Uno degli ambiti nei quali è più frequente il ricorso per ragioni “tecniche” all’affidamento diretto mediante procedura negoziata non preceduta da bando è senza dubbio quello degli acquisti ICT (Information & Communication Technology), strategici per l’attuazione dell’agenda digitale.
L’AIR (Analisi di impatto della regolazione) delle recenti linee guida ANAC n. 8 in materia di affidamento di servizi e forniture ritenuti infungibili, riferisce che, dopo il settore sanitario, quello informatico è l’ambito nel quale l’incidenza di questa tipologia di affidamenti risulta più elevata.
La necessità per molte amministrazioni di ricorrere ad un fornitore determinato per l’acquisizione di un servizio o di una fornitura informatica è spesso frutto di originarie scelte inconsapevoli, in forza delle quali le stazioni appaltanti si sono ritrovate “sposate” con un operatore economico senza averne preventivamente e accuratamente valutato le conseguenze.
In molti casi l’amministrazione – come in un “matrimonio a prima vista” – è convolata a nozze senza avere sufficienti informazioni, sia in ordine alle possibili scelte alternative, sia relativamente alle condizioni e alla durata dell’unione, sia in merito a quali conseguenze, anche economiche, si sarebbero dovute affrontare nell’ipotesi di un “divorzio”.
Questa condizione viene usualmente definita vendor lock-in.
Il fenomeno del lock-in del fornitore
Gli operatori economici, come è fisiologico che sia, tendono alla fidelizzazione (più o meno spontanea) del cliente al fine di massimizzare nel tempo il proprio profitto. Nel settore dell’informatica, queste strategie sono facilitate dall’asimmetria informativa che normalmente esiste tra il cliente e il fornitore e che può indurre il primo, ad esempio, a scegliere inconsapevolmente una soluzione che appare più conveniente, ma che nel tempo potrebbe rivelarsi molto più onerosa e vincolante delle possibili alternative.
Secondo la Commissione Europea (“Contro il lock-in: costruire sistemi TIC aperti facendo un uso migliore degli standard negli appalti pubblici, Com (2013) 455 final del 25 giugno 2013”) il lock-in si verifica quando l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale perché non sono disponibili le informazioni essenziali sul sistema che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare al precedente in modo efficiente.
Il lock-in viene propiziato, quindi, dal possesso di informazioni riservate, dall’esclusiva che il fornitore possa vantare di diritto o di fatto sui pezzi di ricambio o sui materiali di consumo legati alla tecnologia hardware fornita, dalla conoscenza approfondita dei bisogni del cliente, dai costi elevati che deriverebbero a quest’ultimo dalla migrazione dei dati da un sistema all’altro e così via.
L’ANAC nelle citate linee guida n. 8 mette in luce come il fenomeno del lock-in si verifichi a prescindere dal grado di concorrenza esistente in un determinato mercato, anzi, paradossalmente è proprio nei settori più esposti alla competizione che le strategie finalizzate alla cattura del cliente e alla creazione di ostacoli alla sua libertà di rivolgersi ad altri fornitori diventano più aggressive e sofisticate.
Le conseguenze indesiderate del lock in
Il lock-in si presenta spesso con un volto molto rassicurante.
Per le amministrazioni potrebbe apparire più semplice ed efficiente rimanere nella comfort-zone di un rapporto consolidato, ben rodato e soddisfacente, senza avere il problema di affrontare continuamente i cambi di fornitore e tutte le attività propedeutiche, prima tra tutte la progettazione e lo svolgimento della procedura di gara.
Tuttavia il lock-in presenta diverse insidie e può costituire un serio ostacolo all’efficienza dei sistemi oltre che della spesa pubblica.
La stazione appaltante, difatti, quando effettua il primo acquisto che determinerà la necessità di rivolgersi al medesimo fornitore per gli acquisti futuri di beni e servizi connessi, non sempre avrà considerato che vincolarsi al medesimo interlocutore anche per gli anni a venire potrebbe determinare, in primis, una situazione di monopolio di fatto nella quale la disponibilità e l’interesse dell’operatore economico a garantire sempre al committente le migliori condizioni possibili risulterebbero notevolmente ridimensionate dall’assenza di una reale concorrenza. Inoltre, anche la possibilità di beneficiare dei progressi tecnici – particolarmente rapidi nei settori a rapida obsolescenza com’è quello informatico – potrebbe risultare fortemente compromessa nel momento in cui vi fosse un solo concorrente cui potersi rivolgere.
Come ricorda l’AGID nel parere reso sulle Linee Guida ANAC n. 8, la Commissione Europea, nel documento quadro European Interoperability Framework, [versione attuale, COM(2010)744], che mira a potenziare l’interoperabilità dei servizi pubblici nell’Unione Europea, afferma che “l’agenda digitale può decollare solo se è garantita un’interoperabilità basata su standard e piattaforme aperte”. I sistemi basati su standard e piattaforme aperte sono, per l’appunto, quelli che meno si prestano all’attuazione di strategie finalizzate al lock in.
Come evitare il lock-in del fornitore
Come ben illustrato nelle Linee Guida n. 8, non esiste una ricetta univoca per evitare il lock in, ogni situazione ha delle specificità che devono essere considerate attentamente per poter determinare la strategia più efficace nel caso concreto che, naturalmente, differirà a seconda che il rischio di lock-in debba essere prevenuto o una situazione di lock-in debba essere superata.
Per la prevenzione del rischio di lock-in, il primo strumento da utilizzare è la progettazione della procedura di affidamento in modo da minimizzare il rischio di trovarsi intrappolati dal fornitore selezionato, ad esempio scegliendo di basare le specifiche tecniche su standard.
Su suggerimento dell’AGID, ANAC ha fatto riferimento nelle linee guida allo standard ISO/IEC 25010:2011 “Systems and software engineering – Systems and software Quality Requirements and Evaluation (SQuaRE) – System and software quality models”. Come precisato dalle linee guida, questo standard definisce un modello di qualità del prodotto software composto da: idoneità funzionale, efficienza, compatibilità, usabilità, affidabilità, sicurezza, manutenibilità, portabilità. In particolare, viene enfatizzata l’importanza della “manutenibilità”, che rappresenta il grado in cui un prodotto o sistema può essere modificato e migliorato, corretto o adattato ai cambiamenti dell’ambiente, compresi gli stessi requisiti, in termini di: modularità, riusabilità, analizzabilità, modificabilità, testabilità.
Ad avviso di AGID, queste caratteristiche dovrebbero scoraggiare gli operatori economici che intendano spingere le amministrazioni verso la condizione di lock-in.
Appare fondamentale anche, sia nella programmazione che nella progettazione dell’affidamento, l’approccio basato sul costo del ciclo di vita, che consente di tener conto non soltanto del costo iniziale del servizio o della fornitura, ma anche dei futuri costi di manutenzione della soluzione e di migrazione a sistemi diversi, introducendo nei documenti di gara le opportune clausole, quali ad esempio l’onere di dichiarare preventivamente quali eventuali licenze siano necessarie per l’utilizzo del sistema proposto e quali altri elementi possano favorire la situazione di lock-in o quello di supportare le attività di migrazione dei dati in caso di cambio fornitore.
Uno strumento interessante, nel caso in cui vi sia la necessità di sviluppare nuovi prodotti e servizi, è il pre-commercial procurement (PCP), cui l’AGID è molto legata. Data la naturale pro-competitività dello strumento e la possibilità di indirizzare la ricerca e sviluppo verso soluzioni in grado di evitare o minimizzare i rischi di lock in, il PCP potrebbe essere un ottimo alleato delle pubbliche amministrazioni.
Altro strumento potenzialmente molto utile, anche per verificare quanto sia in realtà vero che il mantenimento del vincolo con il fornitore originario rappresenti una scelta obbligata o, comunque, in effettivo vantaggio per la pubblica amministrazione, è quello della consultazione preliminare di mercato.
Il confronto trasparente con gli operatori economici può consentire all’amministrazione di scoprire che, in realtà, l’affrancamento da una situazione di lock-in è possibile e molto meno onerosa di quanto si immagini.