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Acquisti delle PA: serve un nuovo patto di fiducia pubblico-privato



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Per vincere le sfide della trasformazione digitale (e del PNRR) occorre un forte coordinamento strategico ed operativo centro-territori, evitando frammentazione, ridondanze, squilibri tra le diverse realtà del paese. Ecco come gli acquisti della PA possono diventare volano di innovazione

Pubblicato il 31 mag 2023

Maria Cammarota

Direttore Generale Assinter Italia



procurement, procurement pubblico, appalti pubblici, consip convenzioni

La PA centrale e locale rappresentano i più grandi buyer italiani d’innovazione. Per fare in modo che il procurement pubblico non sia un freno ma un volano di questa innovazione occorre che anch’esso diventi un potente driver di cambiamento. Non è sufficiente progettare e acquistare nuovi prodotti e servizi tecnologici ma occorre anche farlo in maniera innovativa.

Come sappiamo il procurement pubblico agisce secondo il principio del best value e cioè “il miglior modo di spendere il denaro pubblico”. Non solo “value for money” ma anche “value for society”. Creare valore sociale è un dovere del settore pubblico ma, per tanti aspetti, anche di quello privato in una moderna concezione di welfare economy.

Perché le forme di procurement pubblico innovativo sono scarsamente usate dalle PA italiane

Non mancano impulsi a un procurement decisamente innovativo provenienti dalla nuova governance pubblica: il nuovo codice dei contratti pubblici, le forme innovative di collaborazione pubblico-privato (Partenariati per l’Innovazione, dialoghi pre-competitivi e procedure competitive con negoziazione, partenariati Pubblico Privati – PPP). Si va verso una maggiore flessibilità delle stazioni appaltanti cercando di limitare gli automatismi, i comportamenti burocratici autotutelanti per i funzionari della PA, le scelte “automatiche” che derivano da ‘algoritmi’, appunto burocratici, basati sul “massimo ribasso”.

La rigidità porta – dati alla mano – ad abbinare minor rischio con minor efficienza. Ma, come ben sappiamo, il rischio legato all’incertezza non implica solo impatti negativi ma può sfociare in meravigliose opportunità. Dunque, la mancata flessibilità riduce l’incertezza positiva e cioè le opportunità che la PA può cogliere collaborando in modi nuovi con un mercato reattivo.

I dialoghi pre-competitivi e i procedimenti negoziati

Oggi i dialoghi pre-competitivi e i procedimenti negoziati sono circa 3% in Italia, contro il 12-20 % dell’area europea. Perché le forme di procurement pubblico innovativo sono scarsamente usate dalle PA italiane? Quali sono le cause di questo fenomeno?

La PA non usa gli strumenti innovativi perché i funzionari pubblici non hanno certezze e temono i ricorsi, la Corte dei Conti, la magistratura, ecc… Dunque, non sono incentivati a farlo. È necessario rassicurare e dare fiducia ai funzionari pubblici perché la “burocrazia difensiva” (la cosiddetta paura della firma) fa danno in termini di lentezza dei procedimenti e di scarsità dei risultati.

Le parole chiave sono invece: flessibilità, perseguimento del risultato, fiducia tra pubblico e mercato. Sono anche i 3 principi a cui si ispira il nuovo codice dei contratti pubblici.

Il privato porta con sé la flessibilità organizzativa che il pubblico non potrà mai avere, le risorse finanziarie, i prodotti e i servizi tecnologici, le competenze tecniche su propri prodotti e servizi IT. Il pubblico conosce i fabbisogni di digitalizzazione dei territori, le esigenze e le aspettative di cittadini e dei professionisti, identifica gli obiettivi sociali e di sviluppo. Ha, in sintesi, una visione sistemica.

Il problema della “duplice asimmetria informativa

In questo scenario c’è la cosiddetta ‘duplice asimmetria informativa’, che consiste nell’esistenza di un gap di conoscenza reciproca tra il Pubblico e il Privato, tra buyer o del seller. Chi acquista non conosce il mondo dell’acquirente (tecnologia innovativa in continua evoluzione). Chi vende non conosce il mondo (sociale) del compratore. Per superare queste asimmetrie occorre “discrezionalità”. Ma in Italia la parola discrezionalità è percepita come perniciosa, pericolosa e scorretta. Rimanda all’arbitrio e al clientelismo, anticamere della corruzione. Invece, paradossalmente, è proprio la ‘discrezionalità’ del funzionario lo strumento principale che favorisce il buon risultato (il cosiddetto best value).

Flessibilità-discrezionalità

La flessibilità e ‘discrezionalità’ si riferiscono non solo alla fase di acquisto ma anche a quella di esecuzione e gestione. Si veda il principio disciplinato nel nuovo codice dei contratti, quello di ‘conservazione dell’equilibrio contrattuale’. Esso dice chiaramente che fatti straordinari sopravvenuti ed imprevedibili tali da determinare un’alterazione dell’equilibrio contrattuale, danno diritto alla rinegoziazione “secondo buona fede” delle condizioni contrattuali

Il termine agile è nato proprio per i progetti IT dove è necessario “abbracciare il cambiamento” e lavorare per “incrementi” che si sviluppano adattandosi alle condizioni al contorno spazio-temporali

Perseguimento del risultato

Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale ed è il primo principio, sancito nell’art. 1 del Codice. Il “risultato” – costituito dall’affidamento del contratto e dalla sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore possibile rapporto tra qualità e prezzo – è l’elemento che impera sovrano. I principi di legalità, trasparenza e concorrenza, che pure devono essere rispettati, non costituiscono più valori in sé stessi, ma sono “mezzo” e non “fine”. Il comma 2, difatti, specifica che “la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”.

Fiducia tra pubblico e mercato

Il principio della fiducia riformula radicalmente il rapporto tra funzionari pubblici e operatori privati. La fiducia (reciproca) va ricostruita nel rispetto (ancora reciproco) dell’interesse pubblico. Questa fiducia è indispensabile per un procurement che sia driver di innovazione e di sviluppo. Essa è basata su regole che garantiscono l’accesso al mercato: “le stazioni appaltanti favoriscono l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”. Alla concorrenza viene assegnato il ruolo di “mezzo a fine” che già l’art. 1 aveva evidenziato, come strumento per raggiungere il miglior risultato possibile e non come valore in sé. Dalla collaborazione pubblico-privato emergono così vantaggi e sinergie che nessuno dei due sarebbe in grado di cogliere autonomamente.

Il nodo delle competenze

L’obiettivo è dunque riuscire a valorizzare nel modo corretto le competenze a tutti i livelli d’interlocuzione. Il settore pubblico deve cercare tutte le disponibilità-potenzialità del mercato, senza sottopagare, svalorizzare. Il privato non deve fare promesse che non può mantenere al solo scopo di budgetizzare le commesse.

Le competenze sono complesse da acquisire e da mantenere. Esse generano valore a chi le detiene ma soprattutto a chi le può correttamente utilizzare. Questo valore si ottiene con flussi costanti biunivoci tra domanda pubblica e offerta economica di mercato. L’innovazione, quindi, frutto delle competenze non si acquista ma si costruisce tutti i giorni attraverso la fiducia e la reciproca conoscenza di sistemi complessi che stanno alla base delle dinamiche del mercato e del comparto pubblico.

Nell’ambito dei sistemi pubblici operano più soggetti istituzionali e operativi, che vanno attentamente conosciuti e utilizzati per questo fine. Uno di questi – non secondario – è il sistema delle aziende in house, società interamente a capitale pubblico, che nel settore ICT hanno ormai abbandonato da tempo una funzione concorrenziale verso il mercato per diventare agile ed efficiente strumento di interlocuzione.

Il ruolo di Assinter Italia

Assinter Italia è il polo di aggregazione nazionale del know-how tecnologico di queste in-house ICT che fanno da snodo fra PA e mercato privato. Il suo intento è quello di svolgere un coordinamento tecnico strutturato al fine di far lavorare le società in-house regionali, centrali e locali in sinergia e cooperazione permanente e in partnership con il mercato privato ICT. Non solo nell’ambito del procurement e della progettazione, ma anche nell’analisi dei fenomeni, nella ricerca, formazione e co-progettazione precompetitiva. Opera infatti anche attraverso un academy (AssinterAcademy) che di fatto è una piattaforma precompetitiva partecipata dalle maggiori università italiane e dai più grandi vendor del mercato ICT, con un pedigree di oltre 10 anni di esperienza. AssinterItalia e AssinterAcademy sono infatti ormai parte strutturale del sistema italiano delle società pubbliche in house dedicato alla trasformazione digitale.

L’obiettivo è di rispondere alla domanda di innovazione in una logica aggregativa delle conoscenze e delle competenze tecnologiche, facendo rete, non solo verso il mercato, ma anche tra centro e territori. Ad esempio, tra Amministrazione Centrale e Regioni, affiancando ad uno ad uno ormai consolidato coordinamento istituzionale (Conferenza delle Regioni, ANCI, ecc.) un più complesso e difficile coordinamento tecnologico tra Mercato – PA centrale – PA locale (territori, comunità).

Conclusioni

L’esperienza ha dimostrato che per vincere le sfide della trasformazione digitale (e del PNRR) occorre un forte coordinamento strategico ed operativo centro-territori, evitando frammentazione, ridondanze, squilibri tra le diverse realtà del paese. Un buon lavoro precompetitivo tra pubblico, privati e centri scientifici e di ricerca. Nuove forme di collaborazioni pubblico-privato in un’ottica di procurement innovativo. Nuovi modelli di business per trasferire al partner industriale i rischi tecnici-tecnologici di indisponibilità dei servizi IT, di performance scadenti, di obsolescenza delle infrastrutture, tenendo conto che la tecnologia evolve velocemente. Una valorizzazione del sistema ICT in house come ‘soggetto terzo’ tra PA, mercato, centro-territori.

E’ la formula magica per fare outside looking anziché inside looking!

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