Il punto

E-Procurement, se i buoni propositi si scontrano con l’arretratezza Paese

La domanda pubblica di innovazione stenta a decollare ed è il termometro della difficoltà del Paese dal liberarsi da quella burocrazia che è individuata come ingessatura che paralizza l’economia e che crea corruzione, disoccupazione e blocco della scala sociale

Pubblicato il 04 Set 2017

Michele Gorga

avvocato

Procurement

La digitalizzazione dei processi di approvvigionamento dei  beni e dei servizi delle pubbliche amministrazioni, nelle modalità dell’electronic public procurement, e il controllo delle relative procedure,  tramite la nuova figura del Data Protection Officer (DPO), sono due dei principali driver delle politiche della Commissione europea che recentemente si sono concretizzati in chiari, e quasi completi,  provvedimenti normativi. L’obiettivo europeo, nel medio periodo, è quello di favorire nei paesi dell’Unione la digitalizzazione dell’intero processo di approvvigionamento delle pubbliche amministrazioni nelle due fasi di pre e post aggiudicazione, ovvero dalla pubblicazione dei bandi fino al pagamento  – appalti elettronici end-to-end – e di conseguenza un ruolo essenziale dovranno ricoprire, in questa prospettiva, i  Data Protection Officer presso ogni pubblica amministrazione centrale o locale anche e soprattutto per gli approvvigionamento dei beni e servizi nell’ambito dell’e-procurement.

Agli appalti tradizionali di beni e servizi nella PA si vanno affiancando, prepotentemente, negli ultimi mesi gli appalti di beni e servizi per l’immigrazione dove alle improvvisate cooperative private – che tanto dibattito hanno generato per la mancanza di trasparenza – sempre più si va sostituendo l’idea di appalti pre-commerciali pubblici per la gestione dei flussi, la selezione e la sistemazione degli immigrati nei paesi europei. Il tutto sulla base di una programmazione della necessità della tipologia delle risorse che potrà essere  il nuovo banco di prova delle pubbliche amministrazioni, in particolare di quelle locali d’intesa con il Ministero degli Interni o di un costituendo, qualora se ne ravvisasse la necessità,  di un Ministero ad hoc dell’immigrazione.

L’e-procurement rappresenta, nella sua attuale struttura, una fondamentale leva per la crescita dell’economia, per la modernizzazione ed una maggiore efficienza dei processi amministrativi, per il controllo e la riduzione della spesa pubblica e si presta, quindi, alla necessità della rapida gestione e collocazione o restituzione dei migranti.

Nel nostro paese l’e-procurement, ad oggi, ha ancora obiettivi cosiddetti generalisti individuati nella semplificazione, digitalizzazione e nella trasparenza delle procedure di aggiudicazione e gestione dei contratti pubblici, in logica di single internal market nonché la promozione della domanda pubblica di innovazione, quest’ultima, poi, stenta a decollare ed è il termometro della difficoltà del Paese dal liberarsi da quella burocrazia che è unanimemente individuata come ingessatura che paralizza l’economia e che crea  corruzione, disoccupazione e blocco della scala sociale specie per le nuove generazioni.

Si stima che sia stata pari a 87 miliardi di euro la quota di spesa per beni e servizi gestita dalle 32.000 stazioni appaltanti polverizzate sul territorio nazionale che nel corso del 2016 dovevano essere – e non lo sono state –  razionalizzate attraverso le procedure di acquisto dei soggetti aggregatori del cosiddetto “sistema a rete” e di cui non si è visto, sino a questo momento, ne la “rete” ne il “sistema”.  

Il 19 aprile 2016, com’è ben noto, è entrato in vigore il Decreto legislativo n. 50 che ha dettato nuove disposizioni in merito al recepimento delle direttive europee e introdotto le azioni necessarie a regolamentare e standardizzare i processi e le procedure in ambito e-procurement. All’art. 58 del decreto co.10 è stata, in  quell’ottica sciagurata delle cosiddette “linee guida” rimesse all’ANAC, per l’e-procurement previsto che oltre a quelle che potrebbero essere emesse dall’autorità ve ne sono altre aggiuntive rimesse ad AgID che è stata autorizzata ad emanare le regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisito e di negoziazione.   

In ossequio alla predetta previsione del  nuovo Codice degli Appalti, AgID ha emanato una circolare – la  n.3 del 6 dicembre 2016 – recante “Regole tecniche aggiuntive per garantire il colloquio e la condivisione dei dati tra i sistemi telematici di acquisto e di negoziazione”,  con la quale ha predisposto le regole tecniche per i  due ambiti del public e-procurement con i relativi processi di pre-aggiudicazione e post-aggiudicazione.

Si prevede nel pre-aggiudicazione la dematerializzazione e la regolamentazione delle gare di appalto pubblico attraverso l’effettuazione di gare telematiche che in attuazione delle direttive europee comportano  l’obbligo delle comunicazioni, della pubblicazione dei bandi di gara e delle procedure di accesso ai documenti di gara e la  presentazione delle offerte solo nella modalità elettronica.

E’ da rilevare, però, che stante l’arretratezza tecnologica dei paesi del sud Europa e del continente africano,  è evidente che i buoni propositi di un’unica piattaforma per la sistemazione e gestione dei flussi sulla base dell’electronic public procurement è per il momento un’azione solo velleitaria.  

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