Il decreto n. 56 del 19 aprile 2017, correttivo del Codice dei Contratti Pubblici, ha introdotto nel corpo dell’art. 105 (Subappalto) una disposizione dall’interessante contenuto ed interpretazione, che addirittura si presta ad applicazioni singolari della disciplina.
L’eccezione dei contratti continuativi di cooperazione
Si è infatti aggiunto al comma 3°dell’art. 105, che prevede alcune peculiari fattispecie non costituenti subappalto nell’ambito dei contratti per forniture o servizi, un punto c-bis) che introduce una eccezione del seguente tenore: “le prestazioni rese in favore dei soggetti affidatari in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto“.
Peraltro, la nuova disposizione dell’art. 105 introdotta alla lett. c bis) non pone alcun limite percentuale (diversamente, invece, rispetto a quanto previsto per le ipotesi di appalto, per cui le norme impongono un limite del 30%) e, dunque, non risultano esserci espresse preclusioni normative che impedirebbero – in astratto – all’appaltatore di affidare al terzo, con cui ha stipulato un contratto continuativo di cooperazione, anche la totalità delle prestazioni oggetto dell’appalto[1].
Le attività che non configurano subappalto
In particolare, l’art. 105 del D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce che non configurano subappalto:
- le attività d’importo inferiore al 2% dell’importo dell’appalto;
- le attività d’importo inferiore a 100.000 € sempre che (in entrambi i casi) il costo della manodopera sia inferiore al 50% al valore del contratto stesso da affidare;
- l’affidamento di attività specifiche “a lavoratori autonomi”;
- la subfornitura “a catalogo” di prodotti informatici;
- l’affidamento di servizi di valore inferiore a 20.000 € ad imprenditori agricoli;
- i contratti continuativi di cooperazione, servizi e forniture, se sottoscritti in data antecedente la gara.
Risulta particolarmente interessante il comma c) bis nell’accezione: “contratti continuativi di cooperazione”, una formulazione ampia della disposizione, la quale prevede quasi chiaramente che determinate prestazioni verranno realizzate da altra impresa senza che tale prestazione si configuri quale sub-appalto.
Rapporti tra società tra connesse
Dunque, tale accordo continuativo di cooperazione, di cui alla menzionata lett. c bis), risulterebbe particolarmente idoneo a regolamentare rapporti tra società già strettamente connesse tra loro.
Non sembra esserci, altresì, un limite normativo che preveda la preclusione di sub-affidare le prestazioni in toto oggetto del contratto di appalto purché ci sia alla base un rapporto di collaborazione continuata.
La definizione di collaborazione continuata
Occorre, però, individuare nel dettaglio la definizione di “collaborazione continuata”: in particolare, verrebbe quindi da pensare che, laddove un soggetto concorrente alla gara collabori con altro operatore in forza di un accordo (così interpretando il “contratto continuativo di cooperazione”) sia possibile – una volta aggiudicatosi l’appalto di servizi o forniture – sub affidare parte delle prestazioni (o addirittura tutte?) oggetto del contratto semplicemente depositando questi contratti “prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto”.
Sul requisito della sottoscrizione in epoca anteriore, si evidenzia che non è prevista la data certa di tale stipula (in forma di scrittura privata, in difetto di richiesta espressa della forma di atto pubblico) per cui l’istituto avrebbe quantomeno dovuto dotarsi di tale cautela.
Tale accordo, infatti, dovrà essere depositato, così come previsto dall’art. 105 del Codice dei contratti pubblici, presso la stazione appaltante prima o contestualmente alla sottoscrizione del contratto di appalto.
Gli oneri in capo all’affidatario
Inoltre, è opportuno sottolineare che in capo all’affidatario rimarrebbe l’onere, relativamente a tutti i sub-contratti, della comunicazione alla stazione appaltante del nome del sub-contraente, dell’importo del contratto, dell’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati (articolo 105, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016), nonché tutti gli obblighi generali previsti per i fornitori della pubblica amministrazione e gli adempimenti imposti in generale per le procedure di contrattazione con la PA.
Nessun diritto di controllo in capo all’amministratore
La norma, inoltre, non prevede, in capo all’amministratore, nessun diritto di controllo in riferimento ai rapporti tra appaltatore e sub fornitore, fatta eccezione la verifica sull’anteriorità del rapporto continuativo e di cooperazione così come previsto dalla disposizione: “anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell’appalto”.
Non resta quindi che attendere quale sarà l’esito applicativo dell’istituto e gli approdi dottrinali e giurisprudenziali in merito alla concreta possibilità che la previsione di cui alla lett. c-bis) dell’art. 105 venga utilizzato come strumento alternativo all’istituto del subappalto.
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[1] Al comma 5 dell’art. 105 si precisa che il tetto massimo delle attività che è possibile affidare in subappalto è pari al 30% della categoria prevalente per i lavori, ovvero dell’importo complessivo del contratto per i servizi e le forniture.