In un contesto economico non facile in cui si incrociano posizioni assai diverse tra chi, come l’Autorità per la Concorrenza, invoca la sospensione del Codice dei contratti pubblici per lasciar posto, almeno fino all’attuazione degli investimenti da finanziare con le risorse del Recovery Plan, alla applicazione diretta delle fonti comunitarie[1], e quanti, come l’Autorità Anticorruzione, suggeriscono viceversa solo interventi puntuali per risolvere aspetti specifici[2], ad esempio quello del subappalto, proviamo a svolgere alcune considerazioni, quale contributo per chi dovrà, a breve, assumere decisioni mai come oggi rilevanti per il futuro del Paese.
L’importanza di un fronte unito
Odierna premessa di qualsiasi riflessione è, a nostro avviso, quella della necessità del consenso, a livello politico ed istituzionale. Precondizione di ogni tentativo è, infatti, l’esistenza di un forte complessivo commitment che impegni il Governo in tutte le sue espressioni, ma anche le Magistrature e le competenti Autorità, sul comune obiettivo di favorire, ciascuno per la propria parte, la tempestiva attuazione degli investimenti; come alcuni dice la loro messa a terra. Ciò secondo un definito programma ed una sede che verifichi in permanenza attualità ed efficacia dell’impegno.
Le leggi economiche dicono che il solo fatto del ritardo con il quale venga data attuazione ad investimenti voluti con finalità anticiclica è in grado di invertirne totalmente l’effetto. In quest’ottica il tavolo costituito presso il Ministero delle Infrastrutture ed il suo raccordo con l’Economia e la Presidenza del Consiglio lasciano ben sperare.
DL Semplificazioni, per uscire dalla crisi: Codice Appalti, ricorsi, iter autorizzativi
La partita delle regole, e quindi la sorte del Codice appalti come spesso definito, alla quale si lega il problema della fuga dalla firma, evocato anche dal Presidente Draghi dinanzi alla Corte dei Conti, viene a valle e, se trattata per slogan, rischia di vanificare ogni sforzo volto a superare le lentezze dei tempi di intervento che tutti unanimemente rilevano.
Codice appalti e Decreto Semplificazioni
Ebbene tra la tesi della temporanea sospensione del Codice, che peraltro registra osservazioni legate alle ampie deroghe già introdotte dal Decreto semplificazioni (n.76/2020) e quella che mira ad interventi puntuali che elimino i soli appesantimenti frutto di scelte nazionali non richieste dalle fonti comunitarie (il cosiddetto gold plating), mettiamo sul tappeto alcune osservazioni.
Invocare l’Europa non può che vederci favorevoli, peraltro nel senso di iniettare nella nostra azione sane dosi di pragmatismo. Per rendersene conto è sufficiente prender nota di cosa da anni scrive la Corte di Giustizia ad esempio sulla pretesa di escludere automaticamente le offerte anomale o, da ultimo, di fissare tetti quantitativi predeterminati per legge al subappalto per far fronte a temute distorsioni ed infiltrazioni che, così facendo, non verrebbero risolte, semmai solo percentualmente limitate. Sul punto occorre peraltro concordare con chi osserva che la sospensione del Codice, con conseguente diretta applicazione delle Direttive comunitarie, oltre a presentare problemi tecnici, non costituisce la soluzione. La situazione, nei fatti, è già questa. Il comma 4 dell’articolo 2 del decreto semplificazioni determina tale risultato, trattandosi solo di dare correttamente seguito a quanto ivi previsto.
Idem per il tema responsabilità dei funzionari pubblici, che determinerebbe, ed in effetti ha a lungo determinato, conseguenze paralizzanti specie sul fronte della spesa per investimenti. È sufficiente riscontrare i contenuti degli articoli 21 e 23, ancora del Decreto semplificazioni, per rilevare che la responsabilità per danno erariale è ora circoscritta ai soli casi di dolo accertato o di inattività del funzionario pubblico, mentre il reato di abuso d’ufficio risulta riformulato e ricondotto ad ambiti di comportamento certi e predittibili. Potrebbe continuarsi citando le norme che hanno introdotto precise tempistiche per l’aggiudicazione dei contratti, 6 mesi nel massimo, da rispettare, qui si a pena di responsabilità erariale, l’obbligo di procedere comunque con il contratto ed i lavori in caso di mancata concessione della sospensiva del provvedimento di aggiudicazione in ipotesi impugnato, la generalizzazione dell’avvio dei lavori anche in pendenza della stipula del contratto, i collegi consultivi tecnici per evitarne la sospensione o operarne lo sblocco.
Perché digitalizzare i processi di procurement
Trattasi di strumenti, indispensabili per concludere entro il 2026 gli investimenti finanziati a mezzo del Recovery Fund; la domanda che a questo punto è lecito porsi è come mai restano ignorati o peggio espressamente disattesi nelle attività in corso ed assenti dal dibattito di questi giorni su come intervenire? Parlare ancora di regole può essere su alcuni aspetti utile per migliorare profili specifici, ma il fatto è che gli strumenti per intervenire già sono presenti ed è sufficiente applicarli con quel comune committment evocato in premessa che, forse in modo non del tutto incolpevole, è fin qui mancato.
A fronte della semplificazione già operata nel senso detto, l’innovazione dei processi tramite la loro digitalizzazione, la condivisione di tutte le fasi che vanno dalla programmazione al collaudo fino alla successiva manutenzione a mezzo di piattaforme uniche, semmai integrate dall’utilizzo di modalità di notarizzazione informatica della documentazione che ne costituisce presupposto, ben potrebbe, anche nel breve, aiutare a superare le remore di chi teme l’approccio acceleratorio.
La verificabilità ex post dell’attività svolta che la notarizzazione informatica è in grado di garantire può ben servire a superare quel rapporto di sfiducia verso chi opera nel campo dei contratti pubblici che ha fin qui condizionato ogni iniziativa, generando i blocchi oggi da rimuovere nell’interesse di tutti. Se poi tale approccio debba valere in via temporanea o a regime è questione secondaria o addirittura oziosa; se trattasi dell’occasione di superare un problema che da tempo affligge il sistema non c’è ragione per circoscriverne l’applicazione sul piano oggettivo o temporale.
Le risorse a disposizione
Resta il tema risorse. Per una volta non si tratta di questione ostativa per via della loro forte limitazione alla quale per anni abbiamo assistito. Trattasi del risultato di un evidente mutato approccio a livello comunitario, corte costituzionale tedesca permettendo, dove il ricorso al debito comune per alimentare, nell’interesse di tutti, un epocale programma di trasformazione dell’Europa e del sistema economico e sociale che la sorregge, pone sul tavolo finanziamenti importanti e senza precedenti.
Il punto peraltro rimane rilevante in quanto va da sé che le risorse del Recovery Fund debbano avere destinazione aggiuntiva e non sostitutiva, andando con ciò ad integrare gli investimenti ordinari, anche finanziati da canali comunitari ordinari, quali i fondi strutturali 2014-2020, per la parte ancora da utilizzare, e 2021-2027. Ciò al fine di realizzare, tanto a livello centrale che locale, un programma di interventi completo e coerente rispetto alle logiche di piena integrazione, anche fisica, dell’Italia nel tessuto europeo. In questo senso molti dei fatti nazionali più recenti sembrano fortunatamente propendere in modo deciso. Il treno, forse l’ultimo, per un vero cambio di passo dell’intero sistema Paese, non estemporaneo e contingente ma convinto e duraturo, non andrebbe perso.
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Note
- In tal senso si veda la Segnalazione inviata al Governo, ai sensi degli articoli 21 e 22 della l.287/90, recante Proposte di riforma concorrenziale, ai fini della predisposizione del disegno di legge Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza, per l’anno 2021, pag.29. ↑
- Così, Audizione del Presidente Avv. Giuseppe Busia presso l’8^ Commissione della Camera dei Deputati il 2 febbraio 2021. ↑