La banca dati nazionale dei contratti pubblici è una leva per garantire i principi di trasparenza e pubblicità nel settore degli appalti della PA. Il Decreto Semplificazioni, numero 77/2021, ne ha ampliato l’ambito di applicazione: vediamo in che modo.
Contratti pubblici, i principi
Le conseguenze economiche della pandemia hanno imposto a tutti gli Stati una riorganizzazione della domanda pubblica per assicurare la qualità della contrattazione pubblica. E così si rincorrono parole come informatizzazione, piattaforme, trasparenza, pubblicità e accountability. Il tutto per dare agli utenti ma anche alla stessa PA uno strumento per favorire il controllo delle politiche pubbliche.
Si richiede di garantire efficienza, correttezza e integrità sia nella fase di selezione del contraente sia in quella di esecuzione delle prestazioni contrattuali, determinando anche una ridefinizione del ruolo delle amministrazioni aggiudicatrici. La trasparenza e la pubblicità sono principi essenziali dei contratti pubblici, poiché costituiscono il presupposto dell’imparzialità e della non discriminazione tra operatori economici, favorendo una più ampia partecipazione alle procedure di selezione dei contraenti attraverso la messa a disposizione delle informazioni.
Che cos’è la Banca dati nazionale dei contratti pubblici
La forma prescelta dal legislatore per sintetizzare i principi sin qui descritti è la valorizzazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Nata nel 2010 al fine di favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi di carattere informativo e assicurare il corretto agire della pubblica amministrazione, ha costituito uno dei primi, se non il primo, esempio di contenitore di dati dal potenziale considerevole in possesso delle amministrazioni locali situate in territori geograficamente distanti e diverse per dimensioni e competenze.
Banca dati nazionale dei contratti pubblici, cosa dice il DL Semplificazioni
Il DL Semplificazioni prevede all’articolo 53 che tutte le informazioni inerenti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione, alla scelta del contraente, all’aggiudicazione e all’esecuzione di lavori, servizi e forniture relativi all’affidamento, inclusi i concorsi di progettazione e i concorsi di idee e di concessioni, vengano gestite e trasmesse tempestivamente alla Banca Dati Nazionale dei Contratti pubblici dell’ANAC attraverso le piattaforme telematiche ad essa interconnesse (le piattaforme e-procurement delle stazioni appaltanti). La titolarità della banca dati sarà interamente di ANAC, che riceve il testimone dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti.
A distanza di dieci anni dalla sua creazione non si è sfruttato in pieno il suo ruolo di decision making possibile attraverso la comprensione in dettaglio di come vengono impiegati i soldi pubblici e quali sono i fornitori, la distribuzione geografica delle stazioni appaltanti in riferimento ad un ambito preciso e quale lasso di tempo intercorre tra la pubblicazione del bando, l’aggiudicazione e la stipula del contratto.
L’impatto sulle imprese
È utile sottolineare che il funzionamento della banca dati gioverebbe non solo alla trasparenza ma anche alle imprese, in specie le più piccole, che potrebbero essere sgravate dalla riproposizione di numerosi documenti e informazioni già in possesso delle varie amministrazioni, costituendo una sensibile riduzione sul piano dei tempi e dei costi amministrativi. Un’opera di semplificazione immediatamente percepibile dagli operatori economici che, troppo spesso, lamentano la distanza tra l’effetto annuncio delle riforme e la reale ricaduta nella vita quotidiana.
La necessità di cooperazione tra PA
In Italia si individuano 20 Regioni, 110 province e 8.057 comuni, di cui 5.652 con popolazione pari o inferiore ai cinquemila abitanti, come strutture dotate della capacità contrattuale. La mancanza di una cooperazione tra le singole amministrazioni, l’oggettiva carenza di risorse e professionalità adeguate a livello locale e la frammentazione della raccolta su base regionale costituiscono ancora le principali criticità che sembrano opporsi al pieno sviluppo di tali strumenti, limitando l’elaborazione dei dati a livello nazionale.
Anche in questa occasione, che potrebbe essere determinante per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Dl 77/2021 si limita ad elencare una serie di attività senza prevedere tempi di attuazione, né una disciplina transitoria, lasciando le stazioni appaltanti nell’incertezza applicativa e in attesa che la nuova banca dati venga resa disponibile ed operativa. Perché tale rilevante novità nei contratti pubblici sia resa efficace occorrerà l’attuazione dell’articolo 44 del Codice dei contratti pubblici, che prevede l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti di digitalizzare le procedure d’acquisto. Al momento si tratta di una previsione molto ottimistica, in quanto i dati effettivamente disponibili e acquisibili in via telematica sono soltanto quelli contenuti in documenti già disponibili in forma digitale o acquisiti in banche dati presso gli Enti certificatori.
Conclusione
Democratizzare i dati e avvicinarli agli utenti non è sufficiente se poi non ci sono gli strumenti per utilizzarli o se i dati vengono esposti solo in minima parte. Prendersi cura del res publica significa contribuire a rendere migliore il territorio in cui si vive e si lavora. E a rendere migliore chi quel territorio lo amministra.