Lo scenario

BIM, la formazione come strumento per la digitalizzazione del settore edile

A cosa serve la formazione nel BIM – Building Information Modeling e in che misura le procedure d’acquisto possono essere influenzate dalla qualità delle competenze acquisite per migliorare i servizi della PA

Pubblicato il 30 Dic 2019

Liliana Bonfiglio

Project Manager nel settore della formazione e qualificazione professionale. Membro del Consiglio Nazionale di IBIMI-buildingSMARTItalia

Danilo Camerini

Consulente nel mercato della gestione e conservazione documentale. Membro del Consiglio Nazionale di IBIMI-buildingSMARTItalia

building information modeling, smart building, domotica 4.0

L’accelerazione che la diffusione del BIM sta vivendo all’interno del settore delle costruzioni impone ai professionisti della filiera l’aggiornamento continuo rispetto a nuove tecnologie, flussi di lavoro e protocolli. Serve formazione. La metodologia di modellazione digitale sta diventando sempre più un requisito obbligatorio nello sviluppo di progetti nel contesto mondiale (in Italia dal primo gennaio 2019). Sebbene siano stati compiuti molti progressi negli ultimi anni, sono ancora necessari molti sforzi per estendere l’offerta formativa BIM oltre i confini strettamente professionali e incoraggiare le parti e in particolare la pubblica amministrazione (ma non solo), ad adottare culturalmente un approccio collaborativo rispetto alla metodologia digitale.

Il contesto

A livello nazionale e internazionale gli stakeholder del settore – siano essi professionisti, accademici o produttori di software – sono coinvolti in una ridefinizione dei confini della loro attività, degli strumenti di lavoro e delle tecnologie a crescente complessità, la cui applicazione ed utilizzo richiede lo sviluppo di ampie capacità professionali, tecniche e gestionali. Gli operatori devono adeguare incessantemente la loro conoscenza e abilità alle esigenze di un mercato in continua evoluzione e con proprietà transfrontaliere di lavoro rese possibili dalle caratteristiche di condivisione insite nel metodo BIM.

Se da un lato alle figure tradizionali del processo di progettazione è richiesto di aggiornarsi, il processo BIM sta creando l’esigenza di disporre anche nel resto della filiera di figure professionali dotate di nuove competenze manageriali, informatiche e di trattamento dei nuovi dataset. Sulla spinta proveniente dalle richieste del mercato, le aziende del settore delle costruzioni stanno cominciando ad investire nella formazione BIM con un chiaro focus sullo sviluppo di competenze tecniche, così come gli ordini professionali e le università, hanno iniziato – seppur lentamente – ad offrire opportunità di formazione alla nuova metodologia digitale di modellazione.

La qualificazione della domanda

La sfida si trasferisce nel campo dello sviluppo di un sistema di responsabilità connesso alla gestione della cosa pubblica rappresentata dalla formulazione e gestione di una committenza consapevole in un settore, quello della costruzione, la cui evoluzione si traduce sia nello sviluppo di nuove modalità di organizzazione dei ruoli degli operatori sia in una domanda di qualità. Si potrebbe dire in altre parole che la committenza si trova a dover mettere in atto tutti quei meccanismi capaci di assicurare il controllo totale della catena di produzione compiuta da operatori illuminati e tecnicamente formati per guidare in modo sicuro e chiaro l’intero processo produttivo della costruzione. Ma la realtà per ora è assai diversa.

La committenza è rappresentata da operatori che affrontano la propria attività secondo una federazione di ruoli assai differenti nel processo decisionale: ci sono i tecnici veri e propri, coinvolti nel processo per la definizione delle esigenze secondo parametri e grandezze tecniche ed il personale dei comparti amministrativi ed economici, la cui funzione e responsabilità è principalmente di indirizzo strategico, ovvero quella di committenti che mantengono esclusivamente il controllo e la gestione della decisione pur non avendo la capacità tecnica di base per assicurare anche quel minimo controllo tecnico della realizzazione (cultura BIM).

Stessa ed identica situazione si pone, seppur di segno opposto, nel mondo dei fornitori dove l’imprenditore è risorsa maggiormente impegnata sul piano del business e spesso avulsa dalle conoscenze squisitamente tecniche mentre i suoi collaboratori specializzati sul piano tecnico tradizionale ma con una limitata formazione specifica nell’ambito della digitalizzazione. Quando l’appaltatore si trova così di fronte allo stimolo posto dall’esposizione illuminata delle esigenze della committenza, risponde talvolta contrapponendo, non disponendo speso di una cultura digitale adeguata, una risposta tecnico – economica – progettuale non all’altezza delle richieste. Lungo è il cammino che porta ad una offerta complessa che, oltre a dover essere centrata e mirata in risposta alle problematiche da risolvere, deve essere portatrice di un contenuto tecnico e di innovazione al passo con i tempi e, come nel caso delle infrastrutture civili, capace di sfidare l’usura del tempo. Quindi fattore comune tra i comparti (committenti e appaltatori), seppur nei differenti ambiti, rimane la necessità di affrontare la questione della formazione quale chiave di lettura per aumentare la qualità della domanda da una parte e qualificare realmente l’offerta dall’altra.

La formazione quale leva di innovazione

La formazione è stata già ritenuta dal legislatore una leva imprescindibile per il perseguimento delle finalità previste dall’art. 1 – comma 1 – del D. Lgs. 165/2001 e s.m.i.:

  • accrescere l’efficienza delle amministrazioni,
  • razionalizzare il costo del lavoro pubblico,
  • realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane.

Quando si parla di qualità di risorse umane, non si può prescindere dall’elemento fondamentale che è rappresentato dalla formazione permanente del personale, vero e proprio “motore” dei processi di cambiamento e innovazione della macchina economica.

La formazione permanente nella digitalizzazione del costruito, più che altrove, deve assumere le caratteristiche di una dimensione costante e fondamentale del lavoro e uno strumento essenziale nella gestione delle risorse umane. Le organizzazioni (pubbliche o private che siano) per gestire il cambiamento e garantire un’elevata qualità dei prodotti e servizi, devono oggi più che mai fondarsi sulla conoscenza e sullo sviluppo delle competenze (aumento della qualità della domanda), facendo in maniera tale che la formazione diventi una componente essenziale di quello che può essere definito “benessere organizzativo” (quindi azione sistemica). Secondo i dati Inapp oggi disponibili (2017), su 2,5 milioni di adulti tra i 25 e i 64 anni di età che hanno partecipato a corsi di formazione, solo il 20,6% ne ha beneficiato nel settore delle costruzioni, posizionandosi al secondo posto per volumi di corsi tra i servizi (21,7%) e l’industria (20,4%). Si potrebbe dire “non male” se l’Italia non comparisse però al 16° posto in Europa per numero di “formati” con un 7,3%, contro una media europea del 10,7%.

I sistemi di formazione continua devono presentarsi come elemento per rafforzare l’integrazione con l’organizzazione del lavoro, migliorare il riconoscimento per il raggiungimento degli obiettivi, sviluppare percorsi educativi anche in considerazione di quelli che sono e che saranno i fabbisogni professionali dei prossimi anni, rendendo trasparenti ed in equilibrio con i bisogni individuali, i processi di qualificazione e progressione degli operatori di processo. La valorizzazione delle risorse umane, partendo dal management fino al personale esecutivo ed operativo, è un elemento imprescindibile per la crescita complessiva quantitativa-qualitativa dei servizi erogati da una qualsiasi entità. Per realizzare questo processo di valorizzazione, il soggetto attuatore, nel porre le politiche formative al centro del processo di sviluppo del personale, deve definire un piano di formazione che deve, al contempo, essere sia uno strumento di programmazione snello e concentrato sui progetti formativi, sia commisurato al ruolo che il singolo individuo rappresenta nella filiera del processo. Ciò consente di assicurare una maggiore incisività delle azioni formative in modo che le proposte sviluppate si riflettano positivamente sulla crescita delle competenze del personale. Queste ultime sono decisive per la capacità delle organizzazioni di acquisire conoscenza e di utilizzarla per innovare e l’innovazione esige, oggi più che mai, l’acquisizione di competenze trasversali e multidisciplinari.

La formazione nel contesto edile svolge un ruolo centrale per la manutenzione di competenze esistenti, per lo sviluppo di nuove figure professionali e per la riqualificazione di quelle presenti, tenuto conto che la digitalizzazione impone una ridefinizione dei processi analogici precedentemente impiegati. La formazione diviene così un valore aggiunto per il personale, in particolar modo in periodi come quello che sta investendo attualmente la Pubblica Amministrazione, in cui gli apparati pubblici e le rispettive funzioni e procedure sono travolti da continue modifiche normative, volte a cambiare il modo di lavorare nei contesti di riferimento degli enti pubblici.

La formazione per le procedure di gara

In base al Codice appalti (artt. 37 e 38) la gestione di una procedura di gara non è un compito eseguito casualmente da qualsiasi stazione appaltante, ma è:

  • una funzione specializzata che richiede professionalità adeguate al tipo di contratto che si vuole aggiudicare. Le stazioni appaltanti possono svolgere soltanto le procedure di gara per le quali sono qualificate.
  • un’attestazione che viene conseguita, all’esito di una procedura di valutazione effettuata in rapporto agli ambiti di attività, ai bacini territoriali, alla tipologia e alla complessità del contratto. Detta valutazione viene effettuata in relazione alle diverse attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, di un servizio o di un lavoro. Verranno così considerate la capacità di programmazione e progettazione; la capacità di affidamento; la capacità di verifica sull’esecuzione e controllo dell’intera procedura.

Il possesso di tali capacità è valutato sulla base di requisiti di base e requisiti premianti, tra i quali ricordiamo:

  • l’esistenza di una struttura organizzativa stabile per la gestione delle procedure di gara,
  • la presenza di dipendenti con specifiche competenze,
  • l’esistenza di sistemi di formazione e aggiornamento del personale,
  • il numero di gare svolte negli ultimi tre anni,
  • il rispetto dei tempi previsti per il pagamento di imprese e fornitori.

I requisiti premianti riguardano inoltre: l’adozione di misure di prevenzione della corruzione, l’utilizzo di tecnologie telematiche, la presenza di sistemi di gestione della qualità, il ricorso a criteri di sostenibilità ambientale e sociale negli affidamenti e i livelli di gestione nel contenzioso. Il modello del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti costituisce riferimento fondamentale. L’attitudine alla gestione della spesa così viene perseguita rendere responsabili attraverso la consapevolezza delle stazioni appaltanti circa la scelta se affidarsi a soggetti qualificati o gestire direttamente gli acquisti attrezzandosi in modo adeguato, passando certamente per la qualificazione delle competenze del personale adibito allo scopo.

Difficoltà e ostacoli nell’adozione del BIM

Sebbene il BIM continui a diffondersi per essere utilizzato in maniera più ampia, oltre alla fisiologica resistenza al cambiamento, continua a mancare di una definizione delle mappe di processo e di quadri normativi condivisi. Tuttavia, queste assenze sono compensate dai potenziali del BIM (come processo integrato) come catalizzatore di cambiamenti pronti a ridurre la frammentazione del settore, volto a migliorarne l’efficienza / efficacia e a ridurre i costi di interoperabilità.

L’importanza del BIM, come metodologia emergente, è alimentata dalla crescente disponibilità di sistemi di elaborazione potenti, di applicazioni mature, di quadri normativi sempre più tutelanti e di tavoli di discussione sull’interoperabilità aperti e vivaci in cui le associazioni di settore giocano un ruolo fondamentale di disseminazione. Per la maggior parte degli stakeholder del settore (come progettisti, ingegneri, clienti, imprese di costruzione, facility manager, governi …) BIM non è un termine nuovo ma rappresenta la maturità commerciale e la disponibilità degli stessi concetti di ricerca.

Digitalizzazione e produzione edile

I processi di digitalizzazione stanno incidendo anche sui processi produttivi del settore delle costruzioni, sull’attività di progettazione, sull’attività di pianificazione. Siamo in presenza dell’avvio di una fase di industrializzazione del processo attraverso la quale un numero sempre maggiore di componenti degli edifici e delle opere possono essere realizzati fuori cantiere e assemblati in loco. La stessa attività di cantiere (come avviene in fabbrica 4.0) viene compiuta attraverso lo sviluppo di apparecchiature che coadiuvano l’azione dell’uomo (ad esempio le stampanti 3D). Probabilmente stiamo assistendo alla prima rivoluzione industriale della storia del comparto, nel quale possono farsi largo concetti di ricerca applicata e sviluppo di start-up innovative.

L’altro aspetto dell’innovazione è connesso con la modellazione informatica e lo sviluppo di nuove forme di condivisione del dato e interoperatività tra gli attori della complessa filiera degli operatori delle costruzioni. L’attuale modello di comportamento vede coinvolti differenti soggetti, a seconda del loro tipo di coinvolgimento (nella promozione, progettazione, costruzione, manutenzione, rinnovo e demolizione, gestione di un bene costruito). Tenuto conto che i principali benefici provenienti dall’utilizzo della tecnologia BIM, correttamente e completamente sviluppata, si possono riscontrare:

  • nella comunicazione senza fine tra i diversi soggetti partecipanti al progetto;
  • nella visualizzazione 3D che consente in modalità immersiva di comprendere immediatamente e migliorare i tempi e i modi relativi alla decisione da parte dei clienti;
  • nel controllo automatico dell’adempimento delle normative;
  • nell’analisi rapida degli effetti progettuali sull’efficienza energetica;
  • nel calcolo dei costi di costruzione, gestione e manutenzione ad ogni variazione effettuata in sede progettuale;
  • nella verifica di disallineamenti ed errori fin dalla fase di progettazione evitandone il riscontro sul cantiere,
  • nella facilità e semplicità nelle decisioni di rinnovo e demolizione.

Si può comprendere facilmente come la simulazione dell’edificio si sta poi allargano alla simulazione del funzionamento dell’intera città.

Conclusione

Queste potenzialità tecnologiche richiedono modelli organizzativi profondamente ripensati e tempi di implementazione che non possono essere rapidissimi, ma tracciano con chiarezza le potenzialità dello sviluppo futuro, al centro del quale è posta la figura di un operatore di filiera perfettamente formato al compito che deve svolgere, meglio ancora se con competenze riconosciute a livello internazionale.

Risulta appropriato, in quadro come quello delineato, ritenere a ragione che una committenza dotta e consapevole crei un meccanismo virtuoso e iterativo: virtuoso perché adeguato alle esigenze della stazione appaltante (nessun aspetto progettuale considerato potrà essere in difetto o in eccesso rispetto alle esigenze individuate); iterativo perché ad ogni nuovo progetto l’aspetto qualitativo potrà essere migliorato (ciclo di Denim) portando così a una nuova commessa con un grado crescente di qualità rispetto alla analoga precedente.

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