smart procurement

Blockchain per l’eProcurement: ecco le nuove frontiere degli appalti pubblici

L’attuale sistema di eProcurement è un importante step per la digitalizzazione della PA, ma deve essere considerato solo un punto di partenza verso una contrattualistica pubblica che riesca a fare tesoro di tecnologie come blockchain e cognitive procurement. Ecco con quali vantaggi

Pubblicato il 26 Mar 2018

Pierluigi Piselli

Founding Partner Studio Piselli & Partners

Procurement

Se il MePA – il Mercato elettronico della Pubblica amministrazione – rappresenta un valido strumento nell’ottica della digitalizzazione, è opportuno tuttavia domandarsi se esistano nuove frontiere per ottimizzare e rendere smart le procedure di affidamento dei contratti pubblici da parte delle Pubbliche Amministrazioni e, quindi, anche al di fuori dei limiti previsti dal MePA, prima fra tutti i limiti imposti dalle soglie comunitarie e delle criticità già evidenziate.

Blockchain e cognitive procurement nella contrattualistica pubblica

Una prospettiva può essere ravvisata nell’utilizzo della tecnologia di blockchain e di cognitive procurement.

Come è noto, la tecnologia blockchain può essere definita come una piattaforma tecnologica abilitante transazioni in grado di generare contratti interagenti e autoeseguenti, attraverso l’impiego di regole e framework per esigere che una cosa sia fatta nella maniera desiderata.

Con il termine cognitive procurement, invece, vengono indicate quelle applicazioni tecnologiche che svolgono funzioni, normalmente spettanti ad esseri umani (il supporto alla strategia di acquisto, l’analisi reputazionale dei fornitori, la comprensione del testo contrattuale, il rispetto della compliance, il marketing di acquisto).

Queste funzioni sono rese possibili da sperimentazioni che – tra gli altri – hanno coinvolto strumenti di riconoscimento vocale, riconoscimento di scrittura anche manuale, riconoscimento di oggetti, machine learning e Programmazione Neuro Linguistica (PNL).

Da molti anni la tecnologia tenta di fare coincidere i processi informatici con il ragionamento umano e recenti scoperte nell’ambito della cosiddetta intelligenza artificiale hanno realizzato questo obiettivo.

La collaborazione tra informatici, neuroscienziati e linguisti ha permesso ai computer di utilizzare l’apprendimento automatico, l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) e l’analisi dei big data, per risolvere i problemi aziendali.

La domanda che ci si deve porre, nell’ottica di migliorare l’esistente, è se queste nuove tecnologie anche nella contrattualistica pubblica possano mettersi al servizio dei principi costituzionali quali il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni.

Come cambia la gestione degli appalti con la blockchain

In tempi nei quali si sente spesso parlare di malcostume e di corruzione negli appalti pubblici, la tecnologia può rappresentarne un antidoto?

Come possiamo immaginare gli appalti pubblici del futuro?

Quali competenze potrebbero sviluppare le Pubbliche Amministrazioni del futuro inevitabilmente prossimo?

Sicuramente, l’ingresso della tecnologia del registro digitale della Blockchain modificherebbe il modo in cui sono gestiti gli appalti, attenuando le attuali disfunzioni del sistema con l’utilizzo della trasparenza diffusa nell’uso in rete.

L’utilità di un simile strumento è evidente sia a valle, e cioè a processo di affidamento espletato nel corso dell’esecuzione del contratto, sia a monte, e cioè in fase di scelta del contraente, almeno in termini di controllo dell’ingresso dei soggetti nella gara, in relazione al possesso dei requisiti degli operatori economici che intendono contrarre con la Pubblica Amministrazione.

Blockchain opera, quindi, come una sorta di “libro mastro” digitale, in cui le transazioni sono registrate cronologicamente e pubblicamente. Blockchain è immutabile: una volta scritti i dati, questi non possono essere modificati, nemmeno dall’amministratore di sistema, con conseguente assoluta certezza dell’integrità dei contenuti a fini di controllo.

I giganti produttori di software sono già al lavoro nel brevettare anche meccanismi di ausilio a monte della contrattazione: consci delle ricadute positive di Internet e della globalizzazione nella gestione della supply chain, hanno riscontrato altresì momenti di spin-off derivanti dall'(umana) impossibilità di monitorare e gestire la crescente quantità di dati. A tale fine, si ragiona sulla creazione di veri e propri “assistenti digitali” nei processi di contrattazione al fine di semplificare la fase decisionale.

Blockchain ed eProcurement, servono competenze

Applicando tali meccanismi alla scelta del contraente pubblico da parte della PA, sarebbe rivoluzionaria la portata di strumenti di questo tipo all’interno del public procurement.

Si immagini una piattaforma virtuale e certificata all’interno della quale potrebbero iscriversi tutti i soggetti interessati, dal lato della domanda, e tutti i soggetti pubblici che necessitano dell’approvvigionamento di beni, servizi e lavori, dal lato dell’offerta, il tutto indicizzato sulla base di un numero svariato di fattori.

In questa direzione, del resto altri paesi si stanno già muovendo.

La Nesheconombank (VEB), Ente preposto allo studio dello sviluppo per la Russia, ha da tempo impegnato all’approfondimento delle possibili applicazioni della blockchain quale strumento per migliorare la qualità delle decisioni gestionali all’interno del settore pubblico, aumentando la trasparenza e riducendo i costi, studiando meccanismi per giungere a “pagamenti social” basati sulla blockchain e servizi elettronici per migliorare l’efficienza della governance pubblica e aziendale.

In una prospettiva di questo tipo, sulla scorta di quello che da noi potrebbe funzionare meglio e, soprattutto, nell’ottica di realizzare un mercato che sia garantito e certificato per gli utenti che ne usufruiscono, sfruttando le nuove tecnologie, risulta indispensabile per le Pubbliche Amministrazioni orientarsi verso l’acquisizione di nuove competenze.

In questa ottica, l’attuale sistema di eProcurement, pur rappresentando un primo e importante step verso la rivoluzione digitale della PA, non può certo definirsi come un punto di arrivo del processo di digitalizzazione dell’attività amministrativa, dovendosi, invece, considerarsi come punto di partenza verso lo smart-procurement.

È quindi necessario rendere effettivo il principio di unicità dell’invio delle informazioni e la riduzione degli oneri amministrativi, anche al fine di minimizzare i costi burocratici in capo alle stazioni appaltanti e facilitare i flussi informativi, riducendo in modo sensibile la complessità del procedimento di verifica dei requisiti in capo ai concorrenti.

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