IL PUNTO delle norme

Infrastrutture digitali per monitorare le opere pubbliche: decreto Genova e non solo

Il decreto Genova istituisce la banca dati digitale delle opere pubbliche: vediamo come funziona e a cosa serve, mentre la Riforma del Codice Appalti slitta al 2019 in attesa dell’indagine conoscitiva del Senato. E l’Anac esclude l’obbligo telematico per le gare sotto i mille euro

Pubblicato il 19 Nov 2018

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Entro il 30 aprile del 2019 tutte le amministrazioni pubbliche dovranno completare l’inserimento di dati e informazioni nel nuovo archivio informativo nazionale delle opere pubbliche, che viene istituito dal decreto Genova.

Il provvedimento è stato approvato in via definitiva dal Senato mercoledì 14 novembre, e insieme alle misure di agevolazioni per le popolazioni e le attività commerciali colpite dal crollo del ponte Morando lo scorso 14 agosto contiene anche una serie di novità in materia di prevenzione. Fra cui, appunto, la creazione di una nuova infrastruttura digitale, l’Ainop (archivio informatico nazionale delle opere pubbliche), che ha l’obiettivo di monitorare lo stato delle opere e valutarne il livello di sicurezza, anche «per agevolare il processo di programmazione e finanziamento degli interventi di riqualificazione o di manutenzione», e stabilirne il grado di priorità. Nel frattempo, si registra un rallentamento dei lavori verso la nuova Riforma del Codice Appalti, annunciata dal Governo nel settembre scorso, e poi via via rinviata, mentre arrivano nuovi chiarimenti dall’Anticorruzione sull’applicazione della norma attualmente in vigore. Vediamo tutto.

La banca dati delle opere pubbliche

I tempi che il decreto prevede per la creazione dell’Ainop sembrano relativamente brevi. A partire dal prossimo 15 dicembre Regioni, enti locali, ANAS, Rete Ferroviaria Italiana, concessionari autostradali, concessionari di derivazioni, Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, Anac (ente nazionale per l’aviazione civile), le autorità di sistema portuale e logistico, l’Agenzia del demanio e tutti i soggetti che a qualsiasi titolo gestiscono o detengono dati riferiti ad un’opera pubblica o all’esecuzione di lavori pubblici rendono disponibili i servizi informatici di rispettiva titolarità per la condivisione dei dati e delle informazioni. Ci vuole, però, un decreto attuativo ministeriale (evidentemente atteso nel giro di poche settimane). I dati delle pubbliche amministrazioni e degli enti sopra elencati confluiscono in un documento identificativo relativo a ciascuna opera, che sarà identificata attraverso un codice identificativo (Codice IOP).
Per ogni opera pubblica, sono indicati:

  • i dati tecnici, progettuali e di posizione con analisi storica del contesto e delle evoluzioni territoriali;
  • i dati amministrativi riferiti ai costi sostenuti e da sostenere;
  • i dati sulla gestione dell’opera anche sotto il profilo della sicurezza;
  • lo stato e il grado di efficienza e le attività di manutenzione ordinaria e straordinaria;
  • la collocazione dell’opera rispetto alla classificazione europea;
  • i finanziamenti;
  • lo stato dei lavori;
  • la documentazione fotografica aggiornata;
  • il monitoraggio costante dello stato dell’opera anche con appli­ cativi dedicati, sensori in situ e rilevazione satellitare;
  • il sistema informativo geografico per la consultazione, l’analisi e la modellistica dei dati relativi all’opera e al contesto territoriale.

Tutti gli interventi che riguardano un’opera, realizzativi e di investimento, sono a loro volta identificati da un codice (CUP, codice unico di progetto). La relazione fra Codice IOP e CUP assicura l’interoperabilità fra la nuona banca dati AInop, e la Banca dati delle amministrazioni pubbliche (Bdap).

L’operazione di inserimento dei dati (che, come detto decreto permettendo partirà il 15 dicembre), dovrà concludersi entro il 30 aprile 2019. A quel punto, la banca dati sarà costantemente aggiornata in tempo reale. L’Ainop è messo a disposizione ed è e consultabile anche in formato open data (anche qui ci vuole un decreto ministeriale per stabilire le modalità di attuazione), e avrà una sezione destinata alle segnalazioni.

C’è poi un ulteriore strumento di monitoraggio, che riguarda in particolare le infrastrutture che presentano condizioni di criticità connesse al passaggio di mezzi pesanti. Si tratta di un “sistema di monitoraggio dinamico”, basato su adeguati strumenti tecnologici che consentano il controllo costante delle condizioni di sicurezza delle infrastrutture stesse, da individuare attraverso un decreto ministeriale. Per implementare questo sistema, che resterà sperimentale per un anno, il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si impegna a sovraintendere all’utilizzo delle più avanzate ed efficaci tecnologie, anche spaziali, per l’acquisizione e l’elaborazione dei dati.

La Cabina di regia strategia Italia

Il decreto contiene anche altre misure a sostengo di territori colpiti da disastri, in questo caso naturali: i terremoti di Ischia del 2017 e nelle regioni dell’Italia centrale nel 2016 e nel 2017. E istituisce una Cabina di regia Strategia Italia che deve verificare lo stato di attuazione delle opere pubbliche e degli investimenti, adottare le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi, verificare lo stato di attuazione degli interventi connessi a fattori di rischio per il territorio (dissesto idrogeologico, vulnerabilità sismica degli edifici pubblici, degrado ambientale). In considerazione dell’estrema delicatezza dell’argomento, e del fatto che le cronache continuano a non risparmiare notizie di danni da maltempo, non possiamo che augurarci che il tutto non si risolva in una mera prolificazione di strutture utili solo ad alimentare la burocrazia. Altrimenti, non ci resterà che salire tutti sulla nuova arca di Noè satiricamente tratteggiata da Nicola Casagli.

La Riforma del Codice

Forse lo stesso auspicio (evitare continue produzioni legislative poco efficaci) si potrebbe estendere alla Riforma del Codice Appalti. Che (se e quando arriverà) andrà a modificare un testo che è già un Nuovo Codice Appalti, in vigore (nella forma definitiva del correttivo), da poco più di un anno (aprile 2017). In effetti, come detto la Riforma non arriverà prima del 2019 anche perché, nel frattempo, è stata aperta un’indagine conoscitiva sull’applicazione del codice dei contratti dalla commissione Lavori pubblici del Senato, che ha in calendario una quarantina di audizioni. E l’esecutivo ha manifestato l’intenzione di attendere il risultato di questa indagine prima di formulare la propria Riforma.

Intanto, l’iter attuativo del Nuovo Codice è tutt’ora in corso, fra decreti e provvedimenti di prassi. Lo scorso 12 novembre nuove indicazioni da parte dell’Anac, che ha chiarito la legittimità di non usare i mezzi telematici per gli affidamenti sotto i mille euro. Si tratta di un’interpretazione autentica dell’articolo 40, comma 2, del Codice dei contratti, che fra l’altro era operativo da un mese, ovvero dallo scorso 18 ottobre (data dalla quale l’intera procedura di affidamento delle procedure svolte dalle stazioni appaltanti è eseguita utilizzando mezzi di comunicazione elettronici).

Appalti digitali, la svolta del 18 ottobre: cosa cambia

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