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Nuovo codice appalti, calano gli affidamenti: lo scenario nei dati Anac



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Come prevedibile, l’entrata in vigore delle nuove norme ha avuto la conseguenza di una riduzione degli affidamenti nei primi mesi di efficacia delle regole: i dati Anac registrano la situazione

Pubblicato il 6 nov 2023

Paola Conio

Avvocata, Senior Partner Studio Legale Leone



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Le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici hanno acquistato efficacia – fatto salvo per quanto concerne il blocco della digitalizzazione e le norme ad esso collegate – il primo luglio scorso. Si sta, quindi, concludendo il primo trimestre di vita effettiva della riforma. Certamente si tratta di un orizzonte troppo breve per poter trarre delle conclusioni in merito all’impatto del nuovo codice, ma di un arco di tempo comunque significativo per alcune riflessioni.

Come era prevedibile, nell’immediatezza dell’acquisto di efficacia delle nuove norme si è registrata una brusca frenata degli affidamenti. L’ANAC a fine luglio aveva già rilevato un calo molto significativo rispetto al mese precedente che, come era ampiamente prevedibile, aveva segnato un vero boom di richieste CIG, trattandosi dell’ultimo mese nel quale le stazioni appaltanti avrebbero potuto muoversi nella confort zone delle vecchie norme che, per quanto vituperate e invise a molti, rappresentavano ormai un riferimento noto per i funzionari pubblici.

Calo degli affidamenti, i numeri

Il calo di luglio è stato drastico, secondo quanto riportato dall’ANAC, sia in termini di numero che di valore degli appalti. Le forniture si contraggono di quasi il 57% in termini di numero degli appalti e di oltre il 74% in termini di importo. Anche i lavori scendono sensibilmente, facendo registrare un calo del 59% in termini di numero di appalti e di oltre l’85% in termini di valore. Rilevante anche il calo dei servizi, che fanno registrare un meno 62% in termini di numero degli appalti e un meno 79.5% in termini di valore.

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Secondo i dati del Cresme, la contrazione è proseguita anche nel mese di agosto, cosa del tutto prevedibile, data la concomitanza con il periodo feriale per i dipendenti di molte stazioni appaltanti.

Ciò posto, va comunque considerato che – se contenuto nei primi mesi di operatività delle nuove disposizioni – il calo è comunque fisiologico e risulterà presumibilmente più che compensato dal picco di affidamenti dei mesi successivi all’entrata in vigore del nuovo Codice, ma precedenti all’acquisto di efficacia delle sue disposizioni.

Va anche tenuto presente che – indipendentemente dalle modifiche normative – l’andamento degli affidamenti pubblici, sia in termini di numero che di importo, è storicamente sinusoide e non lineare.

Cosa dice il rapporto Anac

In questi giorni è stato pubblicato da ANAC il “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” che, dunque, si riferisce ad un arco temporale di fatto non influenzato dalla riforma.

Anche i primi quattro mesi dell’anno 2023 avevano fatto registrare un calo apprezzabile rispetto al quadrimestre precedente, ovvero quello relativo alla fine del 2022, ma pur sempre inserito in una dinamica di crescita complessiva, seppure non lineare, rispetto al corrispondente quadrimestre del precedente anno.

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Fonte “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” – ANAC ottobre 2023

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Fonte “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” – ANAC ottobre 2023

Potrebbe, quindi, non essere il caso di allarmarsi, considerando che la situazione registrata potrebbe essere meramente contingente. Tuttavia, occorre prestare una particolare attenzione a quanto avverrà da qui alla fine dell’anno e, soprattutto, a cosa accadrà a partire da gennaio 2024, data fatidica per l’entrata in vigore anche delle disposizioni in materia di digitalizzazione, ivi inclusi gli obblighi di certificazione delle piattaforme digitali per la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici, al cui assolvimento è, tra l’altro, connessa anche la possibilità di mantenere attiva la qualificazione per le stazioni appaltanti che l’hanno conseguita.

Le stazioni appaltanti

A questo proposito, si rammenta che dal Report ANAC del 29 settembre u.s. risultano qualificate 2612 stazione appaltanti, cui se ne aggiungono 526 qualificate “con riserva”.

Si tratta ancora di un numero ancora piuttosto esiguo che, però, potrebbe ridursi ulteriormente se, entro la fine dell’anno, le stazioni appaltanti qualificate non si doteranno di idonee piattaforme certificate da AGID.

L’AGID ha pubblicato lo schema operativo di certificazione il 25 settembre u.s. e il percorso per ottenere il primo certificato prevede l’esecuzione di test di interoperabilità sulla PDND, che dovranno concludersi con esito positivo entro 60 giorni.

L’attesa del decreto correttivo

A complicare ulteriormente i primi passi del nuovo Codice è anche l’annunciata adozione di un decreto correttivo che dovrebbe vedere la luce entro la fine del corrente anno.

Sono vari i temi che potrebbero essere affrontati dal provvedimento, non soltanto in relazione ai meccanismi di revisione prezzi e agli appalti delle concessionarie, ma anche in materia di partenariati pubblico-privati e di finanza di progetto in particolare, nel cui ambito sono diversi gli aspetti da chiarire per garantirne un effettivo rilancio.

Le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici hanno acquistato efficacia – fatto salvo per quanto concerne il blocco della digitalizzazione e le norme ad esso collegate – il primo luglio scorso. Si sta, quindi, concludendo il primo trimestre di vita effettiva della riforma. Certamente si tratta di un orizzonte troppo breve per poter trarre delle conclusioni in merito all’impatto del nuovo codice, ma di un arco di tempo comunque significativo per alcune riflessioni.

Come era prevedibile, nell’immediatezza dell’acquisto di efficacia delle nuove norme si è registrata una brusca frenata degli affidamenti. L’ANAC a fine luglio aveva già rilevato un calo molto significativo rispetto al mese precedente che, come era ampiamente prevedibile, aveva segnato un vero boom di richieste CIG, trattandosi dell’ultimo mese nel quale le stazioni appaltanti avrebbero potuto muoversi nella confort zone delle vecchie norme che, per quanto vituperate e invise a molti, rappresentavano ormai un riferimento noto per i funzionari pubblici.

Il calo di luglio è stato drastico, secondo quanto riportato dall’ANAC, sia in termini di numero che di valore degli appalti. Le forniture si contraggono di quasi il 57% in termini di numero degli appalti e di oltre il 74% in termini di importo. Anche i lavori scendono sensibilmente, facendo registrare un calo del 59% in termini di numero di appalti e di oltre l’85% in termini di valore. Rilevante anche il calo dei servizi, che fanno registrare un meno 62% in termini di numero degli appalti e un meno 79.5% in termini di valore.

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Secondo i dati del Cresme, la contrazione è proseguita anche nel mese di agosto, cosa del tutto prevedibile, data la concomitanza con il periodo feriale per i dipendenti di molte stazioni appaltanti.

Ciò posto, va comunque considerato che – se contenuto nei primi mesi di operatività delle nuove disposizioni – il calo è comunque fisiologico e risulterà presumibilmente più che compensato dal picco di affidamenti dei mesi successivi all’entrata in vigore del nuovo Codice, ma precedenti all’acquisto di efficacia delle sue disposizioni.

Va anche tenuto presente che – indipendentemente dalle modifiche normative – l’andamento degli affidamenti pubblici, sia in termini di numero che di importo, è storicamente sinusoide e non lineare.

In questi giorni è stato pubblicato da ANAC il “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” che, dunque, si riferisce ad un arco temporale di fatto non influenzato dalla riforma.

Anche i primi quattro mesi dell’anno 2023 avevano fatto registrare un calo apprezzabile rispetto al quadrimestre precedente, ovvero quello relativo alla fine del 2022, ma pur sempre inserito in una dinamica di crescita complessiva, seppure non lineare, rispetto al corrispondente quadrimestre del precedente anno.

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Fonte “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” – ANAC ottobre 2023

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Fonte “Rapporto sul mercato dei contratti pubblici – 1° quadrimestre 2023” – ANAC ottobre 2023

 

Potrebbe, quindi, non essere il caso di allarmarsi, considerando che la situazione registrata potrebbe essere meramente contingente.

Tuttavia, occorre prestare una particolare attenzione a quanto avverrà da qui alla fine dell’anno e, soprattutto, a cosa accadrà a partire da gennaio 2024, data fatidica per l’entrata in vigore anche delle disposizioni in materia di digitalizzazione, ivi inclusi gli obblighi di certificazione delle piattaforme digitali per la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici, al cui assolvimento è, tra l’altro, connessa anche la possibilità di mantenere attiva la qualificazione per le stazioni appaltanti che l’hanno conseguita.

A questo proposito, si rammenta che dal Report ANAC del 29 settembre u.s. risultano qualificate 2612 stazione appaltanti, cui se ne aggiungono 526 qualificate “con riserva” .

Si tratta ancora di un numero ancora piuttosto esiguo che, però, potrebbe ridursi ulteriormente se, entro la fine dell’anno, le stazioni appaltanti qualificate non si doteranno di idonee piattaforme certificate da AGID.

L’AGID ha pubblicato lo schema operativo di certificazione il 25 settembre u.s. e il percorso per ottenere il primo certificato prevede l’esecuzione di test di interoperabilità sulla PDND, che dovranno concludersi con esito positivo entro 60 gg.

A complicare ulteriormente i primi passi del nuovo Codice è anche l’annunciata adozione di un decreto correttivo che dovrebbe vedere la luce entro la fine del corrente anno.

Sono vari i temi che potrebbero essere affrontati dal provvedimento, non soltanto in relazione ai meccanismi di revisione prezzi e agli appalti delle concessionarie, ma anche in materia di partenariati pubblico-privati e di finanza di progetto in particolare, nel cui ambito sono diversi gli aspetti da chiarire per garantirne un effettivo rilancio.

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