Il correttivo al nuovo codice dei contratti pubblici approvato in via definitiva contiene diverse sorprese rispetto ai testi che circolavano sino a qualche ora prima dell’approvazione definitiva. Alcune delle modifiche apportate sono mere correzioni di imprecisioni testuali che, nonostante vi fosse già stato a luglio del 2016 un comunicato di rettifica degli errori materiali, erano ancora presenti all’interno del Codice e in taluni casi rendevano difficoltosa la comprensione dei precetti. Ci sono poi cambiamenti sollecitati dalle stazioni appaltanti al fine di superare alcune impasse determinate dalla brusca entrata in vigore delle nuove disposizioni (si pensi, in particolare, al divieto di appalto integrato che non aveva consentito di bandire le gare programmate sulla base di progetti definitivi già pronti al momento dell’entrata in vigore della riforma). Altre ancora erano state suggerite dall’ANAC (la riformulazione del rating di impresa) o dal Consiglio di Stato (l’eliminazione, inattesa, del potere di raccomandazione vincolante che il nuovo codice aveva attribuito all’ANAC e che non aveva mai convinto il Consiglio di Stato). Altre, infine, dagli operatori economici (si pensi all’innalzamento del tetto della contribuzione pubblica nei partenariati pubblico-privato o all’eliminazione della facoltà attribuita alle stazioni appaltanti di vietare integralmente il ricorso al subappalto).
Il decreto correttivo, come già si è osservato in precedenti occasioni, interviene su un quadro normativo che non risulta ancora compiutamente definito, in quanto mancano importanti provvedimenti di attuazione della riforma che, di fatto, non consentono di valutarne ancora appieno gli effetti. Non è quindi facile dare un giudizio sull’efficacia delle nuove disposizioni. Certamente alcune delle modifiche sono positive. Ad esempio è certamente opportuna la ridefinizione del sistema di rating d’impresa. La versione originale del codice prevedeva che il rating d’impresa costituisse un sistema obbligatorio da utilizzare nella qualificazione degli operatori economici. Tuttavia, questa impostazione era apparsa sin da subito problematica e la stessa ANAC, cui è affidata l’istituzione del sistema e la definizione delle relative regole, dopo aver messo in consultazione uno schema di linea guida, aveva dovuto constatare – anche sulla spinta delle osservazioni pervenute – che così conformato il sistema avrebbe potuto determinare effetti distorsivi oltre a non essere chiaro (mancando un sistema unico di qualificazione per i servizi e le forniture) se l’applicazione fosse o meno limitata al solo ambito dei lavori.
Certamente positiva è, quindi, la riscrittura del sistema su base volontaria e il suo utilizzo come possibile elemento premiale nella valutazione dell’offerta. Meno positiva, invece – a sommesso avviso di chi scrive – è la mancata eliminazione del rating di legalità quale ulteriore possibile elemento premiante. Il rating di legalità, non essendo accessibile a tutti gli operatori economici, ma solo a quelli in possesso di un determinato fatturato, costituiti da un determinato periodo di tempo e stabiliti in Italia, appare distorsivo della competizione e poco senso avrebbe, sotto il profilo della coerenza e logicità complessiva dell’insieme dei criteri di valutazione, che la stazione appaltante includesse il rating di legalità come elemento premiante e poi lo dovesse “compensare” prevedendo altri criteri per valorizzare ad esempio le imprese di nuova costituzione o quelle di dimensioni minori alle quali il rilascio del rating di legalità è precluso.
Nelle intenzioni, potrebbe essere positiva la previsione dell’elaborazione di costi standard e prezzi di riferimento che possano costituire un effettivo benchmark per la valutazione dell’azione amministrativa, tuttavia le esperienze passate sul medesimo tema non lasciano ben sperare, benché il supporto dell’ISTAT e degli altri enti del Sistema statistico nazionale al gravoso compito assegnato all’ANAC potrebbe garantire una migliore fortuna alla nuova disposizione.
Non positiva, invece, può apparire la modifica che, per gli appalti di importo inferiore ai 40.000 euro, sottrae l’affidamento dei servizi e delle forniture anche ad elevato contenuto tecnologico e innovativo alla considerazione del miglior rapporto qualità prezzo. In generale l’area degli affidamenti diretti appare, con la modifica del correttivo, maggiormente opaca, nel senso che sempre di più si configura come un ambito del tutto libero e privo di regole. Se da un lato ciò può apparire opportuno al fine di evitare l’eccessivo ingessamento dell’azione amministrativa in relazione ad affidamenti di importo non particolarmente significativo, avrebbe potuto essere conservato – pur nella sostanziale libertà di azione – ad esempio un obbligo motivazionale, nell’individuazione dello specifico contraente, in relazione agli aspetti qualitativi della prestazione affidata.
Positivo, nell’ottica di un rilancio del partenariato pubblico privato, è l’innalzamento del tetto della contribuzione pubblica al 49% e la previsione espressa dell’applicabilità della finanza di progetto (compresa l’iniziativa privata) a tutte le tipologie di contratti di partenariato, ivi incluse quindi le concessioni di servizi, benché la norma continui ad utilizzare una terminologia che richiama espressamente i lavori.
Bene anche le precisazioni dei comportamenti che la stazione appaltante deve tenere nel caso di mal funzionamenti delle piattaforme telematiche di negoziazione e le previsioni in ordine alla definizione delle regole di interoperabilità e le modalità di interscambio dei dati e degli atti tra le diverse banche dati.
Peccato, invece, che il Governo abbia perso l’occasione per chiarire aspetti del Codice che già avevano dato luogo a contrasti giurisprudenziali (ad esempio quale disciplina applicare nel caso di affidamento di una prestazione che rientri, contemporaneamente, sia nella fattispecie di cui al comma 3 dell’articolo 95, che prevede il ricorso obbligatorio al miglior rapporto qualità prezzo, sia in quella del comma 4, che prevede la facoltà di aggiudicazione considerando il solo elemento prezzo), o per correggere delle imprecisioni nei riferimenti in materia di accreditamento e valutazioni di conformità che compromettono l’efficacia delle relative disposizioni, o per precisare meglio come alcune previsioni – ad esempio quelle in materia di commissioni giudicatrici – si coordinino con le nuove procedure “interattive” di dialogo competitivo, competitiva con negoziazione e partenariato per l’innovazione.