Sul codice appalti siamo allo stesso punto in cui eravamo un anno fa: nel bel mezzo di una forte incertezza normativa che, nella pratica, sta bloccando il mercato degli appalti pubblici. In particolar modo quello dell’innovazione digitale. La banca dati europea TED (Tenders Electronic Daily) parla chiaro: nel 2016 le procedure di gara italiane — sia a livello generale che in ambito ICT — hanno subito dei rallentamenti rispetto alle procedure emesse negli anni precedenti. Per l’ennesima volta una normativa confusa e non portata completamente a termine sta rappresentando un freno e non un volano all’innovazione della PA. Da una parte, stiamo dando al mondo pubblico un alibi al non fare: di fronte all’incertezza, la PA sembra infatti adottare la cosiddetta burocrazia difensiva, stando immobile. Dall’altra, non stiamo dando opportunità alle imprese private che vorrebbero fare innovazione insieme al pubblico.
Avevamo due anni per riformare il codice dei contratti pubblici come indicato dall’Europa. L’abbiamo fatto all’ultimo minuto, come del resto in molti altri Paesi d’Europa. Il 19 aprile 2016 abbiamo emesso un codice che conteneva diversi errori e, pochi mesi dopo, abbiamo cominciato ad avviare delle consultazioni pubbliche per capire come rivederlo.
Ora abbiamo tempo fino al 19 aprile 2017 per far uscire un correttivo. La palla è in mano al Parlamento, che sta lavorando in fretta e furia per recepire le oltre 250 modifiche segnalate da associazioni ed esperti del settore nelle scorse settimane.
Ma non finisce qui, anzi è solo l’inizio: una volta approvato il codice si ricomincerà con l’approvazione dei circa 50 provvedimenti attuativi necessari a renderlo pienamente operativo. Fino ad allora non potremo utilizzare a pieno le nuove procedure di acquisto che l’Europa ci ha chiesto di recepire per riuscire a far si che il pubblico compri innovazione.
Quindi, siamo davanti a una storia già vista: come un anno fa, ma con l’aggravante che nel frattempo è passato un anno, si sono registrate meno gare e il mercato comincia a dimostrare sempre più forti segnali di impazienza.
Usiamo pertanto i giorni da qui al 19 aprile per mettere mano all’impalcatura strategica del codice, affinché consenta al pubblico di comprare innovazione, soprattutto quella digitale. Ma capiamo fin da subito che il processo di riforma non finisce, ma inizia, con l’emissione del codice. La sua efficacia nel migliorare i processi di procurement pubblico dipenderà da quanto manterremo alta l’attenzione sul tema dopo il 19 aprile.