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Appalti pubblici sostenibili, ecco perché è importante l’attività di monitoraggio

Il green public procurement sta assumendo rilievo anche alla luce degli indirizzi europei in materia di sostenibilità: analizzare i trend è utile per le conseguenze sociali ed economiche di queste operazioni

Pubblicato il 03 Apr 2020

Michele Cozzio

Università di Trento

Luigi Gili

avvocato

Nuovo-codice-appalti

Proseguire e intensificare gli sforzi per il monitoraggio degli appalti pubblici sostenibili, superando le difficoltà spesso causate dalla carenza dei dati, ha un’importanza sociale ed economica. Il tema del green public procurement infatti è di rilievo, anche alla luce delle politiche strategiche adottate dall’Unione Europea. Vediamo il contesto di riferimento in cui queste gare si svolgono, le prospettive e i sistemi per provvedere al monitoraggio.

Lo scenario di riferimento

L’espressione appalti pubblici sostenibili rinvia alla triplice connotazione economica, ambientale e sociale degli interessi perseguiti attraverso l’azione contrattuale della pubblica amministrazione. Ne troviamo conferma anche nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile promossa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, alla cui elaborazione ha partecipato l’Unione europea. Nella stessa direzione è orientato il programma 2019-2024 della Commissione votato dal Parlamento europeo il 27 novembre 2019. Tra le priorità, la Presidentessa Ursula Von der Leyen indica la transizione verso un’economia a zero emissioni sviluppata nell’ambito del Green Deal europeo, sostenuta da ingenti flussi di risorse. La Commissione stima che il piano di investimenti per un’Europa sostenibile mobiliterà nel prossimo decennio, attraverso il bilancio dell’UE e gli strumenti associati, investimenti sostenibili privati e pubblici per almeno 1000 miliardi di euro.

Nei prossimi mesi è anche prevista l’adozione di un Nuovo piano europeo d’azione per l’economia circolare a sostegno della produzione di beni e servizi sostenibili, specie nei settori del tessile, dell’elettronica, delle materie plastiche, dell’edilizia. Con riferimento a questi temi, la Commissione ha anticipato la presentazione di nuove regole e documenti orientativi in materia di appalti pubblici verdi. L’obiettivo è quello di definire criteri verdi minimi obbligatori, da applicare non solo agli appalti pubblici, ma anche alle iniziative finanziate dall’UE o a prodotti specifici. Questi criteri dovrebbero favorire l’uniformazione degli appalti verdi e la comparazione dei risultati conseguiti nei mercati nazionali.

Viene preannunciata anche l’adozione di uno strumento di “screening per gli appalti sostenibili”, derivato dal meccanismo volontario di valutazione ex ante dei grandi progetti infrastrutturali; in questo modo verrebbe facilitata sia la possibilità di rendere gli appalti verdi e socialmente sostenibili, sia il rispetto delle norme lungo tutta la catena di approvvigionamento. Le ricadute attese dal Green Deal europeo interessano anche la sfera sociale, un fronte delicato, oggetto delle iniziative associate al pilastro europeo dei diritti sociali. Vi troviamo delineati principi e diritti fondamentali per il buon funzionamento del mercato del lavoro e dei sistemi di protezione sociale che dovranno essere tradotti in azioni e atti normativi a livello nazionale. Dal contesto descritto emerge una roadmap della politica europea non priva di obiettivi ambiziosi e scelte coraggiose su questioni delicate, un’iniezione di fiducia in una fase storica caratterizzata da non poche turbolenze, tanto sul piano interno che internazionale.

L’importanza della misurazione degli appalti sostenibili

La sostenibilità degli appalti pubblici in termini economici, ambientali e sociali è oggetto di analisi e misurazioni. Ne sono un esempio il sistema di monitoraggio degli obiettivi dell’Agenda 2030 nonché il Single Market Scoreboard – Public Procurement della Commissione europea. Tuttavia, ad eccezione di queste e poche altre esperienze, non vi sono metodologie e strumenti comuni, consolidati. I monitoraggi in corso in alcuni Stati dell’Unione hanno natura sporadica, quasi sempre sono riferiti a contesti specifici (territoriali o tematici) e modulati sulle peculiarità dei singoli sistemi, circostanze che rendono difficile l’applicazione della misurazione su scala ampia e poco significativa la comparazione dei risultati.

Con riferimento all’Italia, si segnalano – oltre alle relazioni annuali dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – le misurazioni sugli appalti verdi, realizzate da Forum PA (aprile 2019), dalla Fondazione Ecosistemi e Legambiente (ottobre 2019), dall’Associazione dei Comuni Virtuosi (febbraio 2019). Tutte evidenziano l’utilità del monitoraggio del settore e, al contempo, lamentano l’incompletezza dei dati disponibili. Non a caso, costituiscono elaborazioni basate su dati parziali, raccolti tramite la somministrazione di questionari, la cui compilazione è rimessa alla cortesia dei destinatari. Questa attività di analisi è certamente utile, necessaria, ma dovrebbe potersi fondare su dati più completi, uniformi, rappresentativi dell’intero comparto. La generale mancanza/incompletezza dei dati ostacola il monitoraggio non solo degli appalti verdi, ma anche di altri argomenti (dal favor per le PMI, all’innovazione, alle tutele sociali, etc.), come emerge anche dal recente Rapporto sulla qualità dei dati relativi ai contratti di acquisto dei comuni italiani e dalle elaborazioni condotte nell’ambito del citato progetto Qualità e diritti.

Ci sembra utile rimarcare l’opportunità di rendere funzionali, complete, fruibili le banche dati di cui il legislatore nazionale ha equipaggiato gli operatori degli appalti pubblici; costituiscono un giacimento preziosissimo per la conoscenza del settore e del suo funzionamento. Non va persa l’occasione di portare le crescenti abilità di elaborazione e capacità computazionali a favore della sostenibilità nel mondo dei contratti pubblici.

I risultati del monitoraggio dell’Osservatorio appalti

Il progetto Qualità e diritti – Politiche strategiche e livelli di tutele nei contratti pubblici è stato avviato nel 2017 dall’Osservatorio dell’Università di Trento e dalla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università Bocconi e dell’Università degli Studi di Pavia, con la partecipazione dell’Alleanza delle Cooperative Italiane. Lo scopo è quello di conoscere se, come e in quale misura le amministrazioni valorizzino attraverso gli appalti non solo l’interesse all’economicità delle prestazioni, ma anche obiettivi sociali e ambientali. A tal fine, l’attenzione vien posta sulle regole di aggiudicazione secondo il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, sull’incidenza del punteggio percentualmente assegnato all’offerta tecnica, sulla presenza di parametri valorizzanti l’inclusione lavorativa di soggetti disabili e/o svantaggiati, di punti attribuiti secondo criteri tabellari e quantitativi, infine sulle formule per l’attribuzione del punteggio.

Bandi e capitolati vengono analizzati mediante tecniche di text mining basate su set di traccianti / indicatori, con risultati statistici che permettono una lettura della discrezionalità negoziale della pubblica amministrazione, anche in funzione della garanzia della qualità e delle tutele dei diritti. I risultati che riportiamo riguardano l’analisi condotta su oltre 700 bandi pubblicati nel 2019 su appalti di lavori (> 2 milioni €) e servizi (> 750mila €). Emerge un mercato nel quale la procedura utilizzata è prevalentemente quella aperta e il criterio quello del miglior rapporto qualità/prezzo (84% per i lavori, 92% per i servizi), con l’attribuzione alla parte tecnica di un range tra il 70% e l’80% dei punti complessivi. Negli appalti di lavori non è stata rilevata la presenza di parametri valorizzanti l’inclusione lavorativa di soggetti disabili o svantaggiati, mentre nei servizi è ricorrente l’attribuzione di 3 o più punti (nell’87% dei casi).

Altro dato emergente è l’utilizzo di criteri di tipo tabellare e quantitativo (cd. criteri on/off) sia nel settore dei lavori (presenti cd. nel 30% dei bandi esaminati) che in quello dei servizi (il 33%). Questa soluzione, validata anche dalle linee guida n. 2 dell’ANAC, ha il pregio di sollecitare prestazioni maggiormente qualitative, inoltre offre garanzie di imparzialità della valutazione. Non può sottacersi, per altro, che l’utilizzo in maniera prevalente o esclusiva di questi criteri, rischia di trasformare le gare in un confronto sul prezzo più basso (aspetto che viene evidenziato anche dalla giurisprudenza, si vedano le recenti sentenze TRGA di Trento, 29 ottobre 2019 n. 240 e del TRA Lazio, Roma, sez. III, 23 dicembre 2019 n. 14749). Di qui, la necessità di un utilizzo prudente e ragionato dei criteri on/off, specie quando viene associato a prestazioni accessorie, posto che possono risultare pregiudicati il rispetto effettivo del costo del lavoro e i diritti dei lavoratori.

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