II nuovo Codice dei contratti pubblici, nonostante non abbia introdotto alcuna innovazione procedurale per aumentare l’efficienza delle gare e ottimizzare i costi di acquisto, ha provocato un grande salto di qualità nella digitalizzazione degli appalti introducendo l’obbligo di interoperabilità delle Piattaforme di Approvvigionamento Digitale (PAD).
L’impatto dell’interoperabilità delle PAD
L’interoperabilità può essere ottenuta in più modi e livelli. Questa volta si è scelto il più difficile e completo. L’interoperabilità tra piattaforme implica che le diverse piattaforme per gare telematiche usate dalle Pubbliche Amministrazioni e dalle Imprese devono comunicare tra loro in modo automatico, senza problemi e rispettando gli standard stabiliti dalla Legge. Il 2024, ha costituito uno spartiacque epocale, ove i protagonisti sono stati l’Agenzia per l’Italia Digitale – AgID e l’Autorità Nazionale Anti Corruzione – ANAC.
Se infatti AgID ha redatto, in conformità con l’art. 26 del Codice, le Regole Tecniche alle quali tutte le Piattaforme debbono uniformarsi, ANAC ha provveduto a qualificare nell’apposito Registro Piattaforme Certificate (RPC) le Piattaforme rispondenti alle Regole Tecniche e in quanto tali capaci di interoperare tramite i servizi della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici – BDNCP gestita da ANAC.
Il ruolo della Banca dati
La BDNCP rappresenta il cuore dell’interoperabilità tra le piattaforme, costituendo il nodo unico di interscambio di dati tra tutte le Piattaforme certificate e consentendo di gestire digitalmente tutte le fasi del ciclo di vita dei contratti pubblici, dalla programmazione della gara fino al termine della fase di esercizio contrattuale.
L’interoperabilità fino al 2023 era rimasta una promessa o più precisamente un sogno, soprattutto in uno dei suoi pilastri principali quali il principio “once only” in quanto gli Enti continuavano a inserire dati relativi alle gare in più sistemi quali ad esempio la piattaforma per la gara, il sistema informativo ANAC, il servizio per pubblicare i bandi in Gazzetta Ufficiale, i vari sistemi di rendicontazione, ecc. Fino al 2023 Enti e Imprese erano dunque vittime di adempimenti di legge multipli e ripetitivi, secondo il consueto vecchio modo di digitalizzare le operazioni tradizionali, tali e quali, senza eseguire alcuna rivisitazione dei processi organizzativi e dei flussi di lavoro.
In fondo è tutto qui il concetto di digitalizzazione che ha caratterizzato il 2024. Siamo passati dalla digitalizzazione parziale della sola fase di gara alla digitalizzazione completa della fase di gara e delle restanti fasi del ciclo di vita di un contratto pubblico precedenti e successive alla gara: programmazione, progettazione, affidamento/gara, ed esecuzione. Ed è stata introdotta l’interoperabilità, la grande novità che consente di gestire ciascuna fase con una piattaforma differente senza perdere né reinserire alcun dato!
L’impatto dei cambiamenti
Senza neanche un periodo di coesistenza tra vecchio e nuovo sistema, il primo giorno del 2024 è stata attivata la piena interoperabilità tra piattaforme, o meglio è stato disattivato l’accesso diretto ai servizi ANAC lasciando che ad essi si accedesse solo tramite l’interoperabilità. Salvo alcune consuete ma limitatissime deroghe, è diventato impossibile utilizzare i vecchi servizi ANAC quali il SIMOG con cui gli Enti acquisivano i codici identificativi gara (CIG) da ricopiare, rigorosamente a mano, sulla piattaforma Consip e rendicontavano l’avanzamento di gare e contratti.
Se da un lato l’assenza di un periodo di coesistenza di vecchio e nuovo ha gettato molti nello sconforto iniziale, dall’altro ha messo tutti di fronte all’irrinunciabile esigenza di studiare e formarsi per affrontare immediatamente le novità. Si può dire che, a quasi dodici mesi di distanza, oggi si ricorda quel periodo difficile come una rapida transizione a un nuovo sistema estremamente migliorativo.
Il nodo dei disservizi
Se quasi ogni autunno si riscontravano disservizi sulla piattaforma Consip a causa della consueta intensificazione della quantità di gare e affidamenti in chiusura di anno, quest’anno i disservizi si sono distribuiti uniformemente nel tempo ed hanno avuto quasi sempre come causa principale qualche malfunzionamento delle funzionalità di interoperabilità tra la piattaforma usata per la gara e il nodo BDNCP di ANAC.
Il problema è che quando non funziona il nodo ANAC di interoperabilità, diviene impossibile acquisire il CIG e lanciare la gara o eseguire l’affidamento del contratto. Non solo, quando questi problemi sorgono, diviene davvero complesso attribuirne le responsabilità, e non è stato raro assistere a querelle ove il servizio di assistenza ANAC attribuiva la responsabilità a Consip e viceversa chiamando quest’ultima. Ma forse entrambi avevano ragione e l’unica cosa da fare era attivare due richieste di assistenza concorrenti sperando che almeno una potesse risolvere il problema. Molto spesso infatti è bastato confrontarsi con altri Colleghi per scoprire che si trattava di malfunzionamenti generalizzati e quindi non restava che attendere, documentando il disservizio a futura comprova per poter concedere proroghe e attuare contromisure attribuendo l’evento a cause esterne all’Amministrazione.
L’identità digitale
Le Regole Tecniche emanate da AgID prevedono l’obbligo di accedere alle piattaforme di e-procurement tramite sistemi di identità digitale (vedi SPID, CIE o CNS-TS) in luogo della coppia di credenziali di accesso username e password alle quali eravamo abituati. Se la prescrizione sembra per certi versi banale, considerando che ormai l’utilizzo di tali meccanismi è di uso comune anche nella vita privata, riscontriamo che la novità ha avuto un effetto positivo nell’organizzazione del lavoro presso le Amministrazioni Pubbliche.
Era infatti abitudine diffusa, soprattutto con riferimento alla Piattaforma Consip, tentare di condividere credenziali di accesso tra colleghi. Oggi, poiché l’accesso tramite un sistema di identità digitale prevede l’autenticazione a due fattori con notifica tramite app su smartphone, non è più possibile condividere le credenziali di accesso e ciascun utente deve necessariamente registrarsi sulla Piattaforma ed accedere con il proprio sistema di autenticazione digitale contenente i propri dati personali.
Superato il primo momento di imbarazzo in cui molti funzionari erano intimoriti di doversi assumere responsabilità non commisurate al proprio ruolo, si è riconosciuto che l’accesso tramite sistemi di identità digitale incide solo sulla fase di autenticazione alla Piattaforma, non avendo alcuna implicazione sul ruolo che l’utente assume nella stessa. È diventato quindi fondamentale, per ciascun utente, registrarsi nella Piattaforma assumendo un ruolo coerente con le proprie responsabilità. Si è pertanto assistito ad un incremento numerico delle registrazioni di utenti che contestualmente ha fornito l’occasione per eseguire una revisione dei processi organizzativi all’interno degli Enti.
Il FVOE, una promessa non ancora mantenuta
Uno dei pilastri delle nuove regole sulla digitalizzazione degli appalti è rappresentato senza dubbio dal Fascicolo virtuale dell’operatore economico (FVOE), una libreria dove sono contenuti, per ciascun operatore economico, tutti i documenti utili alle Stazioni Appaltanti per procedere alla verifica dei requisiti dichiarati dalle Imprese in fase di partecipazione alle gare.
Questa libreria è alimentata non solo manualmente dall’operatore economico per quanto riguarda i pochi documenti attestanti requisiti tecnici ma, ed è questa la grande novità, anche automaticamente dagli enti certificatori (es. Ministero della Giustizia, Agenzia delle Entrate) ai quali gli enti in passato dovevano rivolgersi manualmente per l’acquisizione di detti certificati. Ancora uno splendido esempio di come l’interoperabilità abilitata dalla digitalizzazione intervenga a favore del miglioramento dei processi e dell’operatività degli stakeholder, Amministrazioni o Imprese che siano.
Probabilmente il FVOE è stata la novità con i maggiori impatti tecnologici e soprattutto organizzativi poiché coinvolge una numerosità elevata di Enti che tramite esso devono fornire automaticamente certificati e i documenti. Le criticità più comuni nel 2024, ancora parzialmente irrisolte, sono state interruzioni di servizio e soprattutto l’assenza di documenti che dovrebbero confluire nel FVOE in maniera automatica. Forse anche per questo in alcune piattaforme di e-procurement, anche rilevanti, il FVOE non è stato ancora integrato. Ma c’è da essere soddisfatti ed ottimisti per il futuro, la strada è tracciata e sembra anche quella giusta.
Consip ha corretto il tiro più volte
Consip sembra ascoltare i consigli provenienti dall’esterno o quanto meno le grida degli utenti. Fino al mese di luglio scorso, in caso di richieste di preventivo finalizzate ad affidamenti diretti, il MePA costringeva gli enti a chiedere il Codice Identificativo Gara – CIG prima del lancio delle richieste di preventivo. L’operazione richiesta era di fatto impossibile, poiché al momento del lancio della richiesta di preventivo non si può ancora conoscere il prezzo, la data di affidamento né il nome del Fornitore a cui si affiderà il contratto, tutte informazioni indispensabili per ottenere il CIG. E così nel mese di agosto scorso Consip ha differito la richiesta del codice CIG alla successiva fase di valutazione delle Offerte, in caso di affidamenti diretti. Non lo ha fatto proprio in tutti i casi di affidamenti diretti, ma ci accontentiamo.
Sul MePA oggi mancano ancora correzioni importanti, come la possibilità di pubblicare richieste di preventivo anziché invitare per nome le Imprese e soprattutto la possibilità di invitare imprese sulla base di requisiti più selettivi quali ad esempio l’area territoriale di interesse. Oggi purtroppo è difficile lanciare una procedura senza essere costretti a invitare migliaia di Imprese. Sarebbe un errore pensare che invitarne migliaia giovi alla competitività delle gare perché farebbe perdere tempo tanto agli Enti quanto alle Imprese ed aumenterebbe anche la probabilità di azzardi da parte dei Concorrenti. Non è un caso se il Codice prevede che basta invitare cinque Imprese a una gara per forniture e servizi sul MePA.
Sul MePA manca inoltre la possibilità di lanciare gare aperte, ancora vietata dalla disciplina del MePA probabilmente scritta sulla scia della prima interpretazione del Codice dei Contratti Pubblici che sembrava non consentire procedure aperte nel caso di affidamenti di importo inferiore alla soglia comunitaria ossia nei mercati elettronici.
La piattaforma Consip
Se fino allo scorso anno la piattaforma Consip era l’unica a non disporre di alcuna integrazione con sistemi esterni, dal 2024 è diventata la più completa. Come spesso accade, l’ultimo soggetto che si ammoderna adotta la soluzione più completa e all’avanguardia. Inoltre nel caso della piattaforma Consip la semplicità delle operazioni, intesa come sequenza delle operazioni necessarie per configurare una gara e per parteciparvi, rimane la massima nonostante le numerose didascalie fuorvianti, imprecise o errate che sarebbero facilmente eliminabili.
Il MePA e più in generale il Sistema di e-procurement delle PA Consip (detto SEPA) oltre all’integrazione obbligatoria con la BDNCP ANAC per acquisire il codice CIG e rendicontare lo stato di avanzamento di gare e contratti ha la piena integrazione con il sistema TED per la pubblicazione di bandi e avvisi nella Gazzetta Ufficiale e con il sistema per la compilazione elettronica del modulo DGUE contenente le dichiarazioni dei requisiti dei concorrenti alle gare. Altre piattaforme hanno invece fatto una scelta opposta, rendendo disponibile un proprio strumento di creazione dei moduli DGUE e dei formulari TED, costringendo gli enti ad imparare un altro modo di lavorare.
Per evitare paragoni impietosi è doveroso precisare che la piattaforma Consip, che dichiara 17 miliardi di euro annui di transazioni e oltre mezzo milione di enti e imprese – ma probabilmente si tratta di mezzo milione di singoli utenti – è la prima nazionale per diffusione e dispone di maggiori risorse rispetto a tutte le restanti.