Il Tar di Bari con una sentenza si è espresso sulle conseguenze in caso di problemi tecnici nelle procedure di e-procurement. Il diffondersi dell’uso della tecnologia informatica presso la PA ha reso sempre più comune e diffuso l’espletamento delle gare di appalto tramite procedura selettiva su piattaforma telematica, sia gestita dalla stessa amministrazione che da terzi. La giurisprudenza amministrativa si è trovata così a discutere delle eventuali conseguenze del possibile malfunzionamento della piattaforma telematica di gara in materia di appalti pubblici, ovvero se gli effetti negativi debbano ricadere sulla Stazione Appaltante o piuttosto sulla ditta.
La decisione del Tar di Bari
In una recentissima sentenza il Tar Bari è tornato a pronunciarsi sulla questione. Il caso riguardava l’affidamento con procedura aperta gestita tramite piattaforma telematica del servizio di adeguamento normative GDPR e cyber security dell’infrastruttura ICT di Aeroporti di Puglia. La ricorrente lamentava che malgrado l’avvenuta corretta registrazione sulla piattaforma, quale adempimento preliminare finalizzato alla presentazione della domanda e al caricamento sui server della stessa dell’intera documentazione, non riusciva a completare l’operazione di invio definitivo della domanda per un’anomalia tecnico informatica del sistema.
Con la sentenza n. 461 del 3/4/2020 il Tar Bari ha confermato quanto già affermato in via cautelare, ossia la non sicura imputabilità del malfunzionamento alla ditta ricorrente, comprovata dai tredici tentativi di inserimento dei documenti e dalla conseguente generazione di ben quattro buste, risultate acquisite -con il relativo contenuto- al sistema stesso. Il Tar ha altresì evidenziato che “le procedure concorsuali, quand’anche completamente informatizzate, non possono che svolgersi nella cornice dei principi generali, tra cui, in particolare, il favor patecipationis e che è interesse della stessa Amministrazione appaltante consentire la partecipazione a una platea di soggetti quanto più ampia possibile”.
Il principio di imputabilità del malfunzionamento all’amministrazione
Il principio di diritto fissato dalla sentenza in commento, e che può ritenersi conforme all’orientamento maggioritario, è quindi il seguente: dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della pubblica Amministrazione discende il corollario dell’onere per l’Amministrazione stessa di accollarsi il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale; anche come contropartita dell’agevolazione che deriva -sul fronte organizzativo interno- dalla gestione digitale dei flussi documentali. Tale utilità deve cioè essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (art. 83 d.lgs. n. 50/2016 e art. 6 l. n. 241/1990).
L’orientamento contrario
Sebbene vi siano varie pronunce in senso conforme a quella del Tar Bari, tra cui anche la decisione n. 5136 del 7.11.2017 della quarta Sezione del Consiglio di Stato, secondo cui incombe sul gestore del sistema “predisporre, o comunque consentire, modalità alternative di inoltro delle domande”, si rileva che una recente pronuncia dei Giudici di Palazzo Spada sembra deporre in senso opposto. Nella sentenza n. 8760 del 24/12/2019, il Consiglio di Stato ha escluso la rimessione in termini in favore della ditta appellante sulla base della espressa norma contenuta nel bando di gara secondo cui “La presentazione dell’offerta mediante il Sistema è a totale ed esclusivo rischio del concorrente, il quale si assume qualsiasi rischio in caso di mancata o tardiva ricezione dell’offerta medesima, dovuta, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, a malfunzionamenti degli strumenti telematici utilizzati, a difficoltà di connessione e trasmissione, a lentezza dei collegamenti, o a qualsiasi altro motivo, restando esclusa qualsivoglia responsabilità dell’Azienda Usl ove per ritardo o disguidi tecnici o di altra natura, ovvero per qualsiasi motivo, l’offerta non pervenga entro il previsto termine perentorio di scadenza….”. Secondo il Consiglio di Stato si trattava di norma chiara e perentoria che avrebbe necessitato di specifica impugnazione e contestazione.
Conclusione
In conclusione, esclusi blocchi generalizzati e paralizzanti del sistema, ciò che l’appellante ha subito è dunque il mero “rischio informatico”, interamente gravante sul concorrente ai sensi della clausola non impugnata. Da questa sentenza si ricava che, esclusa l’eventuale eccezionalità della situazione o il carattere generalizzato del blocco, il bando di gara può comunque prevedere che il rischio ricada sul concorrente, in assenza di tempestiva impugnazione.