L’anno che si chiude in questi giorni, di particolare significato per il campo dei contratti pubblici, pone a bilancio alcune certezze e molte ambiziose aspettative per quello a venire, soprattutto riferite all’attivazione del sistema nazionale di e-procurement che da tempo costituisce un inattuato, sebbene prioritario, obiettivo del Paese ormai giunto al momento della verità.
L’impatto del nuovo codice appalti
Tra le certezze del 2023 è senz’altro da annoverare l’adozione del nuovo codice dei contratti pubblici, operativo dal primo luglio al netto del pacchetto digitale rinviato, per l’appunto, al primo gennaio 2024, trattasi dell’adempimento di precisi impegni già assunti in tal senso a livello europeo confermati anche in occasione del recente aggiornamento del PNRR.
Il nuovo codice, che peraltro già registra tre puntuali modifiche su temi quali conflitti di interesse termini in alcune tipologie di gare negoziate e attuazione della parità di genere, oltre a due circolari ministeriali interpretative sulla disciplina applicabile all’affidamento dei contratti rispettivamente d’importo inferiore alla soglia comunitaria, espressamente richiesta questa dalla Commissione, e riferiti all’attuazione del PNRR ed equiparati programmi cofinanziati dall’Europa, appare in grado di mutare radicalmente l’impostazione previgente, tuttora figlia, seppur con alcune varianti, dell’altra grande riforma prodotta in materia dalla legge Merloni nel 1994.
Il principio della fiducia
Il senso delle nuove regole, finalizzate soprattutto a favorire la rapida attuazione la “messa a terra”, come di recente usa dire, degli investimenti, è quello di restituire alla committenza pubblica l’esercizio della discrezionalità, che peraltro le sarebbe propria in via di principio, ma che in passato era stata fortemente compressa sulla base di un approccio di generale sfiducia del sistema rispetto agli attori chiamati a dar corso alla spesa per investimenti.
Il Consiglio di Stato, autore della scelta anche in forza dei contenuti della legge delega n.78 del 2022, ha invertito il ragionamento puntando sul principio della fiducia verso stazioni appaltanti ed operatori economici, nell’ottica del conseguimento di un risultato, anch’esso elevato al rango di vero e proprio principio trainante la lettura e l’applicazione dell’intero codice.
RUP, come cambia
Non sono ancora disponibili le rilevazioni quadrimestrali dell’Anac in grado di dirci con certezza se la diversa impostazione abbia già prodotto, o meno ,i suoi effetti; al netto di fisiologiche flessioni dovute ai primi mesi di applicazione delle nuove norme non può certamente dirsi che il mercato dei lavori pubblici si sia fermato, come confermano alcuni dati diffusi dalla stessa Anac a margine di un’iniziativa imprenditoriale recentemente tenutasi a Vicenza secondo i quali dal 1° luglio le procedure di affidamento avviate sono state ben 36.580, per un importo complessivo di appalti di 36,3 miliardi di euro[1].
Ciò che, viceversa, può certamente dirsi è che all’impostazione basata sull’affermazione dei principi di fiducia e risultato pienamente corrisponde la trasformazione della figura del RUP, che da responsabile unico del procedimento diviene responsabile unico del progetto, a testimonianza del fatto che, al di là dell’acronimo per comodità di sistema mantenuto, obiettivo del nuovo Codice non è realizzare un procedimento amministrativo, bensì un progetto.
La responsabilità del RUP
In merito dispone l’articolo 15 del Codice, precisando, in aggiunta, che ferma l’unicità del RUP, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, ciascuno secondo il proprio ordinamento, nominano un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e un responsabile di procedimento per la fase di affidamento con ripartizione delle relative responsabilità in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
E’ sulle spalle della nuova figura del RUP, quindi, e sulla necessariamente mutata strutturazione organizzativa che le stazioni appaltanti dovranno assumere in tal senso assumere che si basa la scommessa di rendere più veloci gli investimenti, una scommessa che deve mettere in conto ulteriori elementi di incognita in vista del prossimo primo gennaio, con l’implementazione del mercato digitale.
La Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici e le piattaforme
A meno di ripensamenti dell’ultima ora, sulla carta resi, come detto, meno probabili dai comunicati dell’Anac che il sistema è chiamata ad implementare e gestire, in primis attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP), ciò che verrà interessato da tale importante modifica non sarà solo il segmento procedurale della scelta del contraente, bensì l’intero ciclo realizzativo della commessa pubblica che, a monte, include la fase programmatoria e progettuale, a valle quella realizzativa e gestionale.
Il tutto mediante un sistema di piattaforme interoperanti in tal senso accreditate, peraltro finora in numero oltremodo limitato, che include non solo ciascuna committenza ma anche le Autorità che rilasciano certificati e gli operatori economici; questi ultimi, in particolar modo, finalmente in grado di beneficiare dell’operatività concreta del principio once only ossia di quell’opzione per cui non occorrerà più documentare enne volte fatti, elementi e circostanze di cui l’amministrazione è già in possesso.
Sul fronte istituzionale si tratta di disporre, per la prima volta, di un sistema di complessiva conoscenza e monitoraggio dell’intero comparto della spesa pubblica per lavori, servizi e forniture, inclusi indici di performance ed identificazione del quadro della domanda che da sempre manca.
Senza nascondersi la difficoltà che comporterà l’implementazione di questa parte del Codice, il punto è che l’ampia portata della gestione digitale dei contratti pubblici in sé implica importanti modifiche dell’organizzazione interna delle amministrazioni committenti che incrocia quanto già rilevato in merito al nuovo ruolo del RUP.
In tal senso significativo è il fatto che il comunicato ANAC del 18 dicembre, nel ricordare che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti comunicano con la BDNCPattraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale, precisa che …il soggetto che ricopre l’incarico di Responsabile unico di progetto e gli eventuali Responsabili del procedimento delegati dal Responsabile di Progetto …. qualora non siano già iscritti, devono registrarsi all’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA) di ANAC…Eventuali ulteriori operatori amministrativi delegati da parte dei soggetti sopra richiamati possono operare esclusivamente sulle piattaforme, sotto la responsabilità dei responsabili di fase di cui sopra, e non sono in nessun caso autorizzati all’interoperabilità con i servizi della BDNCP.
Responsabilità e deleghe
Come si vede, quindi, trattasi di un quadro che implica attività riorganizzativa importante a livello di Uffici ed incarichi, con individuazione di regimi di responsabilità e deleghe che da un lato si lega alla ridefinizione del ruolo di RUP, dall’altro non può non guardare all’altra grande sfida digitale legata all’implementazione del BIM, che dal 1° gennaio 2025 sarà obbligatorio per tutti i contratti di lavori di importo superiore al milione di euro.
Nell’ottica BIM, l’all. I.9 del Codice prevede espressamente (punto 3) che le stazioni appaltanti debbano nominare un gestore dell’ambiente di condivisione dei dati ed almeno un gestore dei processi digitali supportati da modelli informativi e, per ogni intervento, un coordinatore dei flussi informativi all’interno della struttura di supporto al RUP; a gestori e coordinatori è richiesta adeguata competenza da conseguire anche mediante la frequenza, con profitto, di appositi corsi di formazione.
In sintesi, tra Responsabili di fase e gestori dei processi BIM la figura del RUP tende quindi a trasformarsi da incarico unipersonale ad Ufficio del RUP; il tutto in chiave digitalizzazione.
Non è quindi casuale che ancora l’articolo 15 del Codice preveda espressamente, al comma 4, la necessità di aggiornare gli organigrammi interni, cioè i modelli organizzativi.
Conclusione
Vedremo, prossimamente come il tutto potrà trovare adeguata composizione anche nel quadro della regolamentazione del sistema degli incentivi, che oltre ai profili più direttamente legati alla citata riorganizzazione degli Uffici (il responsabile del procedimento della fase di affidamento, in quanto profilo amministrativo, ne beneficia?) incrocia da vicino il tema digitalizzazione se è vero, come è vero, che l’articolo 45 del Codice prevede un incremento del 15% del tetto massimo di quanto a tale titolo conseguibile per le amministrazioni che adottano i metodi e gli strumenti digitali per la gestione informativa del l’appalto, ovvero il BIM.
Ciò che è chiaro fin da ora è l’esigenza di considerare adeguatamente i profili legali che tali innovativi approcci indubbiamente evocano, specie sotto il profilo delle responsabilità, più volte richiamate anche in rapporto alle deleghe da attivare tra diverse figure.
Trattasi di esigenza ancor più sentita con riguardo ai lavori, dove le funzioni di RUP sono riservate ai ruoli tecnici delle amministrazioni. In questo senso la previsione codicistica di cui al comma 6 dell’articolo 15 secondo la quale le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono istituire una struttura di supporto al RUP, e possono destinare risorse finanziarie non superiori all’1 per cento dell’importo posto a base di gara per l’affidamento diretto da parte del RUP di incarichi di assistenza al medesimo appare, senz’altro, di grande utilità per chi è chiamato a svolgere tale ruolo.
Note
[1] G.Santilli, Diario dei nuovi appalti, 22 novembre 2023.