Tra gli argomenti di attualità, il PNRR continua ad essere tra i più discussi.
Per alcuni occasione unica e irripetibile, àncora di salvezza per l’economia malandata dagli anni duri del Covid e scossa dai venti di guerra che soffiano alle porte dell’Europa, motore di crescita e modernizzazione del Paese; per altri libro dei sogni e degli interventi inutili, frettolosamente raffazzonati unicamente per “spendere” senza criterio risorse che solo in parte non dovremo restituire: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza resta un argomento divisivo, sul quale ognuno, dal politico al proverbiale uomo della strada, ha una propria opinione, positiva o negativa.
Ciò che forse accomuna sia gli entusiasti che i detrattori dello strumento, sono le perplessità – o se si preferisce le preoccupazioni – sull’attuazione del Piano.
Al di là di ciò che si pensa del PNRR, quindi, i dati relativi all’attuazione sono fondamentali, per comprendere come stiamo procedendo e quello che presumibilmente ci attende. È dunque certamente interessante il fatto che i dati “ufficiali” del PNRR siano stati messi a disposizione in formato aperto ed accessibile.
Cosa ci dicono gli Open Data sul PNRR
Quando si “danno i numeri” sui quasi 198.000 progetti del PNRR, è frequente (e ragionevole) prendere l’insieme più ampio (e non validato, come descriveremo tra poche righe) degli ultimi dati disponibili sul portale ItaliaDomani (aggiornamento dichiarato al 13/06/23). Così facendo, si trovano progetti legati al PNRR per un finanziamento totale di 151,77 Mld di euro, di cui 105,68 Mld finanziati dal PNRR in senso stretto. Il finanziamento pubblico complessivo risulta di 141,22 Mld e quello privato pari a 7,94 Mld di euro.
Questi numeri, per quanto impressionanti nei loro valori assoluti, sono assai poco indicativi del numero e valore di progetti effettivamente attivi, perché non hanno superato neppure il processo di validazione formale del dato. Come spiega il portale, “[l]a validazione è il consolidamento periodico delle informazioni relative all’avanzamento fisico, procedurale e finanziario dei progetti presenti sulla piattaforma ReGiS, a fronte dall’esito dei controlli automatici di coerenza dei dati inseriti a sistema dai Soggetti Attuatori e delle opportune verifiche amministrative poste in essere dalle Amministrazioni.” In altre parole, il dato minimamente affidabile e coerente dovrebbe essere quello validato.
Ebbene, è così? E cosa ci dicono i dati validati? Il numero totale di progetti scende (come è ragionevole aspettarsi, se il controllo è più stringente) ad 80.000 (il 40%), il finanziamento totale scende a 86,93 miliardi di euro (il 57%), il finanziamento pubblico complessivo a 75,69 Mld, mentre il finanziamento privato sale (!) a 10,61 miliardi (apparentemente, oltre un terzo in più, in valore assoluto!). Quest’ultimo punto è sorprendente e probabilmente indice di errori.
Problemi di qualità del dato
Infatti, possiamo sicuramente sbagliarci, ma il dato sui finanziamenti privati pare viziato da errori formali, che rendono la ricerca di altre ragioni o analisi più approfondite del fenomeno “crescita del finanziamento privato” abbastanza velleitarie, in assenza di un approfondito lavoro di data quality. Per sostanziare la nostra ipotesi, facciamo un esempio: per il progetto relativo alla Realizzazione di un impianto fotovoltaico e intervento complementare presso una singola azienda agricola (che non citiamo, perché probabilmente estranea a questo grossolano errore), il maggior finanziamento privato ammonterebbe a 381 milioni di euro. Il finanziamento PNRR per questo progetto sarebbe di 254.011 euro ed il finanziamento totale 635.027, con “altre fonti” valorizzate a -380 milioni circa. Ovviamente, calcolatrice alla mano, possiamo ipotizzare che l’effettivo contributo privato ammonti a 381.016 euro e che simili correzioni “per differenza” delle “altre fonti” possano applicarsi in altri casi (forse nella maggior parte di quelli che riportano sospetti “altri fondi” negativi?). Tuttavia, lo scopo di questo articolo non è un’approfondita disamina della qualità del dato, per cui ci fermiamo qui nell’analisi dei dati “validati”. E comprendiamo perché la maggior parte degli annunci siano fatti sui valori “complessivi”, che appaiono meno rappresentativi delle realtà progettuali in essere, ma almeno più coerenti e credibili (almeno finché non ci sarà un adeguato passaggio sulla qualità del dato).
Forse non serve fare altri esempi, ma a supporto del fatto che il dato, per quanto ufficiale e formalmente “validato”, non è scevro da problemi di qualità, possiamo citare un altro caso emblematico: l’aggiudicazione “futura” più distante nel tempo tra i dati “validati” è attribuita ad un investimento con data di aggiudicazione definitiva 24/05/2029. Si tratta verosimilmente di un banale errore di battitura (24/05/2029 anziché 24/05/2019), considerato che la data di avvio contratto, per il medesimo intervento, su ContrattiPubblici.org risulta essere il 4/10/2019. L’assenza di verifica per una data così palesemente fuori dal range atteso, suggerisce che anche altri dati immessi in modo scorretto, anche non altrettanto chiaramente visibili, possano alterare i risultati. Consola solo parzialmente che, tra i dati del più ampio dataset non validato, l’aggiudicazione futura più remota sia del 31/08/2201.
Eventuali trend di accelerazione o decelerazione nell’implementazione del PNRR
Considerando i temi di qualità del dato di cui sopra, che impediscono un’affidabile analisi del dato grezzo, nonché l’esistenza di numerose attività di analisi, integrazione e pulizia degli Open Data di ItaliaDomani (citiamo in particolare pnrr.datibenecomune.it, promosso da ActionAid Italia, OnData e Transparency International Italia, e openpnrr.it, di Openpolis), per provare a portare una nuova prospettiva rispetto all’analisi dello stato di avanzamento del PNRR, abbiamo seguito un’altra via. Abbiamo estratto dagli open data di ItaliaDomani (per sicurezza, sia quelli validati che quelli del dataset “Universo Regis”, non ancora validati) tutti i singoli codici identificativi gara (CIG) citati e li abbiamo caricati sulla piattaforma ContrattiPubblici.org, che integra tutte le informazioni disponibili sulle aggiudicazioni dei contratti pubblici, a partire da diverse fonti. (Naturalmente, data la presenza di molteplici errori nelle fonti, anche la piattaforma ContrattiPubblici.org non può garantire l’assenza di dati anomali, tuttavia l’incrocio di più fonti ed un lavoro attivo di data curation mirano a ridurre questi problemi il più possibile.)
Per quanto i contratti pubblici (acquisto di lavori, beni e servizi sul “mercato”, aziende in-house comprese) non siano l’unico “canale di trasmissione” del PNRR all’economia, si tratta di una prospettiva significativa e che può mostrare eventuali trend di accelerazione o decelerazione nell’implementazione del PNRR stesso.
L’attività di ricerca dei CIG ci ha permesso di estrarre quasi 80.000 CIG, che identificano altrettante procedure di affidamento (gare a lotto unico, singoli lotti di gare più grandi, affidamenti diretti o altre procedure che fanno nascere un contratto per la fornitura ad una stazione appaltanti di lavori, beni o servizi). Sulla piattaforma ContrattiPubblici.org, tali CIG si traducono nei volumi economici rappresentati in Tabella 1. Prima di commentare questi dati, è opportuna una premessa metodologica: (a) da un lato, nella piattaforma ContrattiPubblici.org potrebbero non essere ancora presenti informazioni riguardo alcune procedure di affidamento: per quanto quasi tutti i singoli CIG trovati abbiano avuto una corrispondenza in piattaforma, in alcuni casi l’aggiudicatario potrebbe non essere ancora noto anche per gare già concluse, e questo potrebbe portare a sottostimare lo stato di avanzamento del PNRR – il lavoro di integrazione tra i dati di ContrattiPubblici.org e l’ultima release degli Open Data di Regis è attualmente in corso (rallentato dai temi di data quality di cui sopra); (b) dall’altro, molte procedure di affidamento consistono in accordi quadro o convenzioni, seguiti da successive adesioni: sommare sia il valore dell’accordo quadro che delle sue adesioni rischia di sovrastimare lo stato di avanzamento del PNRR. In questo caso, abbiamo tuttavia preferito rischiare di sovrastimare il dato, considerando tutte le procedure (anticipiamo che questa sovrastima potrebbe aggirarsi attorno a 1,69 Mld, il valore totale degli accordi quadro da noi mappati, e forniremo sotto alcuni dati che escludono gli accordi quadro dal computo, per mostrare come ciò modifichi il trend).
In sintesi, parliamo di 11,49 Mld di euro di procedure di affidamento (vedremo tra un attimo, non necessariamente già aggiudicate) di 8.963 diverse stazioni appaltanti.
Per ciò che riguarda le procedure di cui si conosce almeno un vincitore, e che dunque sono state sicuramente aggiudicate, facciamo riferimento alla Figura 2.
Parliamo qui di 51.737 contratti tra 8.190 stazioni appaltanti e 30.430 fornitori, per un ammontare complessivo di 10,2 Mld di euro ed un valore medio di 202 mila euro. La distribuzione dei valori dei singoli contratti è visibile in Figura 3.
Prendendo solo le procedure con base d’asta nota (che sono solo una parte del totale, per la precisione 36 mila), il ribasso medio è stato del 3% (pari ad un terzo del ribasso medio nel database di ContrattiPubblici.org, ma ammettiamo che si tratti solo di un indizio da approfondire… che potrebbe anche rivelarsi la tipica “media del pollo”).
Si noti anche che i 30.430 fornitori distinti possono essere coinvolti come unico fornitore, ma anche tramite Raggruppamenti Temporanei d’Impresa, o RTI (il cui importo è visualizzato in azzurro nel grafico).
Tornando sul tema di rischio di double counting, il grafico escludendo gli accordi quadro (ma includendo le relative adesioni) sarebbe il seguente:
Cosa hanno comprato le pubbliche amministrazioni
E cosa hanno comprato le pubbliche amministrazioni?
Questa la tag cloud, che prende a riferimento tutti gli 80 mila CIG, pesata per valore delle procedure:
e qui la vista più per specialisti, per categoria merceologica (CPV):
Per valore, le costruzioni (col 22,5% del valore) la fanno da padrone (assieme ai loro servizi di progettazione ed ingegneria, col 9,4%). A grande distanza, 2,2%, i servizi ICT.
Un altro modo di analizzare la spesa passa per l’associazione tra i contratti ed i codici Ateco (la specializzazione per ambito produttivo dell’azienda aggiudicatrice, registrata in Camera di Commercio). Questi i codici Ateco più rappresentati nel campione, coerenti con l’analisi merceologica: 41.20.00 — Costruzione di edifici residenziali e non residenziali (per i vincitori di 7 mila contratti); 43.21.01 — Installazione di impianti elettrici in edifici o in altre opere di costruzione (inclusa manutenzione e riparazione) (5 mila contratti); 42.11.00 — Costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali (3 mila contratti); 71.1 — Attività degli studi di architettura, ingegneria ed altri studi tecnici (1.871 contratti). Seguono poi 46.46.30 — Commercio all’ingrosso di articoli medicali ed ortopedici (1.486 contratti) e 62.01.00 — Produzione di software non connesso all’edizione (1.395 contratti). A seguire installazione di impianti, studi di ingegneria e servizi di progettazione, preparazione di cantieri edili.
Il numero di contratti sul campione complessivo, anche non ancora aggiudicati (o comunque aggiudicazione non nota) sono riportati nella tabella seguente:
Può essere utile tenere a mente questi ordini di grandezza, quando si parla del numero di procedure di affidamento che sarebbe necessario effettuare per l’implementazione del PNRR.
Cosa possiamo ricavare dai dati ufficiali
Da quanto abbiamo visto i dati ufficiali sono meno attendibili di quanto ci si sarebbe atteso ed è certamente essenziale che vengano quanto prima ricontrollati e “ripuliti” dagli errori, partendo da quelli più macroscopici, per arrivare a quelli più nascosti.
Una cosa, intanto, la possiamo però ricavare. Per quanto i macro dati mostrino un progressivo miglioramento in termini di attuazione degli interventi, l’accelerazione che si nota non sembra essere così significativa da metterci al riparo dal rischio di non traguardare gli obiettivi. Inoltre, vi è una concentrazione altissima di “micro- interventi”, quelli cioè che prevedono affidamenti di importo inferiore alla soglia di affidamento diretto, che sembrerebbe confermare un’eccessiva parcellizzazione delle iniziative, con conseguente ridotto impatto atteso in termini di trasformazione del Paese e traino dell’economia.
Il trend di crescita degli appalti pubblici emerge anche dai dati della relazione dell’ANAC 2023 sull’attività 2022, presentata a giugno scorso. Nello scorso anno (quindi a legislazione invariata ante riforma) il valore complessivo degli appalti di lavori, servizi e forniture di importo superiore a 40.000 euro è risultato di 289,8 miliardi di euro, a fronte dei quasi 207,7 miliardi dell’anno precedente, con un incremento del 39,5% rispetto al 2021 (+82,1 miliardi di euro) e del 56,2% rispetto al 2020 (+104,2 miliardi di euro), quando il valore degli appalti si era attestato su 185,6 miliardi. In totale vi sono state, al netto degli affidamenti diretti sotto i 40.000 euro, 233.000 procedure. Secondo l’Autorità la crescita è dovuta “in buona parte agli appalti finanziati dalle consistenti risorse stanziate con il Pnrr”.
In quest’ottica va considerato che i dati su cui abbiamo ragionato sono aggiornati al 13 giugno 2023, ovvero prima della fatidica data in cui hanno “acquistato efficacia” le norme del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato con il D.Lgs. 36/2023.
È più che verosimile che, quando saranno disponibili i dati relativi alla seconda metà di giugno e ai primissimi mesi di concreta operatività del nuovo Codice, si noterà una vera e propria impennata, frutto della massiva corsa all’acquisizione di CIG per l’avvio di procedure di affidamento a ridosso della data del 1° luglio 2023, in modo da dribblare le problematiche relative, in particolare per gli investimenti finanziati con risorse in tutto o in parte rinvenienti dal PNRR, all’efficacia delle nuove disposizioni.
Il vero banco di prova lo si dovrebbe avere a distanza di qualche tempo, quando le procedure avviate ante 1° luglio saranno concluse e verranno censite solo quelle successive.
Difatti, se è assolutamente fisiologico – a prescindere dalla bontà o meno della riforma – che all’indomani dell’operatività di un nuovo Codice le procedure di affidamento dei contratti pubblici subiscano una brusca frenata per poi tornare a crescere gradualmente, con una velocità direttamente proporzionale all’effettiva semplificazione e chiarezza delle nuove norme, nel caso dei contratti finanziati con le risorse PNRR questa dinamica potrebbe presentare delle imprevedibili anomalie.
Ciò in quanto, di solito, quello che determina l’iniziale battuta d’arresto è la scarsa dimestichezza con il nuovo quadro normativo e la conseguente minore velocità di predisposizione dei documenti di gara, in considerazione anche dell’inutilizzabilità, in tutto o in parte, dei modelli e dei bandi-tipo disponibili, delle prassi consolidate, degli orientamenti giurisprudenziali formatisi in relazione all’uno o all’altro aspetto critico.
Nel caso di specie, tuttavia, il rallentamento che potrebbe colpire le procedure di affidamento targate PNRR dipenderebbe, oltre che da quanto detto sopra, anche dall’oggettiva difficoltà per le stazioni appaltanti di comprendere quale sia esattamente il set normativo da applicare nel caso concreto.
Le criticità del post primo luglio per i contratti PNRR
Di quanto detto in ordine al fisiologico shock subito dalle procedure di affidamento dei contratti pubblici per effetto dell’entrata in vigore di una riforma, il Legislatore delegato del Codice 2023 era evidentemente conscio.
Ci si trovava, tuttavia, preda di un irrisolvibile dilemma: da un lato la riforma della materia dei contratti pubblici costituiva essa stessa una misura e un obiettivo PNRR, il cui conseguimento era quindi ineludibile per dare attuazione al Piano Nazionale, dall’altro riformare il pur tanto criticato Codice del 2016 avrebbe certamente prodotto un rallentamento degli affidamenti che, nel caso degli investimenti PNRR non era tollerabile.
Si è tentata, quindi, la tecnica dell’”un colpo al cerchio e uno alla botte” per cercare di mantenere in carreggiata la tabella di marcia dell’attuazione.
L’art. 225 comma 8 del nuovo Codice, difatti, ha previsto che “In relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018.”
Se la ratio – creare la minore possibile turbolenza relativamente all’affidamento di contratti PNRR – è certamente chiara, non altrettanto può dirsi per la formulazione della previsione normativa, in particolare se letta in combinato disposto con un altro articolo del nuovo Codice: il 226 comma 5, che recita “Ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso”.
Ne conseguirebbe, dunque, che anche nelle disposizioni della decretazione d’urgenza richiamate specificamente dall’art. 225 comma 8, nonché in relazione a qualsivoglia ulteriore – e non meglio definita – disposizione legislativa finalizzata a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, gli eventuali richiami al D.Lgs. 50/2016 dovrebbero intendersi fatti alle corrispondenti disposizioni del D.Lgs. 36/2023, a meno di non ritenere che la specifica norma dell’art. 225 in qualche modo deroghi alla previsione generale del 226, consentendo l’ultrattività delle disposizioni del vecchio codice.
L’ANAC ha pubblicato il 7 luglio l’aggiornamento del Bando-tipo n. 1/2023 relativo agli affidamenti sopra soglia di servizi e forniture, alle disposizioni del nuovo codice, inserendo delle clausole specifiche per quanto attiene agli affidamenti PNRR, confermando anche per questi ultimi l’interpretazione per la quale si applicano comunque le disposizioni del D.Lgs. 36/2023. Il bando tipo, tuttavia, oltre a non avere forza di legge, è comunque limitato ai soli servizi e forniture sopra soglia, il che lascia intatte le problematiche relative alle specifiche disposizioni da richiamare per le altre tipologie e soglie di affidamento.
In sostanza, non è semplice comprendere, per gli affidamenti PNRR, quali siano le norme in concreto da applicare e, ad esempio, come regolarsi nel caso in cui una disposizione del nuovo Codice risulti, rispetto ad una disposizione semplificatoria e agevolatrice contenuta nella decretazione di urgenza citata all’art. 225 c. 8, in concreto ancor più semplice. Va da sé che ipotizzare che debba essere la stazione appaltante ad operare di volta in volta tale valutazione, individuando la norma da applicare nella fattispecie, costituirebbe di per se stesso un rallentamento e un ostacolo alla fluidità delle procedure.
La questione è tutt’altro che banale, perché anche il semplice aggiornamento dei riferimenti di legge e dei format utilizzati dalle stazioni appaltanti fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2023 potrebbe avere un notevole impatto sui tempi di affidamento dei contratti PNRR.
Cosa servirebbe per far marciare meglio l’attuazione del PNRR?
Da questa prima e necessariamente sommaria analisi, risulta che le azioni più urgenti da mettere in campo per favorire l’attuazione del PNRR sono:
- Attività di data quality volte a rendere effettivamente attendibili i dati ufficiali disponibili sullo stato di attuazione del PNRR. Si tratta di un passaggio fondamentale perché solo avendo contezza dell’andamento effettivo del Piano si potranno mettere a fuoco le criticità e determinare tempestivamente ed efficacemente le azioni correttive conseguenti.
- Chiarimenti attraverso provvedimenti ufficiali – se del caso anche di modifica alle norme del D.Lgs. 36/2023 – in relazione a quali siano specificamente le norme da applicare nel caso di affidamenti relativi a contratti finanziati in tutto o in parte con risorse del PNRR, superando il rinvio generico alle “specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR”.
- Messa a disposizione delle stazioni appaltanti di ulteriori supporti operativi, quali ad esempio i bandi tipo per le ulteriori tipologie di affidamento, diverse dall’appalto di servizi sopra soglia aggiudicati sulla base del rapporto qualità/prezzo, oggetto del Bando tipo m. 1/2023, considerando anche il fatto che – statisticamente – la parte più consistente degli affidamenti PNRR è nel settore dei lavori.
Non resta quindi che attendere fiduciosi i nuovi e verificati dati sull’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per proseguire nell’analisi.