La normativa

Codice appalti, nuove regole per attuare il PNRR: cosa dice il disegno di legge delega

Alla Camera dal 23 maggio 2022 ha preso il via l’esame del disegno di legge delega sui Contratti pubblici, un passo importante per l’efficace attuazione degli obiettivi fissati dal PNRR: l’approvazione della legge delega è prevista per giugno

Pubblicato il 25 Mag 2022

Stefano De Marinis

Of Counsel Studio Legale Piselli&Partners

Pierluigi Piselli

Founding Partner Studio Piselli & Partners

appalti

Il 23 maggio ha preso avvio alla Camera l’esame in aula del disegno di legge delega in materia di contratti pubblici (A.C. 3514): il testo approvato in commissione corregge quello proveniente dal Senato, che a sua volta modificava la formulazione originaria del Governo luglio 2021.

Trattasi di un passo importante in vista del conseguimento di uno degli obiettivi più impegnativi fissati dal PNRR sul fronte delle riforme: l’adozione di una nuova legge sugli appalti che consenta l’efficace messa a terra – come usa dire – degli investimenti; ciò con tempi e modi che permettano di non vanificare i processi evolutivi e di sviluppo che la spesa pubblica ha il compito di guidare, da ultimo, nella specie in linea con le opzioni comunitarie, sopratutto per quanto attiene trasformazione digitale, transizione ecologica e superamento delle disparità geografiche, di genere e generazionali.

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Codice appalti, cosa cambia

L’approvazione della delega, prevista per il mese di giugno, che comunque dovrà tornare al Senato per il definitivo via libera, non comporterà peraltro l’immediato ed automatico superamento del Codice dei contratti di cui al decreto legislativo n.50 del 2016. Per avere a disposizione e poter utilizzare il nuovo quadro di regole occorrerà, infatti, attendere ancora almeno un anno, necessario per scrivere ed approvare la parte attuativa, per la redazione della quale il Governo potrà avvalersi della magistratura amministrativa.

Nel frattempo, importante è cercare di capire fin d’ora quale sarà la reale differenza tra vecchio ed (ennesimo?) nuovo codice, ed in che misura questo intervento riuscirà a realizzare la svolta di rinnovamento e sviluppo che da tempo tutti auspicano, dalla quale dipende il futuro del Paese, come quello dell’intero contesto comunitario di cui l’Italia è parte imprescindibile, contesto che non ha caso ha messo sul piatto ingenti risorse finanziate, per la prima volta, dal debito comune.

L’impatto del disegno di legge delega

Anche la delega del 2016 da cui origina il vigente codice nasceva, del resto, con il fine di avvicinare la legislazione sui contratti pubblici, all’epoca vecchia di soli 10 anni, al contesto europeo, costituito dalle tre direttive del 2014. Tale obiettivo risulta peraltro esser stato conseguito solo in minima parte, causa le specificità tutte nazionali a suo tempo introdotte, sopratutto in sede parlamentare. Oggi si riparte, quindi, dalle stesse direttive, ma con consapevolezze diverse, essendo ormai chiaro – basti considerare il caso della sorte riservata alla disciplina nazionale del subappalto e, ancora da ultimo, dei raggruppamenti di imprese – che marcati scostamenti rispetto alle logiche che generali che governano i contratti pubblici non possono essere più accolti.

In tal senso l’innovativa chiave di lettura del disegno di legge delega attualmente in discussione pare potersi cogliere nel primo dei criteri che il relativo testo elenca, laddove espressamente si dispone di operare il recepimento in termini di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, al fine di assicurare l’apertura alla concorrenza.

Il gold plating

Trattasi della riaffermazione, in modo ancor più netto, della regola generale che vieta al legislatore il cosiddetto gold plating, cioè l’andar oltre, nel recepire le regole comunitarie, rispetto alle previsioni minime dalle stesse dettate; a margine, non può peraltro non rilevare subito la parziale correzione di rotta disposta dai lavori del Senato, che hanno introdotto un passaggio espressamente inteso a mantenere ferme le vigenti regole nazionali, presumibilmente fissate a livelli superiori, in tema di tutela del lavoro, sicurezza, contrasto al lavoro irregolare, legalità e trasparenza.

Nuovo Codice appalti, cosa dice

Venendo al merito di alcune più rilevanti questioni e muovendo, sul punto, dalla digitalizzazione dei processi, è da notare come le scarne indicazioni che già caratterizzavano la delega del 2016 – nonostante nelle Direttive da recepire vi fossero numerosi e precisi obblighi di adeguamento, anche temporalmente definiti, a carico delle stazioni appaltanti – non sembrino in alcun modo sanate dal nuovo testo che, in merito, pare limitarsi a spostare tutta la portata e la rilevanza del tema sulle attività da svolgersi a cura dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, le cui funzioni andranno riviste nell’ottica di rafforzarne i ruoli di vigilanza e supporto a vantaggio delle stazioni appaltanti.

Gli interventi di digitalizzazione

In questo senso portano le previsioni in materia di interventi di digitalizzazione e informatizzazione delle (sole) procedure di gara, tramite la piena attuazione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici che, come è noto, è tornata in capo all’Anac ad opera del decreto semplificazioni 2021, e di fascicolo virtuale dell’operatore economico, anch’esso gestito dall’Autorità ai sensi dello stesso provvedimento; ciò espressamente al (solo) fine di ridurre gli oneri documentali ed economici a carico di chi partecipa alle procedure competitive, che appare obiettivo acquisito e di minima rispetto a ciò che la digitalizzazione dell’intero procedimento realizzativo consente di ottenere, non fosse altro che in termini di ottimizzazione di tempi di esecuzione e costi a vita intera degli interventi.

Ancora, non poca perplessità desta l’assenza di richiami, nel testo ormai avviato alla discussione finale, all’uso dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione elettronica e informativa per l’edilizia e le infrastrutture (leggasi BIM), riferimento che viceversa compariva nel testo della delega del 2016. Tale circostanza pare configurarsi come un vero e proprio passo indietro, rispetto al quale l’auspicio è quello di mantenere comunque in piedi le disposizioni nel frattempo emanate sul punto.

Energia e ambiente

Passando al tema energia ed ambiente, si evidenzia il criterio che richiede la semplificazione delle procedure destinate alla realizzazione di investimenti in tecnologie verdi e digitali, nonché in innovazione e ricerca; ciò anche al fine di conseguire gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, in tal modo incrementando il grado di ecosostenibilità degli investimenti pubblici e delle attività economiche secondo i criteri del regolamento (UE) 2020/852 del giugno 2020. Nello stesso ambito rileva la previsione di misure volte a garantire il rispetto dei criteri di responsabilità energetica e ambientale nell’affidamento degli appalti pubblici e delle concessioni, in specie con la definizione di criteri ambientali minimi (cosiddetti CAM), da valorizzare economicamente nelle procedure di affidamento, e l’introduzione di sistemi di rendicontazione degli obiettivi energetico- ambientali.

Superamento delle disparità

Sul tema del superamento delle disparità la delega si limita a prevedere un apposito criterio volto a promuovere meccanismi e strumenti per la realizzazione delle pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità. Rileva, al riguardo, la scelta di declinare detti principi in termini di premialità, si ha ragione di ritenere, nell’accesso al mercato e/o in sede di valorizzazione delle offerte presentate nelle gare. Anche in questo caso, peraltro, vale l’osservazione resa poc’anzi in tema di digitalizzazione delle procedure, nel senso che, ferma restando la portata della previsione, l’auspicio è quello che, in sede attuativa, vengano mantenute comunque in piedi le disposizioni nel frattempo lodevolmente emanate dal legislatore sul punto.

Come funziona il regime di revisione dei prezzi

Tra i temi nuovi e più attuali non può non essere considerata, poi, l’introduzione di uno criterio di delega ad hoc volto a rendere obbligatorio per tutti i contratti pubblici, non solo quindi per i lavori, la previsione contrattuale di un regime di revisione dei prezzi obbligatorio per legge comunque da menzionare in chiave di trasparenza nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, che intervenga al verificarsi di particolari oggettive condizioni non prevedibili da parte dell’operatore economico all’atto dell’offerta, inclusi gli aumenti salariali. Ciò con l’ulteriore precisazione che la relativa spesa debba trovare copertura finanziaria direttamente nei quadri economici degli interventi e nelle eventuali altre risorse a disposizione della stazioni appaltanti, cosa che dovrebbe consentire la più rapida erogazione dei relativi compensi agli aventi diritto.

La semplificazione delle procedure di pagamento da parte delle stazioni appaltanti dei corrispettivi contrattuali, anche riducendo gli oneri amministrativi a carico delle imprese, è peraltro oggetto di ulteriore specifico criterio di delega da ultimo anticipato dalle previsioni del decreto “Aiuti” (n.50/2022).

L’importanza della formazione

Confermato rispetto al 2016, poi, è uno dei pilastri fondamentali su cui si basava, e tuttora si basa, ancorché inattuato, il vigente codice. Trattasi della qualificazione delle stazioni appaltanti, da realizzare anche nella prospettiva di una loro riduzione numerica mediante accorpamenti e riorganizzazioni, ovvero incentivando il ricorso a centrali di committenza e a stazioni appaltanti ausiliarie. Nuovo, in quest’ottica, ed in linea con le opzioni più recenti, è il criterio che mira ad attuare tale obiettivo potenziando qualifiche e specializzazioni dei pubblici dipendenti attraverso specifici percorsi di formazione ai quali viene fatto espresso riferimento. In tal senso importante è che anche l’Anac, con la recente delibera n.141 del 30 marzo 2022, riguardante l’approvazione di apposita Linea Guida attutiva, anche per progressive fasi, del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza operativo dal 30 giugno 2023, abbia deciso di valorizzare il requisito della formazione in modo importante, attribuendo specifico e rilevante punteggio da riconoscere agli enti, all’intervenuta partecipazione del rispettivo personale a tali percorsi.

Ulteriori criteri di delega

Ulteriori significativi criteri di delega, che con l’apporto dei lavori in commissione salgono dai 29 del testo del Senato a 31, sono:

  • in tema di stabilità occupazionale, il rafforzamento delle cosiddette clausole sociali, nel senso che i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti relativi a tutti gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera dovranno contenere specifiche previsioni in tal senso;
  • in tema di attività professionali, il divieto di prestazione gratuita, salvo casi eccezionali con previa adeguata motivazione, e l’obbligo di indicare nei documenti di gara relativi ad appalti di progettazione ed esecuzione, le modalità di corresponsione diretta al progettista dei relativi corrispettivi ovvero della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati dalle imprese in offerta;
  • in tema di semplificazioni operative, alle quali hanno dato fin qui dato risposta i decreti 76/2020 e 77/2021, il divieto, salvo casi motivati, di utilizzo del sorteggio, o di altri metodi di estrazione casuale dei nominativi, per la selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate in caso di affidamenti di importo inferiore alle soglie comunitarie, la tipizzazione dei casi di utilizzo del solo criterio del prezzo o del costo per l’aggiudicazione delle gare, con possibilità di escludere, nei contratti non transfrontalieri, le offerte anomale in base a meccanismi e metodi matematici e, in tema di lotti, la possibilità di procedere alla suddividere degli appalti da affidare in base a criteri qualitativi o quantitativi, cosa peraltro già prevista dalla delega del 2016 ma in questo caso senza richiamo all’obbligo di motivare scelte in senso diverso;
  • in tema di garanzie, l’obbligo di sottoscrizione di polizze assicurative a copertura dei rischi di natura professionale, con oneri a carico delle amministrazioni in caso di affidamento degli incarichi di progettazione a personale interno alle amministrazioni stesse, la revisione dell’intero sistema in capo agli operatori economici per la partecipazione alle gare e l’esecuzione dei contratti, con disciplina omogenea tra settori ordinari e speciali, la possibilità di sostituire le garanzie esecuzione con ritenute in proporzione all’importo del contratto in occasione del pagamento di ciascuno stato di avanzamento lavori;
  • in tema di tutela del lavoro, l’obbligo di scorporare, in ogni caso, i costi della manodopera e della sicurezza dagli importi soggetti a ribasso in sede di offerta e quello, in linea con la mutata disciplina del subappalto in senso comunitario, di prevedere nelle clausole sociali che ai lavoratori dei subappaltatori vengano sempre garantite le stesse condizioni economiche e normative praticate ai dipendenti dell’appaltatore;
  • in tema di esecuzione dei contratti, ridefinire la disciplina delle varianti in corso d’opera, nei limiti dell’ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti in fase di esecuzione e individuare meccanismi sanzionatori e premiali per incentivare la tempestiva esecuzione dei contratti, nonché meccanismi di rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie che siano alternativi al rimedio giurisdizionale.

Codice appalti, la roadmap

Come si accennava all’inizio, l’ulteriore tabella di marcia prevista per l’entrata in vigore del complesso delle nuove norme implica che fino a giugno 2023 operatori economici, stazioni appaltanti ed autorità terze continuino ad operare in base al quadro attualmente disponibile, che associa al codice, più volte aggiornato in questi anni su aspetti specifici, anche le disposizioni di semplificazione recate dagli appositi decreti 76/2020 e 77/2021 e quelle da recuperare in contesti quali, ad esempio la disciplina dell’anticipazione del prezzo d’appalto e della revisione dei prezzi.

Le vigenti regole sono, dunque, destinate a governare la realizzazione di tutti gli interventi in affidamento nei prossimi 12 mesi e molte di esse, in base al principio secondo il quale il nuovo codice non potrà che riguardare e regolare gli affidamenti di là da venire, resteranno operanti ancora per molti anni.

In quest’ottica è ragionevole pensare che soluzioni individuate in via temporanea con l’obiettivo del la semplificazione, anche in forma di deroga rispetto al regime ordinario, possano ritrovarsi stabilizzate nel nuovo codice. Le opzioni già oggi definite, sopratutto laddove dovessero produrre risultati apprezzabili, potrebbero, infatti, trovarsi incluse nel nuovo testo di cui, quindi, è già oggi possibile intravvedere le relative linee di sviluppo.

In questo senso una delle proposte autorevolmente formulate nel corso delle audizioni parlamentari svolte sui contenuti della delega ha ipotizzato di intervenire non tanto con un codice radicalmente nuovo, bensì innovando e sostituendo, magari attraverso mera interpolazione, le norme esistenti al l’interno del d.lgs 50/2016 con le auspicate modifiche. Tale soluzione avrebbe l’indubbio vantaggio di non riproporre un corpus normativo del tutto nuovo, sicuramente di più lunga e difficile metabolizzazione. La risposta, a questo punto, oltre al residuo dibattito parlamentare, potrà aversi solo a valle della stesura dei provvedimenti attuativi.

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