Nell’ambito dell’iter parlamentare della manovra correttiva è stato presentato un emendamento che ripropone in una nuova veste la disposizione del Codice Appalti sul potere dell’Autorità Nazionale Anticorruzione di agire in giudizio contro i provvedimenti delle stazioni appaltanti che contrastano con le norme in materia di contratti pubblici. La nuova norma (non ancora approvata, la legge è in fase di conversione alla Camera) è certamente migliorativa rispetto alla precedente versione contenuta nel codice appalti e poi abrogata, in quanto adesso la raccomandazione dell’Anac è impugnabile davanti al giudice.
In parole semplici, si stabilisce che l’Anac, se ritiene che l’amministrazione abbia adottato un atto affetto da violazioni gravi, entro 60 giorni possa emettere un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati, eliminando gli stessi. La stazione appaltante ha 60 giorni di tempo per adeguarsi alle prescrizioni dettate dall’Anac. Nel caso in cui la stessa non si adegui, l’Autorità entro i 30 giorni successivi può presentare ricorso al giudice amministrativo. Inoltre, l’Anac con proprio regolamento potrà individuare i casi e le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare siffatto potere.
Il legislatore, così, ha recepito le indicazioni del Consiglio di Stato riportando la disciplina all’interno del quadro ordinamentale e riproponendo anche con riferimento all’Authority Anticorruzione il modello già adottato per l’Antitrust.
Non si prevede cioè più in maniera automatica che il mancato adeguamento alla prescrizione dell’Anac venga punito con la sanzione amministrativa pecuniaria, piuttosto si delinea un sistema più garantista laddove viene prevista la possibilità dell’Anac di rivolgersi al giudice amministrativo nell’ipotesi in cui l’amministrazione violi norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture.