L’Agenzia per l’Italia Digitale ha aderito, a luglio del corrente anno, alla rete europea del Pan-European Public Procurement On-Line (PEPPOL) – progetto pilota dalla Commissione Europea volto a semplificare l’e-procurement attraverso tecnologie standard da adottarsi da parte di tutti i governi Europei – ossia una rete europea che ha l’ambizioso obiettivo di creare un’infrastruttura comune in tutta Europa, candidandosi così a diventare Authority per l’Italia della rete PEPPOL con il proposito, ancora non declinato, di assumere un ruolo di governance sull’applicazione delle specifiche tecniche legate agli standard europei nell’ambito dell’e-procurement e di coordinamento degli Access Point Provider presenti sul territorio nazionale.
Sulla carta e nella propaganda, di basso profilo, delle buone intenzioni, AgID ancora una volta si dichiara pronta a farsi carico di tutte quelle attività di digitalizzazione delle procedure di approvvigionamento della Pubblica Amministrazione tracciata dal Codice dei Contratti pubblici, dalla strategia Crescita digitale e dal Piano triennale per l’Informatica nella PA 2017–2019, con l’obiettivo di consentire alle imprese private un accesso più semplice al mercato, anche attraverso l’uso di tecnologie open source e la definizione di standard legali comuni.
Public procurement, europeo, quindi dalla pubblicazione del bando di gara agli avvisi, all’invio dell’offerta, alla costituzione della commissione di valutazione delle offerte ai documenti amministrativi, tecnici, economici, alle comunicazioni di gara per la fase della stipula dell’accordo quadro, ovvero delle convenzioni o del contratto.
Per quest’ultimo, ossia per la fase di esecuzione del contratto, ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. 18 aprile 2016, ove effettuata con sistemi telematici di acquisto, le attività devono essere le stesse anche in sede di esecuzione del contratto in quanto l’art. 38 dello stesso D. Lgs. disciplina il procedimento di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, stabilendo quale requisito per le relative attività la “disponibilità di tecnologie telematiche nella gestione di procedure di gara” (art. 38, comma 5 lett. b) punto 3), e ciò implica e comporta che il livello di digitalizzazione di ogni stazione appaltante diventa banco di prova per la loro futura permanenza sul mercato dei soggetti aggiudicatari ovvero il motivo della loro estinzione.
Per quest’ultima via si potrebbe arrivare a un raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei centri di spesa, nel settore degli appalti pubblici per mancanza della capacità di resilienza di innovazione tecnologica, delle stazioni appaltanti presso le amministrazioni pubbliche per la gestione degli appalti di opere e servizi tramite l’e-procurement.
Pari estinzione concorrente delle centrali di committenza potrebbe trovare causa nella massiva applicazione, nel settore pubblico, del secondo degli elementi innovativi contenuto e disciplinato all’art. 40 del nuovo Codice degli appalti che prevede l’obbligatorietà dell’uso dei mezzi telematici negli scambi di informazioni tra PA e operatori economici.
Norma che potrebbe falcidiare le imprese che non si rinnovano sotto il profilo tecnologico.
Pericolo, però, al quale pare vuole rispondere la legge di stabilità che il governo si appresta a varare in queste ore, dove sono state predisposte agevolazione e finanziamenti per le PMI, e anche per le microimprese, in tema di rinnovamento e miglioramento delle proprie strutture tecnologiche e ciò in vista dell’obbligo – e non più mera facoltà – di utilizzare mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione a partire dal 18 ottobre 2018.
Quest’ultima previsione normativa è in linea con l’attuale orientamento giurisprudenziale secondo il quale la procedura di gara, gestita interamente con sistemi telematici, offre ampia garanzia di sicurezza nella conservazione dell’integrità delle offerte, assicurando l’immodificabilità delle stesse e così la classica circostanza di convocazione degli offerenti in seduta pubblica per la lettura dei punteggi delle offerte tecniche e l’apertura delle offerte economiche non determinano alcuna illegittimità del procedimento.
A questo approdo, sicuramente utile a incentivare l’e-procurement, è giunto il Tar Sardegna, Cagliari, sezione I, con la sentenza n. 644/2017 che su una impugnativa degli atti di aggiudicazione per la mancata convocazione alla seduta pubblica in cui, tradizionalmente, la commissione di gara comunica i punteggi ottenuti nelle offerte tecniche e procede con l’apertura dei plichi contenenti le offerte economiche, ha respinto il ricorso, in quanto la procedura era stata gestita direttamente con sistemi telematici.
In questo caso, si legge nella sentenza, la giurisprudenza amministrativa risulta orientata “nel senso della non necessarietà, nell’ambito delle procedure telematiche, di sedute pubbliche per l’ apertura delle offerte (Consiglio di Stato, sez. III, 3 ottobre 2016, n. 4050; id., sez. III, 25 novembre 2016, n. 4990)”.
Questo orientamento giurisprudenziale risulta trasfuso – in relazione all’attuale Codice dei contratti – nell’ articolo 58 e, prima ancora, nel vecchio articolo 295 del Dpr 207/2010, disposizioni che hanno codificato una scelta precisa, che non prevede relativamente alle procedure gestite in forma telematica, alcuna fase pubblica perché la modalità telematica consente di tracciare qualsivoglia operazione di apertura dei file contenenti offerte e documenti di gara, assicurando, in tal modo, il rispetto dei principi di trasparenza e imparzialità che devono presiedere le procedure di gara pubblica.
Laddove, quindi, la legge speciale di gara (bando) prevedesse la fase “pubblica”, la sua eventuale violazione/omissione non potrebbe assurgere a vizio di gravità tale da invalidare la gara e in tal senso si è espresso il Tar Lombardia, Brescia, con sentenza del 12 gennaio 2016, n. 38 perché la gara telematica esclude in radice e oggettivamente la possibilità di modifica delle offerte (Consiglio di Stato, sez. III, 25 novembre 2016, n. 4990).