Il correttivo al Codice Appalti viene approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri quando ancora mancano gran parte dei provvedimenti attuativi che, forse, avrebbero contribuito a rendere più agevole un lavoro che ha comportato circa 250 modifiche al provvedimento: è probabilmente questa la principale critica che viene mossa a un decreto che ha anche il difetto di arrivare sul filo di lana rispetto alle tempistiche (l’approvazione definitiva, in base alla legge delega, deve avvenire entro il 19 aprile), ma il pregio di aver introdotto una fase di consultazione con i principali soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa (che si è conclusa il 22 febbraio, ovvero il giorno prima dell’approvazione da parte del Governo). Il correttivo, lo ricordiamo è stato approvato dal Cdm il 23 febbraio, attua quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 1 della legge delega (legge 11/2016), in base alla quale il Governo può adottare «disposizioni integrative e correttive» entro un anno dall’entrata in vigore de Codice degli Appalti, legge 50/2016.
Registriamo una serie di elementi critici, che riguardano in particolare il criterio del minor prezzo, e non risparmiano gli aspetti maggiormente legati all’innovazione: Paola Conio sottolinea come innanzitutto manchino chiarimenti sui criteri di utilizzo del rapporto qualità/prezzo piuttosto che del minor prezzo, con un un passo indietro sul fronte dell’affidamento dei servizi di notevole contenuto tecnologico o di carattere innovativo. La versione originale della norma vieta in questi casi il criterio del minor prezzo a prescindere dall’importo dell’appalto, mentre il correttivo introduce una soglia a 40mila euro sotto la quale non c’è il divieto di utilizzare tale criterio.
Un altro punto rilevante sul fronte dell’innovazione riguarda l’appalto integrato (oggetto di critiche, fra l’altro, da parte del Consiglio nazionale degli Ingegneri, perché si perde la distinzione fra progettazione ed esecuzione). Di fatto, l’appalto integrato, quindi l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, viene riproposto «nei casi in cui l’elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell’appalto sia nettamente prevalente rispetto all’importo complessivo dei lavori, ovvero in caso di affidamento dei lavori mediante procedura di partenariato per l’innovazione o di dialogo competitivo». Lo prevede il comma 1-bis dell’articolo 59, che è una novità del Correttivo, insieme al seguente comma 1-ter, che stabilisce la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere all’affidamento di esecuzione e progettazione anche quando ricorrono i presupposti di urgenza.
Sul fronte della digitalizzazione delle procedure (articolo 44) non ci sono grandi novità: semplicemente si prevede che il decreto ministeriale applicativo non sarà di esclusiva competenza del ministero dei Trasporti ma anche del dicastero dell’Economia. Il Governo sottolinea come il lavoro fatto si sia concentrato in particolare su tre aspetti: modifiche di coordinamento delle varie parti del Codice, recepimento delle osservazioni del Consiglio di Stato e degli operatori di settore, e modifiche ad alcuni istituti rilevanti: oltre al già citato appalto integrato, obbligo dei parametri per calcolare i compensi per la progettazione (qui, invece, c’è il plauso del Consiglio degli Ingegneri), esclusione dei lavori di manutenzione ordinaria e di quelli eseguiti direttamente dall’obbligo di procedura pubblica, superamento di alcune rigidità sul front dei subappalti, soglia minima per il ricorso all’istituto del contraente generale.
Continueremo ad analizzare i nodi ancora da scogliere e a sviluppare il relativo dibattito, ma nel frattempo segnaliamo anche i punti a favore. Ad esempio, la qualifica di project manager che le linee guida dell’Anac (autorità nazionale anticorruzione) stabiliscono come necessarie per il ruolo del RUP, il responsabile unico del procedimento. Enrico Mastrofini e Franco Stolfi analizzano la portata di questa norma, anche in relazione alla (più vasta, e precedente) legislazione Usa in materia. L’Italia resta indietro rispetto alla situazione USA che applica i principi del project management a un’ampia gamma di tipologie di progetti (esterni, interni e misti), segnalano i due esperti, che comunque salutano con soddisfazione quella che definiscono una “timida applicazione” dei principi del project management delle procedure di appalto della PA italiana.
Le linee guida Anac rendono necessaria la qualifica di project manager per il RUP nel caso di appalti di particolare complessità, ritenendo «necessario enfatizzare le competenze di pianificazione e gestione dello sviluppo di specifici progetti, anche attraverso il coordinamento di tutte le risorse a disposizione, e gli interventi finalizzati ad assicurare l’unitarietà dell’intervento, il raggiungimento degli obiettivi nei tempi e nei costi previsti, la qualità della prestazione e il controllo dei rischi». Il ruolo del RUP è regolato dall’articolo 31 del Codice degli Appalti, sul quale il Correttivo non introduce particolari modifiche, limitandosi a precisare che le linee guida Anac devono prevedere (cosa che, peraltro, già fanno) i casi in cui il RUP può coincidere con il progettista, il direttore dei lavori o (questa la precisazione inserita) con il direttore dell’esecuzione. Il provvedimento dell’Anticorruzione prevede che la coincidenza di queste funzioni possa avvenire «a condizione che il RUP sia in possesso del titolo di studio, della formazione e dell’esperienza professionale necessaria e che non intervengano cause ostative alla coincidenza delle figure indicate nel presente documento».
Alle fondamentali novità che il Codice dei Contratti prevede per il ruolo dell’Anac dedichiamo specifico approfondimento di Ida Nicotra. Anac fa parte del Gruppo di lavoro della presidenza del Consiglio che sta mettendo a punto una proposta di Piano nazionale per l’e-Procurement con l’obiettivo strategico di digitalizzare l’intero processo di approvvigionamento di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni (electronic public procurement).