Tra ottobre e dicembre 2023 l’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano ha condotto un’indagine rivolta agli enti locali italiani con l’obiettivo di analizzare lo stato di attuazione dei bandi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e di rilevare le principali criticità affrontate durante tutte le fasi successive all’individuazione e alla partecipazione ai relativi bandi.
Hanno preso parte all’iniziativa dell’Osservatorio 968 Comuni, ovvero oltre il 12% dei Comuni italiani[1], che hanno espresso il loro punto di vista anche sulla partecipazione ai bandi dedicati alla Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati (PDND), alla Piattaforma Notifiche Digitali (PND) e alla migrazione cloud.
I comuni e il PNRR: partecipazioni ai bandi, ambiti di digitalizzazione e criticità
L’indagine rileva che i comuni italiani hanno partecipato mediamente a 7 bandi PNRR con differenze in funzione della dimensione: da una media di 5,8 bandi per i comuni al di sotto di 1.000 abitanti a 10 bandi per i comuni al di sopra dei 50.000 abitanti.
Oltre l’85% degli enti partecipanti all’indagine ritiene che il PNRR abbracci in modo completo o sostanziale gli ambiti cruciali della digitalizzazione. Contestualmente si osserva un modesto 4% per cui il PNRR avrebbe dovuto coprire anche altri aspetti della digitalizzazione dei comuni. In particolare, tra le aree indicate, si riscontrano ambiti specifici come la digitalizzazione degli archivi, la gestione amministrativa delle isole ecologiche e l’istituzione di sportelli polifunzionali per un contatto diretto con i cittadini. Vengono altresì segnalate necessità trasversali come la formazione del personale e della cittadinanza su tematiche digitali o la revisione dei processi dell’ente alla luce degli interventi PNRR.
Il contributo finanziario del PNRR è considerato adeguato o decisamente adeguato da più di 8 comuni su 10. A questa quota si aggiunge un 5% che ritiene il contributo sovrabbondante rispetto a quanto realmente richiesto per completare i lavori. Soltanto il 14% ritiene che il contributo sia poco adeguato alle esigenze progettuali o totalmente insufficiente. Questi risultati evidenziano l’importanza di una valutazione accurata delle reali esigenze degli enti in fase di disegno degli interventi finanziari a supporto della digitalizzazione.
Le diverse fasi di partecipazione ai bandi PNRR non sono risultate particolarmente critiche per gli enti che hanno preso parte all’indagine. Al contrario, la rendicontazione dei fondi utilizzati e la gestione amministrativa e operativa dei progetti creano maggiore preoccupazione per gli enti. In generale, sebbene si possa ritenere che globalmente le difficoltà riscontrate siano state piuttosto contenute, occorre riflettere su come accompagnare gli enti meno equipaggiati nelle fasi che emergono come più problematiche.
L’assenza di criticità particolarmente rilevanti può essere spiegata, almeno in parte, dal supporto che gli enti hanno ricevuto nelle fasi pre- e post-partecipazione ai bandi PNRR. In particolare, una percentuale compresa tra il 29% e il 61% degli enti locali ha richiesto supporto ad altri soggetti, sia privati che pubblici. Le fasi in cui hanno avuto bisogno di maggior aiuto sono quelle per la partecipazione ai bandi (50%), per la gestione amministrativa (61%) e per la gestione operativa (57%). Gli enti hanno invece operato con maggiore in autonomia nell’individuazione dei bandi e dei possibili fornitori e nella gestione dell’appalto dei lavori.
Figura 1. Frequenza di intervento dei vari attori a supporto dei comuni nelle varie fasi dei bandi PNRR[2]. Fonte: Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano
I privati sono il principale soggetto ad avere fornito supporto ai comuni. Un ruolo importante lo hanno giocato anche il Transformation Office (TO) e i team territoriali[3], fornendo supporto agli enti comunali nel 21-29% dei casi. Altri attori rilevati sono stati le società in-house e le associazioni nazionali, mentre le Province, le Città metropolitane e gli altri comuni sono stati i soggetti meno coinvolti.
La risposta dei comuni al bando sulla PDND e sulla PND
A ottobre 2022 i comuni hanno avuto l’opportunità di partecipare al bando per allacciarsi alla Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati (PDND), un canale che consente l’interoperabilità dei sistemi informativi degli enti e dei gestori di servizi pubblici, semplifica l’iter amministrativo e riduce i tempi di accesso degli enti alle informazioni già in possesso di altre PA.
Dalle analisi dei dati aperti forniti dall’iniziativa “PA digitale 2026” emerge che circa il 76% dei comuni ha partecipato al bando PNRR dedicato alla PDND, con punte di partecipazione di oltre il 94% degli enti con popolazione sopra i 50.000 abitanti. Anche tra i comuni con meno di 20.000 abitanti la percentuale di partecipazione rimane elevata, con 3 enti su 4 che hanno risposto all’Avviso 1.3.1 per aderire alla Piattaforma e ottenere la quota di finanziamento.
I servizi comunali su cui la PDND ha un maggiore impatto atteso, secondo gli enti, sono quelli dedicati alle imprese (46% dei rispondenti). Sui servizi al cittadino, invece, è atteso un impatto della PDND dal 40% dei comuni rispondenti. In particolare, circa il 75% degli enti ritiene che il servizio di richiesta cambio di residenza subirà un’influenza rilevante da parte della PDND. In aggiunta, tra il 44% e il 56% dei comuni condivide la medesima percezione per quanto riguarda tre servizi rivolti alle imprese, ovvero SCIA SUAP, SCIA SUE[4], e la richiesta di permesso per costruire.
PND, gli obiettivi
Con riguardo invece alla la Piattaforma Notifiche Digitali (PND) ora nota come SEND, circa 2 comuni su 3 hanno partecipato al bando con l’obiettivo di semplificare il processo di notificazione degli atti amministrativi verso cittadini e imprese, secondo una logica di riduzione degli oneri di notifica sia per i destinatari che per i mittenti.
Analizzando il dato per fascia dimensionale, notiamo che tra i comuni con meno di 2.500 abitanti solo il 55% ha partecipato all’Avviso pubblico; tra i comuni con popolazione compresa tra 2.501 e 5.000, solo i due terzi; tra quelli aventi da 5.001 a 20.000 abitanti circa 3 comuni su 4. Sempre molto elevata invece l’adesione tra gli enti locali con più di 20.000 abitanti, pari o superiore all’83%. Questa disparità riflette una tendenza ricorrente per cui i comuni di maggiori dimensioni si dimostrano più attenti e partecipativi rispetto a tutti gli ambiti di digitalizzazione della PA locale italiana.
L’Osservatorio ha anche rilevato quali fossero i servizi comunali più frequentemente integrati con SEND, per comprendere le principali dimensioni di utilità percepite dall’adesione alla piattaforma. Dalle risposte è emerso che quasi la metà dei comuni ha attivato l’integrazione per il servizio di riscossione tributi con pagamento e circa un terzo per il servizio di violazioni extra-Codice della Strada, oltre al servizio da integrare obbligatoriamente per tutti gli aderenti all’avviso, cioè le notifiche di violazione del Codice della Strada. La piattaforma, dunque, sembra essere ritenuta prevalentemente un supporto nell’informare il cittadino rispetto a scadenze legate a pagamenti o a infrazioni.
Mancanza di tempo e persone
La criticità rilevata più di frequente dai comuni (nel 65% dei casi) rispetto alla misura sulla PND è la mancanza di risorse di tempo o personale da dedicare all’integrazione alla piattaforma. Anche la scarsa interoperabilità tra database sembra essere un problema molto diffuso tra gli enti, riscontrato nel 27% dei casi. Gli aspetti politici invece non sembrano aver rappresentato una criticità frequente. Ciononostante, i comuni hanno sollevato diversi altri ostacoli, tra cui l’incapacità dei fornitori di notificare tramite SEND e l’inadeguatezza dei processi interni all’ente o degli applicativi già in uso.
La migrazione al cloud dei comuni italiani
Infine, secondo i dati aperti messi a disposizione da “PA digitale 2026”, la quasi totalità dei comuni ha aderito al bando per la migrazione al cloud dei propri servizi. Nei comuni con oltre i 20.000 abitanti, infatti, ha partecipato il 100% degli enti. Anche tra i comuni con una popolazione inferiore la partecipazione è stata molto importante: il 94-99% degli enti con popolazione compresa tra i 2.501 e 20.000 abitanti ha aderito all’iniziativa, mentre per gli enti con meno di 2.500 abitanti l’adesione è stata superiore al 90%.
Figura 2. Lo stato di migrazione dei servizi al cloud, per fascia di popolazione dei comuni rispondenti all’indagine. Fonte: Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano
Per quanto riguarda la maturità del processo di migrazione dei servizi al cloud, l’indagine dell’Osservatorio Agenda Digitale ha permesso di rilevare che per circa il 30% di questi servizi non è stato individuato un fornitore e solo per il 20% di essi il processo di migrazione al cloud risulta ultimato[5]. In contrasto, i comuni di minori dimensioni hanno già identificato fornitori per oltre l’80% dei servizi inseriti nel Piano di migrazione trasmesso al Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD) e completato la migrazione per il 42-53% di essi. Tra i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, i servizi già migrati corrispondono circa al 50% dei servizi inseriti nel piano di migrazione. Si leggano queste informazioni alla luce del fatto che molti enti prevedono di terminare la migrazione dei servizi oltre i termini consentiti[6].
I dati raccolti dall’Osservatorio indicano che i comuni più grandi impiegheranno più tempo per il completamento della migrazione dei propri servizi al cloud. Il risultato è coerente con la crescente complessità e dimensione degli asset ICT on premises e con l’assegnazione agli stessi di maggiori risorse finanziarie, nonché con i cronoprogrammi più lunghi ammessi dal DTD per i comuni con oltre i 250.000 abitanti (27 mesi in totale dalla data della notifica del decreto di finanziamento alla conclusione dei lavori di migrazione).
Per mappare disponibilità e diffusione dei fattori abilitanti per la migrazione al cloud, è stato richiesto agli enti di indicare l’adeguatezza della connettività e delle competenze del personale. In generale i comuni dichiarano nella maggior parte dei casi di disporre di risorse adeguate in termini di connettività e di competenze digitali (rispettivamente nell’83% e 71% dei casi), le quali rappresentano elementi necessari per incidere positivamente sull’effettiva messa a terra del processo di migrazione al cloud. Si registra tuttavia una preoccupazione riguardo alla disponibilità delle competenze necessarie per la gestione degli applicativi in cloud da parte del 29% degli enti rispondenti.
Conclusioni
In conclusione, si può dire che i bandi di PA digitale, specialmente quello dedicato alla migrazione al cloud dei servizi, hanno riscosso un forte interesse tra i comuni italiani, in particolar modo tra quelli più grandi. Ciascuna misura avrà, secondo gli enti partecipanti all’indagine dell’Osservatorio, un impatto diverso sui servizi comunali: mentre ci si aspetta che la PDND abbia un impatto diffuso sia sui servizi al cittadino che alle imprese, le notifiche digitali avranno un’applicazione più concentrata in due servizi specifici.
Per quanto riguarda il cloud invece la migrazione dei servizi si trova a diversi stadi per enti piccoli ed enti grandi: in particolare, avendo completato la migrazione per oltre la metà dei servizi inclusi nel Piano di migrazione trasmesso al DTD, i comuni tra i 50.000 e i 100.000 abitanti sembrano essere mediamente più avanti nel processo. Infine, la mancanza di tempo e di competenze è sicuramente uno dei principali ostacoli a una piena ed efficace realizzazione degli interventi.
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Note
[1] I comuni italiani sono 7.901 (IPA, 2023).
[2] Campione: 924 rispondenti. I rispondenti potevano selezionare più di una opzione.
[3] I TO sono delle strutture costituite dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD) della Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di sostenere la transizione digitale degli enti pubblici italiani. I team territoriali rappresentano dei nuclei decentralizzati nelle varie aree geografiche del Paese e di supporto tecnico-operativo alle amministrazioni locali.
[4] Rispettivamente, la Selezione Certificata di Inizio Attività (SCIA), lo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) e lo Sportello Unico per l’Edilizia (SUE)
[5] Si leggano questi dati tenendo conto del periodo di erogazione del questionario, compreso tra ottobre e novembre 2023.
[6] Da 6 (per i comuni più piccoli – meno di 2.500 abitanti) a 9 mesi (per i comuni più grandi – sopra i 250.000 abitanti) dalla data del decreto di notifica del finanziamento per individuare un fornitore, da 15 a 18 mesi dalla data di attivazione del contratto per concludere i lavori di migrazione