La provocazione

E se la PA usasse una piattaforma web come mercato elettronico?

Fra Codice degli Appalti, fatturazione elettronica, Consip, Durc, leggi complicate e piene di errori, una storiella divertente sulle norme della PA per le procedure di acquisto, e una proposta provocatoria

Pubblicato il 13 Mar 2017

Nicola Casagli

università di Firenze

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Le recenti vicende CONSIP hanno portato alla ribalta nazionale il problema irrisolto degli approvvigionamenti di beni e servizi nella Pubblica Amministrazione, in particolare nelle Università e negli Enti di Ricerca, dove la crescente burocrazia ha generato i suoi effetti più assurdi e grotteschi. Un paio di anni fa scrissi su ROARS una storiella per cercare di porre l’attenzione sull’argomento, nella speranza di un aggiustamento di rotta. Da allora ci sono state numerose promesse di semplificazione, in primis da parte dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi che ha dichiarato: “non si governa l’Università con gli stessi criteri con cui si fa un appalto in una ASL o un Comune”. Purtroppo alle dichiarazioni non ha fatto seguito finora alcun provvedimento concreto, ma anzi la burocrazia si è ancor più complicata. Ripropongo quindi un aggiornamento della storiella, che tiene conto anche delle più recenti complicazioni, e che si conclude con una proposta di soluzione, logica, pratica e a costo zero.

Dopo mesi e mesi di riflessione ho elaborato un piano geniale per debellare le mafie, eliminare la corruzione, risanare le finanze pubbliche, contenere la spesa, evitare gli sprechi e rendere efficiente e trasparente la Pubblica Amministrazione in generale, e l’Università in particolare, modernizzandola e adeguandola alle nuove esigenze della Società della Conoscenza. La ricetta è semplice: “segui il denaro”, la micidiale strategia del giudice Falcone.

L’idea è un po’ difficile da spiegare – ci sono molti tecnicismi – per cui provo a farlo con un esempio pratico. Ipotizziamo che un professore di un’Università pubblica e statale debba comprare una penna. Cosa fa adesso? Va da un cartolaio qualsiasi e compra una penna come gli pare a lui, a un prezzo arbitrario, la paga magari in contanti, e poi si fa rimborsare la spesa sui propri fondi di ricerca dall’amministrazione del Dipartimento.

Così non va. Non ci siamo proprio. Su tutto questo non c’è alcun controllo. Nessuna tracciabilità. Zero trasparenza. Troppo libero arbitrio. Così ci esponiamo alla corruzione e alle infiltrazioni della criminalità organizzata! Allora cerchiamo di cambiare per legge il workflow – il flusso di lavoro – in maniera da controllare ogni passaggio del processo decisionale ed esecutivo.

Per prima cosa introduciamo il concetto della Programmazione Centralizzata degli Approvvigionamenti, buona prassi utilizzata a livello internazionale, con eccellenti esempi nell’ex Unione Sovietica, nella Repubblica Popolare Cinese fino a non molto tempo fa e, tutt’oggi, nella Repubblica Popolare Democratica di Corea.

L’idea è molto semplice. All’inizio dell’anno l’Università deve prevedere quante penne gli serviranno per trattare il miglior prezzo a stock con un fornitore unico. Basta decidere se fare la programmazione sull’anno solare, quello finanziario o quello accademico, ma questi sono dettagli.

Ancora meglio sarebbe una programmazione inter-Ateneo a livello regionale, mettendo insieme tutti gli Atenei statali, non statali e telematici per ciascuna Regione, per sapere quante penne potrebbero servire in tutto, realizzando così il Sistema Integrato Regionale di Programmazione Centralizzata degli Approvvigionamenti.

Va poi trovato un acronimo chiaro e comprensibile per tutti. SIRPCA non può proprio andare e allora facciamo CRACentrale Regionale Acquisti – fa pensare a un ranocchio, ma almeno è breve. Sarebbe bene istituire anche una centrale acquisti a livello nazionale, per evitare che ogni Regione faccia un po’ come gli pare.

L’imperativo categorico deve essere armonizzare, uniformare, standardizzare, tracciare, codificare e, allora, costituiamo la Centrale Acquisti Nazionale della Pubblica Amministrazione Italiana. Anche qui va trovato un buon acronimo: CANPAI non può andare – ricorda troppo un brindisi giapponese – e poi c’è il problema della “n” prima della “p” che ci esporrebbe alle giuste rimostranze dell’Accademia della Crusca.

Idea! Facciamo CONSIP – che sta per Concessionaria Servizi Informativi Pubblici: non si capisce bene cosa vuol dire, ma forse è meglio così.

Dopodiché serve una piattaforma informatica, una specie di portale per il commercio elettronico in cui fornitori, grossisti e venditori al dettaglio, per esempio di penne e cancelleria, possono registrarsi – dopo opportuna certificazione – e fissare prezzi, sconti e condizioni. Lo chiameremo MEPA: Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione, questa volta l’acronimo non è proprio un problema.

A questo punto un primo risultato fondamentale sarebbe già stato conseguito: in tutte le Università italiane – anzi in tutta la Pubblica Amministrazione nazionale – verrebbero usate le stesse penne. Bisognerebbe cercare di uniformare anche la calligrafia, ma questo è un altro problema.

Saremmo così diventati un esempio per gli altri Paesi e potremmo addirittura farci promotori di una direttiva europea per estendere il modello italiano a livello comunitario. Per sopire sul nascere le proteste degli utilizzatori consiglierei di partire con una massiccia campagna di stampa sulla bellezza e i benefici del MEPA, nonché di pubblicare tempestivamente delle chiare istruzioni sul suo impiego, composte per esempio da: dieci passi per iniziare, sette Guide operative per la PA e 15 per le imprese, cinque Approfondimenti, 17 filmati dimostrativi che illustrano i percorsi più utili per utilizzare il portale acquisti, sei sezioni di FAQ per la PA e altrettante per le imprese, una di Benchmarks, un Help contestuale con 14 voci divise in tre sezioni per la PA, 12 voci divise in cinque sezioni per le imprese.

E poi via con i corsi di formazione: nel solo mese di marzo 2017 CONSIP organizza quattro corsi di formazione on line per la PA, tre per le imprese e 11 eventi, oltre che corsi online in numero incomputabile.

Seguire il denaro – diceva Falcone – e allora bisogna tracciare i flussi finanziari e controllare gli strumenti di pagamento. Ogni progetto e capitolo di spesa della Pubblica Amministrazione deve essere dotato di un Codice Unico di Progetto, che chiameremo CUP, come una tazza di tè inglese. Poi per ogni procedura di acquisto assegneremo un Codice Identificativo di Gara che battezzeremo CIG.

Qualcuno, che non conosce bene le norme in materia di appalti pubblici, magari si chiederà che cosa c’entra la parola “gara”. Però va bene così, il termine dà un’immagine molto competitiva, dinamica e moderna della Pubblica Amministrazione. A questo punto l’acquisto della penna di cui al nostro esempio sarà già tracciato con ben due codici, e questo è davvero un gran bel risultato. Per le Università ci sono addirittura anche i codici di progetto, di impegno e di mandato sull’applicativo U-GOV del CINECA e così abbiamo già totalizzato come minimo 5 codici per tracciare la nostra penna.

Nulla potrà più sfuggire!

Non basta però tracciare i flussi finanziari, vanno tracciate e codificate anche le persone. Nella Pubblica Amministrazione italiana infatti non si sa mai chi fa che cosa e chi è responsabile di una qualsiasi azione. Allora stabiliamo che ogni procedura di acquisto deve avere necessariamente un Responsabile Unico di Procedimento: acronimo RUP, un po’ volgarotto ma efficace.

Il RUP dovrà produrre una dettagliata relazione tecnica per motivare ciascun procedimento di approvvigionamento. Il RUP poi non può essere scelto a caso. Deve essere ufficialmente nominato dal responsabile amministrativo del centro di spesa, meglio se con una deliberazione dell’organo collegiale, scrupolosamente verbalizzata in triplice copia cartacea protocollata con Protocollo Elettronico TITULUS. La nomina deve essere poi disposta con decreto dirigenziale, sempre rigorosamente in triplice copia cartacea protocollata con Protocollo Elettronico TITULUS.

Il RUP associato al CUP e al CIG sarà così tracciato e riconoscibile. Il risultato, tornando all’esempio, è che ora sono in grado di sapere esattamente chi ha comprato la penna e perché. Ecco a voi la Scheda Unica di Approvvigionamento per Acquisto Centralizzato, che chiameremo SUA-AC, anche per prendere un po’ in giro quei burocrati dell’ANVUR che hanno partorito la SUA-RD e la SUA-CdS:

FORNITURA: Penna Bic modello Crystal
FORNITORE: omissis per la privacy
CENTRALE ACQUISTI: MEPA
CUP: B36I25000280004
CIG: Z230F71967
RUP: prof. Nicola Casagli
GIUSTIFICATIVO APPROVVIGIONAMENTO: mi serviva per scrivere.

Ci vuole poi un’idea per garantire che i fornitori siano in regola con gli adempimenti fiscali e contributivi. I 33 mila dipendenti dell’Agenzia delle Entrate, gli altrettanti 33 mila lavoratori dell’INPS e i 12 mila dell’INAIL, poverini, non ce la fanno da soli a controllare la regolarità della miriade di diversi versamenti contributivi, previdenziali e assicurativi, dovuti dalla miriade di operatori economici nazionali.

La miriade della miriade – come diceva Archimede – è un numero enorme e il controllo richiede quindi l’unione degli sforzi di tutta la Nazione. Ecco allora l’idea geniale: mettiamo tutta la PA italiana a fare i controlli – tanto hanno poco da fare – stabilendo la regola che per poter ricevere il pagamento di una qualsiasi fornitura alla PA l’operatore economico deve obbligatoriamente produrre un Documento Unico di Regolarità Contributiva, che chiameremo DURC – che fa molto macho ed esprime bene l’inflessibilità dello Stato contro gli evasori.

Chi non ha il DURC non può pertanto ricevere pagamenti dalla PA e addirittura non può nemmeno registrarsi sul MEPA. Ora poi, se la nuova penna viene inserita nell’ambiente lavorativo, è bene che siano analizzate e certificate le possibili conseguenze per ottemperare alle norme in materia di sicurezza dei luoghi del lavoro.

Stabiliamo quindi l’obbligo di un Documento Unico per la Valutazione Rischi da Interferenze – che chiameremo DUVRI o anche DVRI, così tanto per confondere le idee. A rigor di logica esso dovrebbe essere prescritto per le forniture che richiedono l’intervento sugli impianti dei locali dei luoghi di lavoro. Nell’incertezza però io lo farei chiedere sempre, anche nel nostro esempio della penna.

Chi mi garantisce infatti che al professore non salti in testa di infilare il tappino della Bic in qualche presa elettrica e interferire così con l’impianto generale? Ci vuole anche in questo caso il DUVRI, date retta a me.

Anzi è bene che esso sia predisposto dal Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) o dall’Addetto al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP), d’intesa con il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), o almeno con il Preposto alla Sicurezza (PS), tutti rigorosamente dotati di DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), e con rigoroso obbligo di comunicazione all’INAIL e al PISLL (Igiene, Prevenzione e Sicurezza nei luoghi di Lavoro) della ASL.

Il processo però è ancora incompleto: siamo nell’era digitale e quindi ogni passaggio deve essere informatizzato. Sul MEPA quindi il RUP potrà fare un ODA (Ordine di Affidamento Diretto) – ma solo in caso di unico fornitore – oppure una RDO (Richiesta di Offerta) utilizzando la PEC (Posta Elettronica Certificata) – si sa che la posta elettronica ordinaria non è affidabile – per poi fare una Determina di aggiudicazione ben determinata valevole a tempo determinato – che potremmo chiamare DDD oppure D3 che fa più figo – e quindi un BDOE (Buono d’Ordine Elettronico) con firma rigorosamente digitale – DSS Digital Signature Service – e marca temporale elettronica generata da una Time Stamping Authority (TSA), dopo ovviamente aver assegnato il CUP e il CIG, richiesto il DURC e il DUVRI.

Accidenti, manca ancora qualcosa! Dopo tutto questo sfarzo di avveniristica tecnologia, il fornitore ci manderà solo una volgare fattura – magari orrendamente cartacea – numerata in modo insignificante, non standardizzato, non omogeneizzato, non armonizzato.

Alè, introduciamo allora la fatturazione elettronica. Facciamo un altro portale, che chiameremo FatturaPA, e scriviamo in bella evidenza sulla home page: l‘Amministrazione pubblica, per ricevere il file FatturaPA dagli Operatori Economici attraverso il Sistema di Interscambio, deve preventivamente censire all’interno dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA o IndicePA) tutti i propri uffici centrali e periferici che possono essere destinatari di fatture elettroniche. Il censimento degli uffici destinatari avviene attraverso il sito dell’IndicePA e deve essere preceduto dall’accreditamento del canale utilizzato per la ricezione dei file FatturaPA attraverso l’applicazione Accreditare il canale nella sezione Strumenti di questo sito. Il canale definito in questa sezione deve essere riportato all’atto del censimento nell’IndicePA. Si precisa che nel caso di utilizzo del canale PEC (Posta Elettronica Certificata) non è necessario il preventivo accreditamento presso il SdI. Occorre tuttavia che l’indirizzo venga riportato nell’IndicePA. Al termine del censimento dell’ufficio destinatario, l’IndicePA fornisce all’Amministrazione un Codice Ufficio alfanumerico, di sei caratteri, indispensabile per la ricezione delle fatture da parte degli Operatori economici (il Codice Ufficio corrisponde al CodiceDestinatario all’interno del file FatturaPA).

(E’ scritto per davvero così, non è uno scherzo!).

Abbiamo così anche un codice con un bell’acronimo tutto nuovo: l’IPA l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni. Speriamo che non venga confuso con l’International Psychoanalytical Association ma, forse, si tratta della stessa cosa. Cosa diavolo sia poi il SdI citato sul sito non è dato di sapere, ma serve certamente come depistaggio per confondere le idee ai malavitosi.

Nel frattempo sarebbe una buona idea rifare il Codice dei Contratti Pubblici per semplificare il caos di quello precedente che era un pasticcio burocratico di 257 articoli, suddivisi in 42 fra titoli, capi e sezioni, con ben 38 allegati. L’idea è quella di fare un nuovo testo più snello, per poi rimandare tutta la complicazione alle linee guida emanate dall’ANAC: l’Autorità Nazionale Anti-Corruzione. Qualcuno si potrebbe chiedere: ma cosa c’entra l’anti-corruzione con l’acquisto della penna? E invece c’entra, perché tutto, ma proprio tutto deve essere controllato, tracciato e monitorato. Il nostro modello è Falcone – ricordiamocelo – e infatti a capo dell’ANAC ci deve essere un bravo Magistrato, noto per la lotta contro la malavita organizzata.

Per rendere il tutto più efficace si potrebbe pubblicare nella Gazzetta Ufficiale il testo del nuovo codice dei contratti riempiendoli di errori (per esempio 181 sbagli su 220 articoli), per poi correggerlo subito dopo. E’ sempre bene infatti adottare opportune azioni di depistaggio.

Si potrebbe poi chiedere a tutta la PA di redigere dei Piani Triennali Anti-corruzione (PTAC), nominare i Responsabili della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) e implementare le istruzioni della Bussola della Trasparenza (BT) sui propri siti web.

E in questo contesto come poteva mancare un nuovo portale per la PA: il Portale dei bandi e dei contratti pubblici (PBCP). Certo che Portale della Trasparenza e dell’Anticorruzione sarebbe stato più bello, ma l’acronimo PTAC purtroppo lo abbiamo già usato per i piani triennali e non possiamo permetterci ambiguità.

Una volta che abbiamo il nuovo portale ci possiamo sbizzarrire: e allora via con il Sistema Informativo Monitoraggio Gare (SIMOG), il sistema AVCpass per gli Operatori Economici (OE) e per le Stazioni Appaltanti (SA), l’Applicativo Gestionale Gare e Appalti Pubblici (GGAP) con relativo file XML che nessuno capisce cos’è … come tutto il resto appunto.

A questo punto abbiamo il workflow completo per gli approvvigionamenti anti-mafia, anti-corruzione, anti-evasione, anti-spreco, anti-nebbia, anti-incendio, anti-furto, anti-trust, anti-materia, anti-ruggine, anti-depressivo, anti-costituzionale e anti-patico.

Lo chiameremo in codice:

CRA-CONSIP-MEPA-CUP-CIG-UGOV-CINECA-RUP-TITULUS-SUA-AC-DURC-DUVRI-DVRI-RSPP-ASPP-RLS-PS-DPI-PISLL-ODA-RDO-PEC-DDD-D3-BDOE-DSS-TSA-FatturaPA-IPA-SDI-ANAC-PRAC-RPCT-BT-PBCT-SIMOG-AVCpass-OE-SA-GGAP-XML-BIC (dove BIC in fondo ovviamente è l’Identificativo Unico Merceologico relativo all’esempio della penna).

Il risultato finale è più complesso di una sequenza di DNA (e qui per DNA intendo proprio l’acido desossiribonucleico, non il Direttorio Nazionale Approvvigionamenti che, ahimè, non esiste ancora!). È un codice indecifrabile e bellissimo. I posteri dovranno fare un progetto Genoma per capirci qualcosa.

Per far passare il Piano senza problemi, la cosa migliore certamente è quella di non fare una legge organica sulla materia. Ci sarebbe un’eccessiva opposizione e troppi emendamenti che potrebbero pregiudicare tutto.

Suggerisco di scomporre l’intero Piano in tanti piccoli pezzettini – ciascuno apparentemente insignificante – e distribuirli più o meno a caso in leggi e decreti che trattano di argomenti disparati: stabilità finanziaria, bilancio dello Stato, spending review, anti-corruzione, sicurezza del lavoro, missioni militari all’estero, lotta alle mafie, trasparenza, competitività economica, contratti pubblici, perequazione finanziaria, caccia, pesca e sport.

Infine non pensiamo tutto ciò in maniera statica. Per far funzionare meglio il Piano si dovrebbero cambiare le regole tutti gli anni, scombinando le varie componenti, introducendo sempre nuovi codici e fantasiosi acronimi. Del resto la PA oggi deve essere dinamica e moderna. Giovanni Falcone sarebbe orgoglioso di questo capolavoro!

Il Piano oggi è stato davvero attuato, esattamente con le modalità che ho qui descritto in modo iperbolico, ma la cosa più incredibile è che molti lo considerano una cosa seria e pensano sinceramente che servirà a qualcosa.

Pare che l’Italia sia l’unico Paese al mondo che ha un Ministero della Semplificazione, per cercare di sbrogliare il caos normativo di un numero imprecisato di leggi – che pare variabile fra 230 e 300 mila – che generano un incredibile contenzioso – pare 9 milioni di processi pendenti – che dà lavoro a oltre 240 mila avvocati – il quadruplo del numero dei professori e ricercatori universitari.

Il Governo ha a più riprese dichiarato “guerra violenta alla burocrazia”. Temo purtroppo che ci vorrà del tempo per cambiare verso e ho un lievissimo sospetto che il verso giusto era quello di prima. Sono un convinto e assiduo utilizzatore degli strumenti web di commercio elettronico, come Amazon ed eBay. La loro convenienza è evidente, in termini di libertà di scelta, semplicità di utilizzo, prezzo e modalità di fornitura. Si tratta di servizi che funzionano splendidamente e che si sono diffusi in tutto il mondo per due ragioni principali:

  1. sono semplici e immediati da usare;
  2. si basano su un rigoroso processo di feedback degli utenti che rende praticamente impossibili le truffe e i disservizi.

Tutto il sistema di approvvigionamenti della PA, con i suoi portali e mercati elettronici, è concepito in maniera burocratica e notarile, è tutt’altro che semplice da usare e non ha alcun meccanismo di feedback. La via d’uscita da questo ginepraio burocratico potrebbe essere semplice: utilizzare Amazon come mercato elettronico per la PA. Basterebbe negoziare uno sconto dedicato alla PA e concordare il pagamento a mezzo bonifico. Niente di più trasparente, tracciabile, riproducibile, economico, efficace, efficiente, coerente, logico, ragionevole, proporzionale … in una parola “semplice”.

La semplicità è la suprema sofisticazione (cit.)

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