La riforma dei contratti pubblici, sulla scia delle direttive europee, ha riservato una particolare attenzione al tema dell’innovazione, che diviene al contempo obiettivo da raggiungere attraverso un sapiente utilizzo della leva del public procurement e strumento indispensabile per lo sviluppo e la crescita dell’intero sistema economico e sociale del vecchio continente.
Come più volte si è detto, però, nonostante i buoni propositi del nuovo codice dei contratti pubblici, la strada che conduce all’innovazione è ancora molto lunga e sotto vari aspetti impervia e le scuse per evitare di imboccarla, ripiegando su più comodi, rassicuranti e battuti sentieri sono tante e convincenti.
Certamente la tempestiva adozione di autorevoli e specifiche linee guida, che indichino la giusta via e impediscano di perdere l’orientamento, potrebbe risultare determinante, ma in loro assenza si possono intanto focalizzare alcuni punti di riferimento per chi voglia partire alla volta dell’innovazione.
Il progetto
Per ottenere da un processo di approvvigionamento ciò che realmente si vuole è indispensabile che tanto la stazione appaltante quanto gli operatori economici concorrenti all’affidamento abbiano chiaro il progetto di ciò che deve essere realizzato.
Da questo punto di vista, l’inserimento nella norma primaria (art. 23 comma 14) della puntuale definizione dei contenuti del progetto anche per i servizi e le forniture è certamente da considerare con estremo favore.
Tuttavia, se si tratta di prestazioni di carattere particolarmente innovativo la stazione appaltante non sarà presumibilmente in grado di definire, con il livello di precisione richiesto dalle citate disposizioni, il progetto di ciò che deve essere realizzato. Difatti, se fosse possibile per la stazione appaltante definire in modo completo e concretamente attuabile tutti gli aspetti progettuali, l’innovazione sarebbe già stata introdotta dalla medesima stazione appaltante e, al massimo, potrebbe ulteriormente esplicarsi solo nella limitata misura di un’eventuale variante migliorativa da apportare al processo o al prodotto già compiutamente predefinito in tutti i suoi elementi.
Quindi, partire dall’analisi del fabbisogno che la stazione appaltante manifesta e dalla capacità o meno di quest’ultima di elaborare un progetto che abbia le caratteristiche e i contenuti previsti dalla norma citata e sia, al contempo, in grado di soddisfare adeguatamente il fabbisogno espresso, è il primo passo per comprendere di quale tipo e grado di “innovazione” si abbia bisogno nel caso concreto e scegliere conseguentemente la corretta strada da imboccare tra le molteplici alternative messe a disposizione dalla normativa vigente.
Occorre, poi, considerare che se l’impossibilità di elaborare un progetto che risponda adeguatamente al fabbisogno espresso non dipende dall’oggettiva innovatività della soluzione ricercata ma dalla mancanza di competenza specifica e/o adeguata conoscenza del mercato di riferimento e di ciò che lo stesso è già in grado di offrire, gli strumenti da utilizzare sarebbero differenti rispetto all’esperimento di procedure specificamente destinate all’acquisizione di prestazioni innovative (ad es. supporto al RUP, affidamento all’esterno di un servizio di progettazione, consultazione preliminare di mercato finalizzata ad ottenere una migliore conoscenza delle soluzioni attualmente disponibili, etc.).
Ovviamente, poiché ogni progetto è comunque migliorabile attraverso soluzioni innovative, la stazione appaltante, pur se in grado di definire tutti gli aspetti progettuali, non dovrebbe precludersi – come consigliano anche le direttive europee – la possibilità di valorizzare la capacità innovativa degli operatori economici concorrenti, tanto più che il criterio di aggiudicazione “ordinario”, basato sul miglior rapporto qualità-prezzo, è in grado di esplicare efficacemente la propria funzione di promozione della qualità se si consente ai concorrenti di proporre varianti migliorative. Tali varianti, tuttavia, devono essere “governate” a monte dalla stazione appaltante attraverso la definizione di ciò che può essere modificato nel progetto e ciò che non può esserlo, per evitare che il risultato dell’affidamento sia premiare una soluzione che, seppure innovativa, non interessa alla stazione appaltante e non massimizza la soddisfazione del suo fabbisogno.
Laddove, invece, il progetto non possa essere compiutamente elaborato, perché il fabbisogno della stazione appaltante non può essere soddisfatto se non innovando significativamente i prodotti, i processi, le tecnologie attualmente disponibili o creando qualcosa di totalmente nuovo, allora vi è spazio per l’avvio di una procedura specificamente finalizzata all’acquisto di innovazione.
Asimmetria informativa: rischi e rimedi
Le procedure finalizzate all’acquisto di innovazione, come i partenariati per l’innovazione o il dialogo competitivo, sono evidentemente complesse. Proprio per tale ragione occorre che le stazioni appaltanti che le pongono in atto siano pienamente consapevoli dei propri fabbisogni e abbiano elementi di conoscenza specifica comunque sufficienti a governare il processo, evitando che lo stesso sfugga di mano e conduca ad esiti non desiderati.
E’, quindi, necessario cercare di ridurre l’asimmetria informativa esistente tra la stazione appaltante e gli operatori economici potenzialmente in grado di partecipare alla procedura. L’acquisizione di elementi conoscitivi deve avvenire nel modo più neutrale e aperto alla concorrenza possibile, per evitare che il processo di acquisto conseguente risulti fuorviato.
Sono a disposizione delle stazioni appaltanti vari strumenti che possono servire ad accrescere il know-how specifico delle stazioni appaltanti in vista dell’avvio della procedura di acquisto. Il più semplice è la consultazione preliminare di mercato che, se opportunamente gestita, può condurre all’acquisizione di dati importantissimi per definire in modo corretto gli elementi minimi e immodificabili che costituiranno la base di partenza per l’esperimento delle procedure di affidamento innovativo di tipo negoziato. Inoltre, l’esperienza maturata nel gestire una consultazione e governare il dialogo tecnico con gli operatori economici, risulterà estremamente preziosa al momento in cui ci si troverà a gestire procedure che hanno nel dialogo e nella negoziazione il loro elemento distintivo come, ad esempio, il dialogo competitivo.
Un ausilio ancora più efficace, anche se più impegnativo in termini di risorse e tempi, è costituito dall’appalto pre-commerciale, strumento non direttamente disciplinato dalle direttive europee e dal codice contratti, ma pienamente utilizzabile in sinergia con le procedure tradizionali previste dal codice. Non solo al termine di tutta l’attività di ricerca e sviluppo condotta nell’ambito dell’appalto pre-commerciale la stazione appaltante disporrà dei risultati delle sperimentazioni, condotte seguendo diverse possibili strade alternative, e li potrà mettere a base di una procedura di gara tradizionale, ma anche al termine di ciascuna sub-fase avrà comunque ottenuto informazioni importanti ed accresciuto il suo specifico know-how.
Inoltre ancorché, come detto, l’appalto pre-commerciale sia uno strumento collaterale rispetto alle procedure del codice dei contratti pubblici, non vi è dubbio che lo stesso presenti notevoli affinità con i partenariati per l’innovazione – pienamente inclusi, invece, nell’applicabilità del codice contratti, attesa la possibilità di pervenire, attraverso essi, all’acquisto del risultato dell’innovazione sviluppata – e, trattandosi di uno strumento delineato da ormai dieci anni, l’analisi delle esperienze svolte in questo ambito può costituire un ottima base conoscitiva per la stazione appaltante che voglia cimentarsi nella procedura di partenariato per l’innovazione.