Per molti italiani, ritrovarsi 3.900 euro in più all’anno nelle proprie tasche rappresenterebbe un bel sospiro di sollievo. Eppure, a causa del male della corruzione, l’Italia perde ogni anno 237 miliardi di euro pari al 13% del Pil. Il dato emerge da uno studio presentato dal Gruppo dei Parlamentari verdi europei nel corso del 2018. Il legislatore italiano, nell’intento di porre rimedio al problema della corruzione, dal 2012 ha affiancato al sistema penale quello della prevenzione: la norma più significativa è rappresentata della legge 190. Approfondiamo il contenuto della norma, con particolare riferimento al whistleblowing.
Whistleblowing, le tutele di legge
Uno degli strumenti di prevenzione della corruzione, nell’ambito della predetta legge, è l’istituto giuridico del cosiddetto whistleblowing che prevede un regime di tutele in favore del dipendente pubblico che segnala illeciti. L’istituto, dapprima previsto dall’articolo 1, comma 51 della L. 190/2012, è stato rivisto ed ampliato nel 2017 con la legge 179; non solo, e per la prima volta nel nostro ordinamento, vengono introdotte specifiche misure a tutela dei whistleblowers (segnalatori) nel settore privato ma, altresì, si dà maggiore impulso al medesimo istituto nell’ambito del settore pubblico mettendo in campo l’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac).
I compiti, per Anac, vanno dalla stesura delle indicazioni in favore delle Pubbliche Amministrazioni (tramite lo strumento delle linee guida) alla comminazione delle sanzioni amministrative pecuniarie che, a seconda dei casi, possono estendersi da 5.000 a 50.000 euro. Sotto il profilo delle linee guida, l’Anac è chiamata ad interpellare il Garante Privacy per la presentazione e gestione delle segnalazioni in questione.
Le nuove linee guida Anac
Le nuove linee in materia di tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza in ragione di un rapporto di lavoro – il cui documento “madre” è tuttora reperibile sul sito dell’Autorità nello stato “in consultazione”[2] – sono state trasmesse al Garante. Con provvedimento Autorità nello stato “in consultazione”, il Garante ha espresso parere favorevole alle predette linee guida seppur con alcune prescrizioni e osservazioni che l’Anac avrà cura di effettuare prima che le linee in discorso vengano emanate nella loro versione definitiva. Le linee, dunque, si muovono lungo un percorso estensivo-interpretativo della norma di riferimento (art. 54-bis, D. Lgs. 165/2001).
Ad esempio, l’ambito soggettivo di applicazione viene esteso dal pubblico dipendente a tutti i consulenti e collaboratori a qualsiasi titolo della Pubblica Amministrazione ed anche ai lavoratori e collaboratori che realizzano opere in favore della PA: la faccenda inizia ad essere delicata considerando che proprio Anac, nell’ultimo rapporto sulla corruzione, vede il 74% della corruzione italiana manifestarsi nell’ambito degli appalti pubblici.
I settori colpiti sono indicati nel grafico che segue:
Fonte: Anac – Rapporto “La corruzione in Italia 2016-2019”; Tab. 3
Il rispetto della riservatezza
Se i numeri sono quelli finora illustrati, va da sé che nell’ambito dell’istituto del whistleblowing, la tutela rispetto alla riservatezza e alle misure discriminatorie del segnalante appaiono pregnanti. Tutto sembra disciplinato per andare nel senso della tutela del segnalante a vantaggio dell’integrità della Pubblica Amministrazione; tuttavia, l’identità del segnalante resta riservata solo fino a quando la persona accusata del presunto illecito debba esporre le proprie ragioni e difendersi.
Ciò accade in determinati momenti: nell’ambito del procedimento penale, l’identità del segnalante può essere riservata fino alla chiusura delle indagini preliminari mentre, nell’ambito del procedimento innanzi alla Corte dei Conti, può esserlo fino alla chiusura della fase istruttoria. Nella vita lavorativa concreta potrebbe accadere che, disvelata l’identità del whistleblower, questi possa subire ritorsioni. Il legislatore, in tal caso, ha previsto che venga effettuata una apposita comunicazione all’Anac.
L’Anac, a sua volta, porrà in essere una attività istruttoria ove è a carico della Amministrazione Pubblica dimostrare che le comunicate misure discriminatorie siano motivate da ragioni estranee alla segnalazione di condotte illecite. Se ciò non accadrà, l’Anac potrà comminare una sanzione pecuniaria amministrativa da 5.000 a 30.000 euro. La prima sanzione in tal senso è stata irrogata, dopo diverse vicissitudini del segnalante, con Delibera dell’Autorità n. 782 del 4 settembre 2019[5]. Per far sì che le segnalazioni di illeciti siano connesse a fattispecie concrete di reato, il legislatore prevede che nel caso in cui venga accertata la responsabilità del segnalante per calunnia, diffamazione o altri reati (connessi alla denuncia prodotta all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile ovvero per accertata responsabilità civile per dolo o colpa grave) le tutele previste non siano garantite.
Fronti critici
Lo scenario, dunque, appare costellato di vari aspetti cupi. Riservatezza limitata nel tempo, ritorsioni, denunce a carico del segnalante rischiano di configurarsi come un potente deterrente contro le segnalazioni che potrebbero non contribuire a prevenire la corruzione. In tale contesto, la soluzione potrebbe derivare dal recepimento – da adottarsi entro il 17 dicembre 2021 – della Delibera dell’Autorità n. 782 del 4 settembre 2019[6] riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. Le violazioni a cui si riferisce la Direttiva sono di vario tipo come appalti, tutela dell’ambiente, sicurezza alimentare, sicurezza dei trasporti, salute pubblica, ecc. La Direttiva estende la disciplina dell’istituto whistleblowing, attualmente conosciuta nella normativa italiana, come di seguito sinteticamente rappresentato:
- l’applicazione dell’istituto sia al settore pubblico che a quello privato con estensione, in quest’ultimo caso, degli illeciti non più e soltanto al modello di organizzazione e gestione dell’ente previsto attualmente con D. Lgs. 231/2001;
- le violazioni considerate non saranno solo quelle effettive ma anche quelle potenziali (quelle che molto verosimilmente potrebbero verificarsi nell’organizzazione presso cui la persona segnalante lavora o ha lavorato);
- le segnalazioni potranno essere veicolate anche in maniera orale;
- accanto alle segnalazioni viene previsto l’istituto della divulgazione pubblica;
- a supporto del segnalante viene prevista una persona che lo possa assistere nel processo di segnalazione detto facilitatore;
- l’obbligo di istituire apposite procedure di segnalazione interne ed esterne con l’onere di inviare feedback al segnalante entro un determinato lasso temporale;
- la previsione di apposite misure di protezione tra le quali quelle di sostegno. Queste ultime prevedono informazioni e consulenze a titolo gratuito sulla protezione da ritorsioni e finanche, il risarcimento per danni subiti dai segnalatori;
- la previsione di sanzioni effettive a carico di chi ostacola, o tenta di ostacolare, le segnalazioni, verso chi attua ritorsioni o intenta procedimenti vessatori nei confronti del segnalante, infine, verso chi viola l’obbligo di riservatezza sull’identità delle persone segnalanti.
L’adeguamento al dettato europeo si configura altamente sfidante per gli Stati membri che, inoltre, saranno chiamati anche a definire quella che potrebbe configurarsi come una chiave di volta del sistema ovvero: la segnalazione anonima.
Conclusione
Fatte salve le attività istruttorie sui casi segnalati e le giuste tutele a carico delle persone coinvolte, la segnalazione anonima darebbe risultati concreti all’istituto. Attualmente, nel quadro normativo italiano, le tutele sono previste nei confronti di soggetti individuabili e riconoscibili all’interno di una Amministrazione Pubblica; nella direttiva è invece prevista la possibilità di estendere le tutele anche ai whistleblower anonimi qualora vengano successivamente identificati e subiscano ritorsioni. Potrebbe dunque configurarsi non solo una notevole elevazione dei valori civili e morali del Paese ma anche, sul piano pratico, un cospicuo ritorno in termini di ricchezza con vantaggi per il PIL a beneficio di migliori giudizi di rating sul nostro Paese.