triennale come l’ultimo tassello di una strategia istituzionale che mira a riqualificare la spesa in tecnologie digitali della PA italiana. Tale strategia è caratterizzata da quattro interventi chiave:
- Istituzione dei soggetti aggregatori: l’Italia ha deciso di adottare un modello di centralizzazione obbligatoria di alcune tipologie di acquisti per conciliare lotta alla corruzione, efficienza e innovazione; tale modello è basato su 32 soggetti che aggregano e gestiscono le esigenze di acquisto;
- Finanziaria 2016: stabilisce: (i) il passaggio obbligato dai soggetti aggregatori di tutti gli acquisti pubblici di ICT; (ii) un obiettivo di risparmio, per il triennio 2016-2018, fissato al 50% della spesa annuale media, relativa al triennio 2013-2015, per la gestione corrente di tutto il settore ICT, al netto di alcune voci di spesa;
- Nuovo codice dei contratti pubblici: introduce nuove procedure per l’acquisto di innovazione, spinge verso una migliore qualificazione di domanda e offerta, rafforza il modello di centralizzazione della domanda, pone l’obbligo di digitalizzare i processi di acquisto pubblico e cerca di stimolare una maggiore collaborazione tra PA e imprese;
- Piano triennale per l’informatica nella PA: definisce una roadmap di investimenti da realizzare, obiettivi di spesa da raggiungere e indicazioni per riqualificare le spese correnti in tecnologie digitali in investimenti a valore aggiunto.
Entro la fine del 2018 le spese correnti in ICT della PA italiana dovranno essere ridotte di 800 milioni di euro
Le spese escluse dagli obiettivi di risparmio, come indicato nella Legge di Stabilità 2016, sono così quantificabili:
- spesa ICT effettuata da Sogei, INAIL e INPS, pari a circa 1,1 miliardi di euro;
- spesa di investimento delle PA, pari a circa 1,2 miliardi di euro;
- spesa corrente effettuata tramite Consip e altri soggetti aggregatori, pari a circa 1,4 miliardi di euro;
- spese per la connettività, pari a circa 0,15 mld miliardi di euro.
- come riduzione stabile della spesa conseguita nel triennio: ciò significa che, al termine del triennio 2016–2018, la spesa corrente annuale dovrà essere inferiore del 50% rispetto alla spesa corrente annuale media del triennio precedente;
- come obiettivo complessivo e non riferito a ciascuna amministrazione (o relative società strumentali in house).
Entro il 2018 tutti i processi di acquisto della PA dovrebbero essere digitalizzati. Il Codice degli appalti prevede la progressiva digitalizzazione delle procedure, la messa a disposizione del DGUE (Documento di Gara Unico Europeo) esclusivamente in forma elettronica a partire dal 18 aprile 2018 e, a decorrere dal 18 ottobre 2018, l’utilizzo esclusivo di mezzi di comunicazione digitali. A che punto siamo di questo cammino? Gli attori chiave sono i soggetti aggregatori, che gestiscono le gare, e le stazioni appaltanti, ovvero le PA, che demandano la gara ai soggetti aggregatori. Una survey condotta dall’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano fra 15 dei 32 soggetti aggregatori rileva come le principali fasi della gestione delle gare siano per gran parte digitalizzate. La situazione è molto diversa quando l’attenzione si sposta sulle singole stazioni appaltanti, perché sul fronte delle PA c’è un evidente gap da colmare. I livelli di digitalizzazione delle fasi prima e dopo la gara sono ancora molto bassi. In definitiva, rispetto all’obiettivo digitalizzazione del processo di acquisto, abbiamo un sistema a due velocità, con un soggetto aggregatore veloce, agile e pronto, e delle stazioni appaltanti lente, analogiche e (spesso) senza competenze digitali.
L’incertezza relativa alla riforma del Codice dei contratti pubblici sta rallentando le procedure di gara pubbliche
Il processo di riforma del Codice dei contratti pubblici è molto lungo e ancora incerto. Anche qui, ci sono dati e fatti per sviluppare il discorso. Partiamo dai fatti: il processo di riforma prende le mosse dalle direttive europee del 2014, che chiedevano a ogni stato dell’Unione Europa di innovare le proprie procedure di acquisto pubblico. L’iter di recepimento nell’ordinamento italiano di tali direttive è partito tardi ed è stato molto lento: di fatto si è arrivati all’approvazione sul filo di lana, il 18 aprile 2016, di un Codice pieno di errori. A partire dal giorno dopo si è messo in piedi il nuovo processo legislativo del Correttivo, che ha prodotto una revisione profonda del testo (430 modifiche su un testo originale di 230 articoli). Non solo: il correttivo si è inserito in una situazione di rallentamento determinata anche dal fatto che non sono ancora stati approvati tutti i provvedimenti attuativi necessari a far entrare pienamente in funzione il Codice. Con la versione del Correttivo entrata in vigore il 20 maggio scorso tali provvedimenti attuativi sono pure aumentati: da 50 che erano ora ce ne vogliono circa 60. E sono già state previste ulteriori modifiche al testo, per esempio in materia di poteri Anac, con una norma inserita nella manovra bis. Insomma, sono diversi anni che il quadro regolatorio è ballerino, e la conseguenza sulle gare di acquisto di ICT della PA è un evidente calo. Una paio di dati su tutti lo rende evidente:
- L’anno prima dell’entrata in vigore del codice (dal 18/4/2015 al 18/4/2016) sono stati emessi 9.694 bandi di gara di cui 336 relativi a servizi digitali;
- L’anno dopo l’entrata in vigore del codice (dal 18/4/2016 al 18/4/2017) sono stati emessi 8.401 bandi di gara di cui 266 relativi a servizi digitali.
Senza riferimenti normativi stabili, le PA sembrano adottare la cosiddetta burocrazia difensiva e non acquistano innovazione digitale.
Il correttivo al nuovo codice introduce diverse novità ma anche alcune criticità per l’acquisto di ICT
La riforma del codice dei contratti pubblici sta generando da un lato un cambiamento strutturale nei processi d’acquisto e dall’altro una grande incertezza per gli enti coinvolti. I principali cambiamenti previsti “sulla carta” sono se i6: nuovi criteri di aggiudicazione; migliore qualificazione delle stazioni appaltanti; qualificazione delle imprese su indici reputazionali valutati in base a indicatori oggettivi e misurabili; procedure semplificate e digitali; consultazione preliminare del mercato; introduzione di nuove procedure per acquistare soluzioni innovative.
Nel correttivo in vigore dal 20/5/2017 sono emerse ulteriori novità. Tra le principali si citano le seguenti:
- Imposizione del tetto massimo di 30 punti all’elemento prezzo nel caso di aggiudicazione sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo;
- Affidamenti diretti di importo inferiore a 40.000 con minori regole, senza necessità di confronto tra più operatori e con onere motivazionale attenuato, senza obbligo di rispetto del rapporto qualità/prezzo.
- Rating di impresa che passa da sistema di qualificazione obbligatoria a sistema volontario premiale nella fase di valutazione dell’offerta e rilascio delle cauzioni.
Il correttivo ha però introdotto delle criticità per chi vuole acquistare (o vendere) soluzioni digitali:
- Sotto i 40.000 euro i servizi e le forniture anche se di carattere tecnologico e fortemente innovativo possono essere aggiudicati in base al solo prezzo (che non consente di apprezzare gli elementi innovativi delle offerte);
- Si è persa l’occasione di precisare alcuni passaggi delle nuove procedure di dialogo competitivo, competitiva con negoziazione, partenariato per l’innovazione (es. momento della nomina della commissione giudicatrice, svolgimento delle fasi di dialogo);
Alcune delle innovazioni previste dal Piano triennale non sono facilmente acquistabili dalla PA
Applicando le regole previste dall’attuale legislazione sui contratti pubblici, in particolare dal nuovo Codice entrato in vigore il 20 maggio, si fa ancora fatica a comprare tre elementi centrali del Piano triennale: i servizi as-a-service, le API e gli approcci di innovazione di tipo “agile”.
- Negli acquisti di servizi as a service, le regole forzano l’utilizzo dell’offerta Consip, che non risulta contenere tutti i servizi richiesti per l’ammodernamento della PA. L’acquisto di qualunque soluzione non presente nell’accordo quadro SPC-Cloud dovrà essere “concordata” con AgID e ANAC.
- Relativamente alle API, sopra i 40.000 € il nuovo codice cerca di premiare i fornitori che offrono un servizio migliore, limitando il peso della componente prezzo nell’offerta, mentre sotto i 40.000 € resta un sostanziale far west di assegnamenti diretti e gare al massimo ribasso.
- Per quanto riguarda infine gli approcci agile, le due procedure di riferimento, ovvero i partenariati per l’innovazione, introdotti dal codice, e gli appalti pre commerciali, sono ancora poco utilizzati e incompatibili con i tempi relativi allo sviluppo di innovazione digitale.
L’acquisto di innovazione digitale in ambito pubblico richiede nuove competenze e disponibilità al cambiamento
Il nuovo Codice dei contratti pubblici spinge verso un’evoluzione qualitativa di domanda e offerta e cerca di incentivare le collaborazioni tra imprese e PA. Per concretizzare queste opportunità di sviluppo congiunto è necessario però che imprese e PA cambino il loro modo di operare e acquisiscano nuove competenze.
- maggiore capacità innovativa: uno dei principali driver su cui si baseranno le aggiudicazioni delle gare;
- maggiore competitività: il passaggio a un sistema in cui l’aggiudicazione è basata sul miglior rapporto qualità/prezzo, la maggior qualificazione delle stazioni appaltanti e la definizione di progetti più completi ed efficaci richiederanno alle imprese di proporre offerte che rispondano con maggior qualità e minor prezzo alle esigenze della PA;
- maggiore attenzione alla fase esecutiva nel rispetto delle “promesse”: il nuovo codice prevede il rafforzamento dei controlli in fase esecutiva e la valorizzazione, attraverso il rating di impresa, dell’adattabilità dell’operatore economico.
Il nuovo codice prevede che anche le PA sviluppino nuove competenze, imparando a utilizzare in modo efficace ed efficiente le nuove procedure di acquisto messe a disposizione e a determinare gli elementi chiave per il successo delle iniziative (corretta allocazione dei rischi, corretta definizione del regime di proprietà intellettuale da applicare ai risultati del partenariato per l’innovazione, ecc.).