La sanità deve rapidamente entrare nell’era della trasformazione digitale, come è già successo per i più avanzati sistemi pubblici e privati di welfare mondiali, pena la perdita di competitività sui servizi che risultano ogni giorno sempre più inadeguati e burocraticamente appesantiti. Ciò non comporta solo dematerializzazione dei processi cartacei, ma innovazione delle organizzazioni, cambiamento delle procedure operative, introduzione di nuove skill professionali e l’adeguamento del sistema ad un trend che in altri Paesi è già ben più avanti e se non realizzato nel breve tempo rischia di rendere ingovernabile e quindi instabile un mercato in cui per l’anno 2019 lo Stato investirà 114,439 miliardi di euro[1].
Lo scenario e le necessità
Il nostro welfare necessita di servizi online e ad accesso semplificato, trasparenti, innestati in un network efficiente di hub e spoke in grado di abbassare i costi delle prestazioni a favore della qualità e della maggiore offerta e soprattutto in grado di colmare la richiesta di continuità di cura tra ospedale e territorio. Nel mondo del mercato elettronico che ti porta a casa anche la spesa, prenotazioni di prestazioni ambulatoriali online, pagamento del ticket con paypal, scelta e revoca del medico di base o del pediatra per i bambini, consegna dei medicinali a domicilio, assistenza a domicilio sia di tipo sanitario che socio-sanitario, non possono essere concepiti fuori dall’ambito dell’e-Health. Perché fare file interminabili fuori agli ambulatori se l’accesso allo sportello postale lo prenoto da app? E ancora, nell’era in cui tutto è monitorato è paradossale che le cronicità non trovino supporto attraverso apparati che, in realtà, out-of-pocket sono già disponibili, dando la possibilità, a chi ne ha bisogno, di distinguere il gadget pubblicitario dal dispositivo medico, e soprattutto dando un contributo effettivo alla de-ospedalizzazione protetta, alla medicina di precisione e all’abbattimento delle spese per ospedalizzazioni ricorsive evitabili con un adeguata ed attenta vigilanza.
Tale cambiamento deve essere realizzato in un tempo breve, mettendo in atto da subito un forte investimento programmato in tecnologie tra loro interoperabili, e soprattutto mettendo a fattor comune best practices e modelli operativi vincenti. Tale concetto oggi si scontra, però, con un mercato sostanzialmente bloccato da anni dai piani di rientro, in un contesto nazionale frammentato, localmente governato da vecchie regole frenanti e da una miriade di interessi che di “politico” hanno ben poco. Anche se proclamate da più parti poi, nella fase attuativa mancano strategie complessive, finanziarie e operative. Eppure, basterebbe fare esattamente quanto previsto da manuale: una programmazione strategica degli obiettivi a breve e medio termine, una corretta allocazione dei budget e una pianificazione di dettaglio delle azioni da attuare. Anche se occorre comunque un forte coordinamento, assicurato da una solida regia esterna, tra pubblico e privato, per individuare correttamente i fabbisogni e vagliare lucidamente le soluzioni proposte nell’ottica della loro adeguatezza e della effettiva sostenibilità economica.
Realizzare tutto questo significa sapere chiaramente da dove si parte, avere visibilità del proprio posizionamento rispetto al benchmark individuato e valutare i rischi sottesi all’impresa in modo non solo di ripartirli in maniera proporzionale tra i vari attori, ma soprattutto di essere in grado in ogni momento di misurare lo stato di avanzamento del progetto, la qualità delle performance realizzate, da un lato, e la percentuale di gap colmato, dall’altra. In questo quadro, leggi e policy da tempo definite, come il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e l’Agenda Digitale corrono il serio rischio di restare inapplicate (tanto più che di fatto lo sono state per anni, visto il ritardo accumulato). Anche le migliori esperienze di e-Health regionale, potrebbero disperdersi, pur riconosciute di importanza europea.
Gli ostacoli da superare
Per evitare che sia troppo tardi per il SSN e per il futuro assistenziale del Paese è necessario quindi superare:
- la frammentarietà tecnologica della domanda e dell’offerta di sanità digitale;
- la disorganica e sommaria incoerenza del quadro normativo che regola i rapporti tra sanità pubblica e mercato dell’ICT attraverso l’utilizzo di strumenti di procurement precompetitivo[2] di partenariato pubblico-privato.
Le collaborazioni tra pubblico e privato nel settore sanitario trovano radici nell’esigenza della sanità pubblica di reperire risorse per il funzionamento e il miglioramento del SSN. Purtroppo, il quadro normativo in cui si sviluppano non sempre risulta chiaro e definito, pertanto si riscontrano percorsi sperimentali diffusi in modo disomogeneo sul territorio nazionale, non sempre considerabili dei successi.
D’altra parte, la centralizzazione degli acquisti, lo sviluppo tecnologico, i nuovi flussi di beni, servizi, la continua corsa alla riduzione della spesa attraverso la logica del prezzo più basso rendono molto più complesso, per gli attori pubblici, rispondere attraverso l’approccio tradizionale alle criticità di carattere economico/sociale provenienti da territori che lungo l’estensione geografica delle nostre regioni possono rivelarsi assolutamente eterogenei e complessi.
Il ruolo del procurement innovativo in Sanità
Partendo da questo scenario, le recenti modifiche del quadro normativo hanno introdotto numerosi strumenti di partenariato, col proposito di favorire una maggiore condivisione delle strategie e degli obiettivi, e non soltanto (come invece le poche esperienze condotte ci mostrano) la più funzionale gestione dei servizi e della logistica sanitaria, sollecitando il coinvolgimento del privato, tanto nella fase di erogazione dei servizi, quanto soprattutto in quella di progettazione e programmazione dei servizi. Purtroppo, è proprio su questa visione strategica, che dovrebbe poi essere condivisa con il privato, che il servizio pubblico scopre il fianco (cfr. articolo sulla programmazione strategica) ed a nostro parere è velleitario che un fornitore, con una mission completamente diversa dall’ente pubblico, possa interpretarne i disagi e declinare un programma nell’ottica dell’interesse del fruitore ultimo, il cittadino.
La soluzione potrebbe essere l’introduzione di un elemento terzo, privo di coinvolgimenti legati al mercato, che faccia da collante tra questi due mondi e ne interpreti bisogni, suggerendo modelli e strumenti per colmare i gap organizzativi e tecnologici. Prima il legislatore europeo, poi quello italiano hanno introdotto le nuove forme di procurement innovativo. Si parte dalla legge delega n. 11/2016 che dettava i principi su cui è stato poi costruito il nuovo Codice Appalti, recependo i criteri dalle ultime direttive 2014/23/UE, 2014/24UE, 2014/25UE in materia di appalti pubblici, già mirava all’ambizioso obiettivo di incentivare l’integrazione pubblico-privato al fine di accrescere le risorse a disposizione e acquisire soluzioni innovative anche dal punto finanziario. La genesi del nuovo Codice degli Appalti Pubblici è stata seguita con grande interesse e molte aspettative poiché si sperava che con esso si riuscisse a portare in settori cruciali per l’economia del Paese i decisivi elementi di semplificazione auspicati dal Parlamento e dal Governo.
Ma erano aspettative troppo ottimistiche, in quanto esso contiene sicuramente numerosi elementi che sembrano muovere effettivamente nella direzione della semplificazione e della razionalizzazione di tali settori, ma riporta molti aspetti di criticità che traggono origine in modo diretto dalle scelte operate in sede di delega legislativa con la legge 28 gennaio 2016, n. 11. Infatti, le numerosissime scelte di politica normativa ed economica che il recepimento delle Direttive UE 2014 imponevano un iter di approvazione della legge di delega obiettivamente troppo lungo, che ha lasciato ben poco tempo alla promulgazione del CdA (solo 3 mesi) e di conseguenza ha lasciato irrisolti molti punti.
Con la revisione del Codice degli appalti del 2016 (Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 – Codice dei contratti pubblici, G.U. n. 91 del 19/04/2016) che abroga completamente il d.lgs. n. 163 del 12/04/2006 (che prevedeva solo la finanza di progetto[3] ed il leasing[4]) si inserisce esplicitamente il concetto di Partenariato Pubblico-Privato con cui si individua una tipologia di contratto a titolo oneroso in cui i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di un canone per la gestione del servizio ad utenza esterna. In questa tipologia di contratto il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione[5], anche del rischio di disponibilità[6] o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda[7] dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera.
PPP e rischi
Il contenuto del contratto è definito tra le parti in modo che il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore economico, per eseguire il lavoro o fornire il servizio, dipenda dall’effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell’opera o dal volume dei servizi erogati in corrispondenza della domanda e, in ogni caso, dal rispetto dei livelli di qualità contrattualizzati, purché la valutazione avvenga ex ante. Con il contratto di partenariato pubblico privato sono altresì disciplinati anche i rischi, incidenti sui corrispettivi, derivanti da fatti non imputabili all’operatore economico. La gestione dei rischi nelle PPP altro non è che un processo, su base continuativa e per tutta la durata temporale del progetto, che consente l’identificazione e l’analisi dei rischi legati ad un determinato intervento e del relativo insieme delle azioni di controllo, di prevenzione e di correzione da introdurre nel caso in cui i rischi si presentino realmente, sulla base di responsabilità ben definite tra le parti.
La corretta allocazione dei rischi nelle operazioni di PPP contribuisce in maniera sostanziale alla modalità di contabilizzazione di queste operazioni, ovvero se si tratta di contabilizzazioni di tipo on/off balance. Con la Decisione Eurostat n. 4 dell’11 Febbraio 2004 “Treatment of public-private partnerships”, l’oggetto del contratto di PPP può essere classificato da un’amministrazione come “non government”, e contabilizzata off balance, nei casi in cui il partner privato sopporti il rischio di costruzione e almeno uno tra il rischio di disponibilità e il rischio di domanda.
Quindi, normativamente gli strumenti per gli appalti di nuova generazione ci sono, a partire dal dialogo competitivo, dai partenariati per l’innovazione, dalle inedite procedure con negoziazione. Il Codice Appalti di fatto ha introdotto un solo nuovo strumento, il partenariato per l’innovazione, che però è complesso e, spesso, sconosciuto, per cui l’adozione è lenta e complicata. In realtà però questi sono tutti strumenti potenzialmente sofisticati ed efficaci, ma nella pratica ancora poco conosciuti, tanto dalla Pubblica Amministrazione quanto dalle aziende fornitrici. Si tratta quindi di una innovazione solamente teorizzata ed il perché non è conseguenza del vecchio o del nuovo codice, ma della Pubblica Amministrazione che deve avere capacità e motivi validi per comprare innovazione.
Gli obiettivi
Prendiamo riferimento dagli atti programmatici del Governo in merito alla Sanità digitale per inserire delle proposte tecnologiche abilitanti le soluzioni. Nel documento di Economia e Finanza 2019[8] il ministro Tria mette in premessa, declinando le argomentazioni del Programma Nazionale di Riforme, la volontà del Governo di agire in termini di miglioramento del Sistema sanitario nazionale e delle relative infrastrutture in quanto volano di sviluppo sociale e di supporto alle famiglie. In particolare, le sfide che il nostro SSN si troverà ad affrontare e dover gestire nei prossimi anni sono:
- gestire l’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro in un contesto di decrescita demografica;
- garantire l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) in modo uniforme su tutto il territorio nazionale;
- governare l’evoluzione della domanda in condizioni complesse e con più patologie;
- realizzare una migliore integrazione tra i sistemi sanitari, di assistenza sociale e di sostegno;
- aumentare la promozione e la prevenzione della salute;
- prepararsi ai cambiamenti derivanti dal progresso scientifico e dalla innovazione tecnologica.
In questo contesto, visti gli obiettivi fissati dal Governo, le principali azioni da intraprendere in ambito di Sanità digitale riguardano
- gli strumenti di censimento e gestione del personale e dei contratti, con algoritmi che consentano nuove metriche per la determinazione del costo del personale;
- modelli di valutazione delle performance di nuove skill e di piani di formazione continuativa e obbligatoria, legata all’evoluzione del contesto tecnologico in cui il personale dovrà lavorare;
- nuovi piani di incentivazione meritocratica legata agli obiettivi di settore ed individuali, scaturiti dal piano triennale strategico dell’Azienda e dagli obiettivi di budget di settore; fascicolo elettronico del personale.
Nel Documento di Economia e Finanza 2019 le risorse umane vengono definite la prima leva per garantire l’appropriata erogazione dei Lea e la sicurezza e la qualità delle cure. Governo e Regioni per questo convengono sulla necessità di procedere alla definizione di una metodologia condivisa per la determinazione del reale fabbisogno di personale degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, a partire dal modello già elaborato dal Ministero della Salute e dalle Regioni, in coerenza con gli obiettivi della programmazione sanitaria nazionale e regionale, anche ai fini dell’incremento del limite di spesa del personale previsto dal Decreto Calabria. Questa metodologia dovrà tenere conto di quanto già previsto in materia di definizione dei piani triennali dei fabbisogni di personale e dai relativi provvedimenti applicativi. Dovendo quindi superare le limitazioni imposte dalla legge finanziaria del 2010, e dichiarando che “le politiche per il personale saranno orientate alla corretta individuazione dei relativi fabbisogni[9]”, il Decreto Crescita ha rivisto i limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente in materia di assunzioni di personale del SSN nella necessità di non pregiudicare l’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza e per superare la carenza di personale nel SSN, determinatasi negli anni a seguito del blocco del turnover.
Perché siano correttamente completati i processi di assunzione e stabilizzazione del personale, agire sull’informatizzazione dei processi gestionali del personale significa dare supporto all’Amministrazione ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse così reperite tanto dal punto di vista amministrativo che giuridico dei contratti e nell’ordinaria gestione delle presenze, assenze, turnazioni e ferie, anche nell’ottica dell’empowerment del dipendente che potrà così gestire autonomamente le proprie esigenze amministrative tramite portale intranet o app appositamente configurati. Inoltre, proprio a sostegno delle politiche di incentivazione della meritocrazia, solo inserendo modelli valutativi oggettivi si potrà correlare le performance di ogni singolo dipendente con il raggiungimento degli obiettivi strategici aziendali a livello macroscopico e gli obiettivi operativi dello skill specifico nel dettaglio di contesto.
È inoltre intenzione del Governo proporre una modifica della normativa in materia di dirigenza sanitaria[10] per quel che concerne la scelta del top management sanitario, pertanto avere la disponibilità di fascicoli professionali nazionali on-line aggiornati dai singoli professionisti nel corso della propria costruzione della carriera, in termini di titoli, esperienze e formazione, potrebbe essere un ulteriore suggerimento che potremmo avanzare nell’ottica di valutazioni oggettive delle competenze fondamentali per tali ruoli.
Miglioramento della governance della spesa sanitaria
Il miglioramento della governance della spesa sanitaria va attuato attraverso l’implementazione di modelli di contabilità analitica che consentano la direttizzazione dei costi al paziente, la razionalizzazione dei sistemi di logistica e distribuzione del farmaco. Rispetto alla governance della spesa sanitaria, il Tavolo tecnico di lavoro sui farmaci e i dispositivi medici ha elaborato due distinti documenti di programmazione. Stato e Regioni hanno necessità di proseguire il percorso fin oggi realizzato in materia di revisione della governance farmaceutica e dei dispositivi medici, al fine di dare esecuzione agli indirizzi contenuti nei due documenti di governance, affidando al Tavolo tecnico il compito di declinare le azioni da realizzare per il perseguimento degli obiettivi individuati nelle nuove linee guida e definirne le modalità di valutazione e monitoraggio nel tempo. A tal fine, il Tavolo tecnico, sulla base dei contenuti dei rispettivi documenti, dovrà definire un cronoprogramma delle azioni da porre in essere per attuare gli indirizzi in essi contenuti, monitorarne l’avanzamento, nonché individuare le modalità di valutazione del raggiungimento degli obiettivi.
La Legge di Bilancio per il 2019, ha modificato le procedure di calcolo dello sforamento del tetto per la spesa farmaceutica relativa agli acquisti diretti e l’aggiornamento dei criteri per la determinazione dei prezzi dei farmaci. Inoltre l’AIFA ha recepito tali indicazioni attraverso il proprio piano di attività per il 2019. A questo riguardo, la Legge di Bilancio per il 2019 ha introdotto una nuova disciplina di monitoraggio della spesa farmaceutica per acquisti diretti e del relativo payback. In particolare, viene previsto che il monitoraggio della spesa e il calcolo della quota di mercato di ciascun produttore vengano effettuati sulla base delle fatture elettroniche emesse nell’anno solare di riferimento accertate dall’AIFA. Il ripiano dell’eventuale disavanzo rispetto agli obiettivi sarà a carico per il 50 per cento delle aziende produttrici secondo le rispettive quote di mercato, e per l’altro 50 per cento delle Regioni in cui si è determinato lo sforamento del tetto di spesa.
In materia di dispositivi medici invece, il documento redatto dal Tavolo tecnico incentra la gestione della domanda e dell’offerta sull’Health Technology Assessment (HTA), strumento che favorisce lo sviluppo e l’innovazione, salvaguardando la sostenibilità dei sistemi sanitari universalistici e qualificando i processi di cura. La Legge di Bilancio per il 2019 è intervenuta anche sulle norme per la determinazione dello sforamento del tetto di spesa dei dispositivi medici nonché in merito ai sistemi di sorveglianza e ai relativi registri, rendendo obbligatoria la loro tenuta. Si segnala inoltre l’avvio della sperimentazione del Registro nazionale delle protesi mammarie nonché la collaborazione tra Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e Regioni per l’implementazione del registro degli impianti protesici nonché dei dispositivi medici impiantabili. È previsto inoltre nel 2019 l’adeguamento dei criteri per la contrattazione del prezzo dei farmaci al fine di renderli aderenti agli attuali livelli di innovazione del mercato. Vanno dunque predisposti i percorsi di popolamento di tali registri in modo da creare una banca dati nazionale.
Promozione ricerca e aggiornamento LEA
La promozione dell’innovazione in ambito clinico e della ricerca, con l’introduzione delle tecniche di produzione, analisi e processamento dei big data al servizio dell’ottimizzazione dei processi e della ricerca. Per quanto riguarda il monitoraggio e l’aggiornamento dei LEA, come noto, la qualità del sistema di cura prevede, tra l’altro, la piena attuazione del decreto 178 che definisce gli standard qualitativi, strutturali, quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, oltre che l’aderenza degli enti del servizio SSN al Programma Nazionale Esiti (PNE), con l’obiettivo di rendere omogenei su tutto il territorio nazionale la qualità, i volumi e gli esiti delle cure, coniugando l’efficienza economica con l’accessibilità dei servizi.
Nella gestione dei LEA rientra anche il Piano Nazionale delle Cronicità, destinato ad assicurare ai quasi 24 milioni di persone che hanno una o più malattie croniche servizi adeguati ed omogenei in tutto il territorio nazionale. Inoltre entro 60 giorni le Regioni e le Province Autonome dovranno recepire l’Intesa e adottare il loro Piano Regionale di Governo delle Liste di Attesa (PRGLA).
Investimenti nell’edilizia sanitaria
Gli investimenti nell’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico delle attrezzature sono un altro obiettivo da perseguire. La Legge di Bilancio per il 2019 prevede un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, questi riguardano sia l’adeguamento antisismico (solo per le zone I e II) sia l’osservanza delle norme antincendio, ma la digitalizzazione può portare valore aggiunto con l’inserimento di tecniche di Building Information Modeling. In tema di digitalizzazione nell’ambito del Patto della Salute si segnala l’intesa in Conferenza Stato-Regioni concernente l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei Vaccini nonché i provvedimenti attuativi volti all’implementazione del Fascicolo Sanitario Elettronico in tutte le Regioni.
A questi si aggiungono i provvedimenti finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN che consentiranno di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale. Si estenderà anche al settore veterinario il sistema informativo per la tracciabilità dei medicinali ad uso umano. In questo settore la digitalizzazione dei processi di presa in carico e monitoraggio degli animali diventa un elemento fondamentale per vari settori, a partire da quello oncologico a finire sulla tracciabilità alimentare delle carni e dei derivati.
Revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria
Peraltro, il Patto per la Salute 2019 prevede anche la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti. Della spesa out-of-pocket una piccola percentuale (tra il 7 e l’8%) proviene dai ticket per farmaci e prestazioni sanitarie. Tutte le Regioni prevedono sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria, con un’autonomia che negli anni ha generato una vera e propria “giungla dei ticket”: infatti, come documentato dall’Agenas nel 2015, le differenze regionali sui ticket riguardano sia le prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni ambulatoriali e specialistiche, pronto soccorso, etc.), sia gli importi che i cittadini sono tenuti a corrispondere, sia le regole utilizzate per definire le esenzioni.
Il dibattito pubblico sull’incremento della spesa out-of-pocket solo raramente fa riferimento alle detrazioni fiscali concesse ai cittadini. Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevede infatti una detrazione del 19% per la parte eccedente la franchigia di 129,11 euro per le spese sanitarie relative alle spese mediche e di assistenza specifica, a quelle chirurgiche, per prestazioni specialistiche e per protesi dentarie e sanitarie in genere. Questo dato si presta inevitabilmente a due considerazioni: da un lato circa l’8,5% della spesa out-of-pocket viene indirettamente sostenuta dallo Stato sotto forma di detrazioni fiscali; dall’altro è inderogabile la necessità di utilizzare criteri evidence & value-based per rivedere – analogamente a quanto proposto per i LEA – l’elenco delle prestazioni che possono essere portate in detrazione, visto che almeno in parte riguardano attualmente prestazioni sanitarie assolutamente futili, generando spreco di denaro pubblico.[11]
Cronicità, liste d’attesa ed efficienza
Da evidenziare altri tre obiettivi:
- l rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d’attesa;
- l’implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del SSN, tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria e del Fascicolo Sanitario Elettronico;
- il miglioramento dell’efficienza e dell’appropriatezza nell’uso dei fattori produttivi e l’ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati secondo indicatori oggettivi e misurabili;
Come noto la qualità del sistema di cura prevede, inoltre, la piena attuazione del decreto n. 70 del 2 aprile 2015 che definisce gli standard qualitativi, strutturali, quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera, oltre che l’aderenza degli enti del servizio SSN[12] al Programma Nazionale Esiti (PNE), con l’obiettivo di rendere omogenei su tutto il territorio nazionale la qualità, i volumi e gli esiti delle cure, coniugando l’efficienza economica con l’accessibilità dei servizi. Nella gestione dei LEA rientra anche il Piano Nazionale delle Cronicità, destinato ad assicurare ai quasi 24 milioni di persone che hanno una o più malattie croniche servizi adeguati ed omogenei in tutto il territorio nazionale. A febbraio è stato approvato in Conferenza Stato-Regioni, il nuovo Piano Nazionale per il Governo delle Liste di Attesa 2019-2021 (PNGLA) al fine di creare un nuovo modello più efficiente e aggiornato con regole più semplici e tempi certi per le prestazioni sanitarie e incrementare il grado di efficienza e di appropriatezza di utilizzo delle risorse disponibili. Le principali caratteristiche del Piano sono:
- accesso informatico alle agende di prenotazione delle strutture pubbliche e private accreditate e della libera professione intramuraria, da parte dei sistemi informativi aziendali e regionali;
- obbligo delle Regioni e delle Province Autonome di varare entro 60 giorni il proprio piano;
- previsione dei tempi massimi di attesa di tutte le prestazioni ambulatoriali e in regime di ricovero, prevedendo, per esempio, l’utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini per almeno l’80 per cento della loro capacità produttiva;
- i direttori generali delle aziende sanitarie saranno valutati anche in base al superamento delle criticità legate ai lunghi tempi di attesa, che costituiscono un elemento prioritario della loro valutazione rientrante negli obiettivi di salute connessi agli adempimenti dei LEA.
Peraltro, alla riduzione delle liste di attesa la Legge di Bilancio per il 2019 destina 350 milioni nel triennio 2019-2021 per l’implementazione e l’ammodernamento delle infrastrutture tecnologiche dei sistemi di prenotazione elettronica per l’accesso alle strutture sanitarie.
Conclusione
Gli strumenti previsti dal nuovo Codice degli Appalti consentono di individuare nuove forme di finanziamento per le azioni fondamentali del piano di attuazione della Sanità Digitale, come previsto dagli atti precedentemente citati che rappresentano l’azione programmatica ed attuativa del Governo in materia di Sanità e welfare. L’informatizzazione che ne deriva è lo strumento che serve a questo sistema per autoregolarsi e per misurare le sue stesse performance. Il principio di base per far sì che ciò avvenga in tempi utili è la condivisione di standards nell’ottica dell’interoperabilità e della cooperazione applicativa.
Ma ciò che è fondamentale è che il disegno della macroarchitettura che deve fungere da trama su cui si poggia tutto ciò che va costruito deve essere unica, centralizzata, resiliente e soprattutto sicura. L’importante è il modello di approccio a tale progettazione che deve essere concepito in termini di analisi e valutazione del rischio, definizione delle metriche di valutazione delle performance e controllo degli esiti.
Gli strumenti economici e finanziari messi a disposizione dal governo, sfruttati in maniera oculata, evitando sovrapposizioni e sprechi, comunque sono insufficienti pertanto vanno sfruttati nella maniera corretta gli strumenti finanziari del Partenariato Pubblico Privato che presuppone un accompagnamento delle Pubbliche Amministrazioni nell’impostazione e nella corretta conduzione del monitoraggio di questi progetti. Tale supporto deve logicamente avere un carattere terzo rispetto ad amministrazione pubblica e azienda privata in modo da arbitrarne le rispettive performance.
Note
- Patto per la Salute 2019-2021. ↑
- Comunicazione della Commissione Europea 14.12.2007 – COM (2007) 799 «Appalti pre commerciali: promuovere l’innovazione per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità in Europa» ; Direttive Comunitarie 2004/18/EC e 2004/17/EC, regolatrici della materia degli appalti pubblici (lavori servizi e forniture) nei settori ordinari e nei settori speciali. ↑
- D.lgs. n. 163/2006: Capo III – artt. 152/160 ↑
- D.lgs. n. 163/2006: Capo III – artt. 160bis/160ter ↑
- rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera (D.lgs. n. 50/2016: articolo 3 comma 1 lettera aaa)); ↑
- rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti (D.lgs. n. 50/2016: articolo 3 comma 1 lettera bbb)); ↑
- rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa (D.lgs. n. 50/2016: articolo 3 comma 1 lettera ccc)). ↑
- Documento di Economia e Finanza – Sezione III “Programma Nazionale di Riforma” ↑
- D.lgs. n. 75 del 2017 – Art. 4 “Modifiche all’articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – ↑
- Decreto legislativo n. 171/2016. ↑
- III Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale ↑
- Legge 28 dicembre 2015, n. 208 – Art. 1 co. 521/547 ↑