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Ma quale DL “Semplificazioni”, qui si rischia il caos normativo: ecco perché

Alcuni interventi del DL Semplificazioni sul Codice Appalti possono portare a confusione sulle regole da adottare in materia di contratti pubblici, ad esempio per il sovrapporsi di norme temporanee sul quadro legislativo generale. Vediamo i problemi principali

Pubblicato il 31 Ago 2020

Paola Conio

Avvocata, Senior Partner Studio Legale Leone

appalti

Il Decreto Semplificazioni interviene ancora sul Codice Appalti, principalmente attraverso disposizioni derogatorie “a tempo”. Tale scelta appare compatibile con la natura dello strumento scelto, ovvero il decreto-legge, che, ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, presuppone l’eccezionalità e l’urgenza di una situazione contingente, che legittima il Governo ad intervenire con un provvedimento provvisorio avente forza di legge, da sottoporre solo successivamente all’esame del Parlamento.

Tuttavia, non può non rilevarsi come il continuo rimaneggiamento delle disposizioni in materia di contratti pubblici mediante provvedimenti d’urgenza e il conseguente affastellarsi di quadri normativi temporanei e diversi tra loro, parzialmente sovrapposti, certamente non giovi, a prescindere dal giudizio sulla qualità del singolo provvedimento, a quel dichiarato intento di semplificazione che ispira gli stessi interventi.

Gli interventi sul Codice appalti

Al delicatissimo tema della semplificazione in materia di contratti pubblici è dedicato il capo primo del titolo primo del decreto n. 76/2020, in particolare gli articoli che vanno dall’1 al 9. Le modifiche contenute nei primi nove articoli del decreto sono molte e, in questa sede, vi sarà spazio soltanto per trattarne alcune. È però doverosa una riflessione in termini generali. Come si è già osservato in altre occasioni, spiace notare come, in particolare nell’ambito del public procurement, la semplificazione venga sempre più spesso interpretata come una deroga temporanea, spesso tagliata con l’accetta, a norme e principi che governano l’azione amministrativa, anziché come un processo complesso – perché semplificare è indubbiamente una delle cose più difficili dell’universo – ma sostanziale che conduca al graduale superamento delle cause delle difficoltà che incontrano gli operatori del settore, dal lato pubblico e da quello privato nella programmazione, nell’affidamento e nella gestione dei contratti pubblici. Non si può, difatti, ragionevolmente ritenere che ciò che ingessa il settore degli affidamenti pubblici sia l’obbligo di rispettare principi come la trasparenza o la tutela della qualità delle commesse pubbliche, oppure la necessità di prevenire fenomeni devianti. Se così fosse, allora il public procurement non avrebbe scampo perché di certo non può teorizzarsi una deroga permanente a questi principi.

Il problema non sono – o meglio, non dovrebbero essere – i principi che, tra l’altro, assai difficilmente potrebbero essere messi in discussione, il problema risiede nelle modalità pratiche con cui i principi in questione vengono applicati, negli strumenti (materiali e immateriali) che vengono dati alle stazioni appaltanti per applicarli in modo rapido, efficace e corretto.

La semplificazione sotto-soglia

L’articolo 1 del decreto si riferisce agli appalti di importo inferiore alle soglie europee, per i quali gli Stati membri dell’Unione Europea hanno un più ampio margine di manovra, fatto salvo il rispetto dei principi generali del Trattato dell’Unione e la verifica dell’eventuale “interesse transfrontaliero” che giustificherebbe l’applicazione, anche a questi affidamenti, delle regole vigenti per gli appalti sopra – soglia.

Il primo comma è, in certo modo, singolare, nel contesto di alleggerimento in termini generali dei rischi di responsabilità erariale contenuto nel medesimo decreto. Dopo aver inserito, anche in altri articoli, delle disposizioni per accelerare i procedimenti di affidamento, stipula e avvio dell’esecuzione dei contratti pubblici si prevede, difatti, la valutabilità ai fini della responsabilità erariale in capo al RUP, del mancato completamento del procedimento di aggiudicazione o di individuazione del contraente nel termine di 2 mesi per l’affidamento diretto e 4 mesi per quello preceduto da confronto concorrenziale o di ritardata stipulazione del contratto o di ritardato avvio dello stesso. Correlativamente, ove il mancato rispetto dei termini che precedono sia da ascriversi all’operatore economico, si prevede la possibilità di comminare l’esclusione dalla procedura o la risoluzione del contratto per grave inadempimento. Si tratta di una disposizione a tempo, valida sino al 31 luglio 2021.

Viene, poi, previsto l’innalzamento della soglia dell’affidamento diretto non preceduto da confronto concorrenziale da 40 mila a 150 mila euro, il che dovrebbe senza dubbio facilitare la conclusione del processo di individuazione del contraente entro il termine previsto dal decreto. Per quanto concerne, invece, gli affidamenti di importo superiore a 150 mila euro si passa alla procedura negoziata, che anche per i lavori viene portata sino alla soglia di interesse europeo, di 5 milioni e 350 mila euro, con un numero di operatori economici diverso da interpellare a seconda delle fasce intermedie di importo.

Per gli affidamenti sotto soglia le stazioni appaltanti, sempre sino al 31 luglio 2021, possono comunque ricorrere al prezzo più basso. Viene anche eliminato, per gli appalti sotto soglia, l’obbligo di richiedere la cauzione provvisoria, che potrà eccezionalmente e motivatamente essere prevista dalla stazione appaltante solo per l’importo dell’1 per cento del valore dell’affidamento.

Semplificazioni sopra soglia

Più complessa appare l’interpretazione del secondo articolo del decreto. La disposizione detta norme acceleratorie – anche in questo caso un tempo massimo (6 mesi) per la conclusione dei procedimenti di aggiudicazione, con ritardi valutabili in termini di responsabilità – per gli affidamenti sopra soglia, valide sino al 31 luglio 2021. In termini generali, il comma 2 prevede che le stazioni appaltanti procedano all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione sopra soglia mediante la procedura aperta, ristretta o, nel caso in cui sussistano i presupposti di legge, competitiva con negoziazione, applicando termini abbreviati.

Il comma terzo, invece, in buona sostanza ribadisce quanto già previsto dalla normativa vigente, ovvero la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata senza bando di cui all’art. 63 del Codice per i settori ordinari e art. 125 per i settori speciali nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, non sia possibile il rispetto dei termini ordinari.

Il quarto – e più problematico – comma, prevede una deroga generalizzata di “ogni disposizione di legge diversa da quella penale” per gli appalti di cui sopra, “nonché nei settori dell’edilizia scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, delle infrastrutture per la sicurezza pubblica, dei trasporti e delle infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017 – 2021 e relativi aggiornamenti, nonché gli interventi funzionali alla realizzazione della transizione energetica, e per i contratti relativi o collegati ad essi”. Lo stesso comma, per i predetti appalti, fa altresì salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché “dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, ivi inclusi quelli derivanti dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE, dei principi di cui agli articoli 30, 34 e 42 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e delle disposizioni in materia di subappalto”.

Non è quindi molto chiara la portata della delega, sotto due diversi profili. Da un lato, sarà comunque il RUP a dover interpretare quali siano “i vincoli inderogabili” ai quali è soggetto, vincoli che saranno presumibilmente diversi per i settori ordinari e per quelli speciali. In particolare, per i settori speciali, sembrerebbe dal richiamo alle diposizioni della direttiva 2014/25/UE, che mentre le norme a recepimento obbligatorio indicate nella citata direttiva debbano essere rispettate, le disposizioni del Codice che hanno inasprito i vincoli posti per tali settori operando una sostanziale equiparazione degli stessi a quelli ordinari possano essere senz’altro disattese, così come una totale libertà – salvo il rispetto dei principi fondamentali del Trattato – sembra esservi per quanto attiene agli affidamenti sotto soglia (non disciplinati a livello europeo) e alla fase esecutiva del contratto, salvo per quanto concerne il subappalto e le modifiche contrattuali (queste ultime espressamente disciplinate dalla direttiva richiamata). Per i settori ordinari, invece, dovrebbero essere applicate le norme a recepimento obbligatorio della Direttiva 2014/24/UE. Tutto ciò sempre che si interpreti come “vincolo inderogabile derivante dall’appartenenza all’Unione europea” l’applicazione delle norme a recepimento obbligatorio delle predette direttive. Considerando che il mancato o inesatto recepimento delle predette disposizioni espone lo Stato membro alla procedura di infrazione, dovrebbe concludersi che si tratti in effetti di vincoli inderogabili.

La necessità di chiarezza

Ulteriore problema sull’ampiezza della deroga si pone per le altre norme contenute in articoli diversi dello stesso decreto semplificazioni. Stando al tenore letterale della disposizione in commento – che secondo le regole dell’ermeneutica dovrebbe comunque costituire il primo e principale riferimento dell’interprete – sembrerebbe doversi concludere che neppure le norme contenute nel medesimo D.L. 76/2020, disciplinanti a vario titolo l’affidamento e/o l’esecuzione dei contratti pubblici, trovino applicazione nei casi previsti dall’art. 2 comma 4 citato.

Se, da un lato, potrebbe apparire incoerente dal punto di vista sistematico ritenere che, proprio per quegli appalti evidentemente ritenuti maggiormente strategici al fine di traghettare il Paese al di fuori della crisi economica che è conseguita a quella sanitaria, non trovino applicazione le disposizioni adottate nel decreto in quanto (nella mente degli estensori) “semplificatorie” e “acceleratorie” degli appalti pubblici, dall’altro è a questa conclusione che sembra condurre la lettura testuale dell’art. 2 comma 4.

Ciò premesso, tuttavia, non è scontato, anche ove si abbracci l’ipotesi dell’interpretazione letterale, se le disposizioni del Decreto semplificazioni che, ad esempio, dettano norme relative alla costituzione del Collegio tecnico siano da considerare disposizioni in senso stretto pertinenti alla “esecuzione” dei lavori e, quindi, come tali derogate, oppure piuttosto debbano ritenersi disposizioni di carattere organizzativo o latu sensu di prevenzione del contenzioso e, quindi, non derogabili.

Altre disposizioni sui contratti pubblici

Oltre le disposizioni sopra richiamate, ve ne sono molte altre che meriterebbero una trattazione ampia che, per ragioni di spazio, non può essere fatta in questa sede. Il decreto prevede l’applicazione in via transitoria, fino al 31 luglio 2021, di disposizioni semplificatorie in materia di verifiche antimafia, tra cui il rilascio di una liberatoria provvisoria che consente di stipulare subito il contratto, salvo verifiche ulteriori. Viene stabilito il termine di 60 giorni per la stipula del contratto, il cui mancato rispetto può determinare come visto l’insorgere della responsabilità erariale.

La sospensione delle opere viene limitata a gravi motivi e vengono dettate disposizioni che consentano il rapido proseguimento dell’appalto anche nel caso di crisi o insolvenza dell’appaltatore, si prevede l’istituzione del Collegio consultivo tecnico per tutti i lavori sopra soglia e si dettano. Ma si devono ricordare anche le disposizioni sulle centrali di committenza, la modifica dell’art. 183 in materia di project financing a iniziativa privata, l’aggiornamento delle norme sulla nomina e i poteri dei Commissari straordinari.

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