Il problema

Fuggetta: “Ecco perché le PA comprano male (e l’innovazione soffre)”

Il procurement dei servizi IT non può essere gestito come gli appalti della Salerno-Reggio Calabria. Se le amministrazioni “comprano male”, si sprecano risorse e si perde l’effetto sistemico che il dispiegarsi di una domanda matura potrebbe avere sulla crescita dell’offerta di servizi IT di qualità a beneficio del paese

Pubblicato il 30 Ott 2017

Alfonso Fuggetta

professore di Elettronica, Informazione e Bioingegneria, Politecnico di Milano

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Le amministrazioni pubbliche del paese devono rilanciare e accelerare il percorso di crescita e di innovazione di cui il paese ha assolutamente bisogno. Perché ciò avvenga, è vitale che la qualità dei processi di procurement pubblico facciano un deciso salto di qualità e maturità. Se le amministrazioni “comprano male”, si sprecano risorse sia dal punto di vista del mancato miglioramento dei processi e delle attività operative delle amministrazioni stesse, sia dal punto di vista dell’effetto sistemico che il dispiegarsi di una domanda matura potrebbe avere sullo crescita dell’offerta di servizi IT di qualità a beneficio dell’intero paese.

Le competenze sono un elemento cardine per produrre una domanda di innovazione che sia realmente di qualità, ma le hanno tutti?

No, purtroppo. Il problema ha carattere generale e coinvolge tutto il paese, e ovviamente ha riflessi gravi e rilevanti nel mondo delle amministrazioni pubbliche. Ad aggravare questa situazione è una continua e incessante opera di complicazione e irrigidimento delle procedure di gestione del personale da un lato e, dall’altro, dei processi di procurement pubblico.

Il ricorso quasi ossessivo a gare (spesso con basi d’asta assolutamente improponibili), l’estrema litigiosità che porta a ricorsi infiniti, la sostanziale impossibilità di operare direttamente sul mercato anche per attività preliminari di progettazione e indirizzo, limitano le possibilità delle amministrazioni di ricorrere in modo veloce e agile a competenze esterne che possano aiutarle nel definire e sviluppare la strategia complessiva di procurement. Per di più l’innato individualismo di troppe amministrazioni impedisce di convergere su strategie e modalità condivise di acquisto e soprattutto di progettazione e sviluppo.

In sintesi, l’esasperazione del controllo preventivo (dovuto ad una più che legittima attenzione alla lotta alla corruzione) e la spesso sterile anarchia tecnico-progettuale delle amministrazioni sta da un lato bloccando i processi di procurement (a partire da quelli relativi all’acquisizione delle risorse umane!) e dall’altro frammentando e depotenziando l’azione di innovazione del sistema pubblico visto nel suo complesso.

Dobbiamo interrompere questo circolo perverso se vogliamo velocizzare e armonizzare i processi di acquisizione di nuove competenze e di progettazione delle nuove soluzioni. Il piano triennale varato dal Team Digitale offre un primo quadro di coordinamento e di allineamento tra le diverse amministrazioni. Ma serve operare anche sul fronte di una semplificazione delle norme di procurement e del codice degli appalti: il procurement dei servizi IT non può essere gestito come gli appalti della Salerno-Reggio Calabria.

In questo articolo lanciamo qualche idea per provare a ripartire dalle competenze.

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