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PNRR e appalti, urge semplificare: ecco le priorità

Il mondo degli appalti pubblici va semplificato per sostenere lo sviluppo del sistema Paese: prioritaria, tra gli altri interventi previsti dagli indirizzi del PNRR, la qualificazione delle stazioni appaltanti

Pubblicato il 06 Ott 2021

Maria Luigia Barone

Direttore Amministrativo ASST Melegnano

Loredana Luzzi

Dirigente UO PAL - Direzione Generale Istruzione formazione e lavoro (IFL) Regione Lombardia - Componente comitato direttivo AisDET

NSO

Nello spazio bidimensionale delimitato dagli assi portanti del PNRR, che sottende un’ampia riforma di tutta la Pubblica Amministrazione e una compiuta digitalizzazione e informatizzazione dei processi, trova collocazione la tanto vagheggiata “semplificazione in materia di contratti pubblici” che prevede un’attuazione a doppio round, da perseguire sia con interventi urgenti sia con misure a regime.

Le misure urgenti sono state approvate con il D.L. 31 maggio 2021, n. 77, [1]che contiene, fra l’altro, le procedure speciali per alcuni progetti PNRR (artt. 44-46), diverse misure, transitorie e a regime, in materia di contratti pubblici (artt. 47-56) e semplificazioni delle norme in materia di investimenti e interventi nel mezzogiorno. Le modalità di attuazione di breve termine sostanzialmente prorogano fino al 2023 le semplificazioni introdotte con il D.L. 76/2020.

Gli interventi a regime sono affidati prevalentemente all’attività di legiferazione conferita al Governo dal disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 giugno scorso. L’obiettivo fissato dal Consiglio dei Ministri nella legge delega si presenta uno e trino: “razionalizzare, riordinare e semplificare”.

I punti critici delle norme

Sulla necessità di razionalizzare, è legittimo sollevare qualche dubbio. Non è che il Decreto 50/2016 sia un testo perfetto ma non ci sembra contenga elementi di oggettiva irrazionalità e tutto sommato c’è, ci si lavora e tutti i soggetti coinvolti (funzionari pubblici, operatori economici e magistratura amministrativa) sono riusciti ad entrarci in contatto. Per quanto riguarda il “riordino” invece se ne riconosce una maggiore necessità, tenuto conto delle numerose fonti normative intervenute in materia di contrattualistica pubblica non sempre ben coordinate ed a volte in realtà contraddittorie o non opportunamente innestate nel testo del codice degli appalti, che per la sua stessa natura richiederebbe la capacità di racchiudere tutta la normativa inerente la materia di cui tratta.

Quanto poi alla semplificazione ci sembra più una menzione di principio che un obiettivo perseguibile con l’ulteriore attività legislativa all’orizzonte, che rischia in realtà di introdurre elementi di ulteriore “complicazione”. Ci viene il fondato sospetto che anche nel nostro Paese potrebbe produrre effetti positivi l’introduzione del sistema “alla tedesca” per cui una norma debba avere uno spazio applicativo di almeno un triennio prima di essere modificata. Ma quanta distanza dalla sensibilità “legiferativa” italiana che nell’ultimo anno è intervenuta più e più volte sul medesimo testo.

I 19 principi

Dei 19 principi e criteri direttivi declinati all’interno del disegno di legge delega ci piace soffermare l’attenzione su soli 3 elementi, non nuovi alla normativa di settore ma scarsamente attuati, che riteniamo di particolare rilevanza strategica per un serio tentativo di ottenere un ammodernamento strutturale del sistema della contrattualistica pubblica. Se fossimo capaci di investire almeno su questi tre obiettivi e riuscissimo ad attuarli si registrerebbe probabilmente una vera rivoluzione copernicana del sistema degli appalti pubblici:

  1. qualificazione delle stazioni appaltanti con conseguente loro riduzione numerica e potenziamento della qualificazione e della specializzazione del personale in esse operante;
  2. sistema di qualificazione generale degli operatori economici, anche attraverso l’utilizzo di banche dati a livello centrale che riducano le incertezze in sede di qualificazione degli operatori nelle singole procedure di gare;
  3. piena digitalizzazione e informatizzazione delle stesse procedure.

I punti 2) e 3) appaiono idealmente e tecnicamente fortemente interdipendenti e li esamineremo in seguito. Solo per l’attuazione di questi 3 dei 19 principi/criteri, che sono anche precisi obiettivi fissati nella legge delega, si configura la necessità di prevedere significativi investimenti di risorse economiche in termini di:

  • potenziamento e formazione del personale impiegato nel settore, finalizzati a rendere attuale il processo di qualificazione delle stazioni appaltanti;
  • implementazione di infrastrutture tecnologiche e sistemi interoperabili avanzati che permettano la creazione ed il funzionamento di banche dati a livello centrale. Tali banche dati centralizzate renderebbero immediatamente disponibili a tutte le Stazioni Appaltanti operanti sul territorio nazionale le informazioni puntuali e verificate per la qualificazione degli operatori economici, con conseguente razionalizzazione a monte delle attività di verifica di tutte le operazioni di controllo attualmente ripetute identicamente a se stesse dalle migliaia e migliaia di stazioni appaltanti.

Incidentalmente va precisato che il testo di legge delega davvero proditoriamente afferma che “i decreti legislativi devono essere adottati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel rispetto dei principi e criteri direttivi ivi elencati.

La necessità di investimenti

La qualificazione delle stazioni appaltanti e la specializzazione del personale non avviene per opera di spirito né tanto meno per mero volere del legislatore. Occorrerebbe (e qui il condizionale è d’obbligo) investire adeguate e non irrisorie risorse per ridisegnare la rete dei soggetti qualificati ad esperire procedure di gara sulla base di criteri di valore dei contratti e soprattutto di specializzazione delle stazioni appaltanti per ambiti di competenza maturata in relazione al comparto di appartenenza ed alla tipologia e natura delle prestazioni oggetto di contratto. Non si può essere tuttologi e bravi in tutto. È necessario specializzarsi per diventare bravi a scrivere, concludere e ben applicare contratti di settore. Ben applicare significa essere in grado di raggiungere gli scopi per cui i contratti sono stati stipulati assicurando un livello qualitativo all’altezza delle aspettative dei cittadini (professionisti, funzionari pubblici, destinatari finali di beni e servizi).

Su questo tema sarebbe auspicabile un maggior coinvolgimento delle Università, preposte nel nostro ordinamento, a formare i giovani e dare loro gli strumenti per poter adeguatamente svolgere il proprio lavoro con la capacità di imparare ed aggiornarsi durante tutto il percorso professionale. Se guardiamo all’offerta formativa universitaria ancora sono poche le proposte formativa (almeno di lauree di primo livello) che prevedano lo sbocco professionale nella pubblica amministrazione con funzioni di “buyer”. Troviamo solo qualche modulo sugli acquisti, per lo più in master di primo livello.

Gli obiettivi

Bisogna dire che il tema della qualificazione delle stazioni appaltanti è in auge da almeno un ventennio e che la sua realizzazione è indispensabile per rendere più efficienti i processi e migliorare la qualità dei risultati. Abbiamo però purtroppo assistito ad una paralisi determinata probabilmente da un paio di ragioni concorrenti: la resistenza delle “piccole” stazioni appaltanti ad essere esautorate della competenza e del potere di esperire gare e aggiudicare contratti direttamente ed autonomamente e l’inesorabile indebolimento delle strutture acquisti di molte medio-grandi amministrazioni, sia con riferimento al numero di unità di personale dedicato alla funzione sia alla loro progressiva de-professionalizzazione. Risulterebbe plausibile ipotizzare che già solo la prima ragione sia stata sufficiente a determinare la “scomparsa” dello schema di DPCM recante la definizione dei requisiti tecnico-organizzativi per l’iscrizione all’elenco delle stazioni appaltanti qualificate, reso noto già nel 2018 e poi arenatosi in qualche computer ministeriale, in attesa di qualche ulteriore non precisato parere.

In realtà dobbiamo ricordare che, comunque, lo schema di DPCM a suo tempo pubblicato non ci aveva convinto granché a causa dei criteri meramente formali di qualificazione previsti e non univocamente indicativi della qualità dei risultati conseguiti dalle amministrazioni pur dotate dei requisiti tecnico-organizzativi. L’eccessivo formalismo rende evidente la carenza di un chiaro progetto di ristrutturazione della rete delle stazioni appaltanti, in grado di soddisfare la totalità delle esigenze di acquisto delle pubbliche amministrazioni, si mostra privo di indicazioni circa l’intenzione di investire sulla professionalizzazione di un numero adeguato di strutture acquisti degli enti di maggiore dimensione o appartenenti a settori della P.A. “speciali” per vocazione,come per esempio la sanità.

La qualità dei risultati

La qualificazione dovrà avvenire a nostro avviso non solo sulla base della professionalizzazione già maturata ma anche alla luce degli interventi qualificanti che dovranno essere posti in essere nei confronti di enti o gruppi di enti che si ritengano strategicamente determinanti per gli approvvigionamenti afferenti a determinati settori di aree territoriali definite. Giusto per evitare equivoci ci piace richiamare che cosa si intenda per qualità dei risultati nell’attività di contrattualizzazione della P.A. a cui la qualificazione delle Stazioni Appaltanti tende:

  1. perseguire ed ottenere buona o ottima qualità dei beni, delle prestazioni o dei lavori realizzati a fronte di un prezzo adeguato;
  2. rispettare ragionevoli tempi procedimentali intercorrenti dalla rilevazione del fabbisogno all’erogazione delle prestazioni, alla consegna dei beni o dell’opera;
  3. attuare la piena corrispondenza tra fabbisogno e bene o servizio acquisito.
  4. Qualificazione degli operatori economici

Un rapidissimo cenno sull’importanza che sia attivato un sistema di qualificazione degli operatori economici, unico su tutto il territorio nazionale, che garantisca a beneficio di tutte le stazioni appaltanti l’accesso rapido ed univoco alle informazioni sui requisiti di professionalizzazione, capacità economico-organizzativa e di rating di legalità, con riferimento a tutti gli ambiti contrattuali (forniture, servizi e lavori). Un sistema unico, integrato e completo di qualificazione degli operatori economici rappresenterebbe uno strumento prezioso per tutte le stazioni appaltanti non solo per promuovere e rendere sicure ed efficaci le procedure espletate telematicamente ma anche per favorire l’espletamento di procedure semplificate di acquisto. Queste ultime, per le loro intrinseche caratteristiche sono spesso considerate a rischio per mancanza di informazioni certificate in merito alla affidabilità degli innumerevoli operatori economici “naviganti” sulle piattaforme.

Come sopra accennato lo strumento di qualificazione degli operatori economici, fino ad oggi pressoché completamente inattuato, potrà assumere la consistenza e la diffusione necessaria insieme al diffondersi di piattaforme evolute di e-procurement.

Il ruolo delle piattaforme

Per quanto riguarda la piena digitalizzazione e informatizzazione delle procedure si ricorda ricorda che dal 18 ottobre 2018 è in vigore l’obbligo di utilizzo del formato elettronico per le comunicazioni nelle procedure di gara, così come stabilito dal Codice dei contratti pubblici e che la Circolare Agid n. 3 /2016 ha fissato specifiche tecniche per la definizione del DGUE (Documento di Gara Unico Europeo) elettronico italiano “eDGUE-IT”. Alla data odierna si riscontrino forti ritardi nell’adeguamento alla normativa da parte di numerose “piccole” amministrazioni.

Con atto di segnalazione dell’11.11.2020 ANAC ha peraltro riscontrato la necessità di coordinamento tra la formulazione dell’art. 217 della bozza del Regolamento con le previsioni della normativa primaria del codice (artt. 29, 44, 802 e 213 del Codice) nella parte in cui non preveda la obbligatorietà della interconnessione delle piattaforme regionali di e-procurement con “le banche dati del Ministero dell’economia e delle finanze, del dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, delle regioni e province autonome, e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ivi compresa la Banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’articolo 81 del codice”.

Per piattaforma di e-procurement si intende una piattaforma telematica, accessibile via web, che prevede un set articolato di strumenti quali: negozi elettronici attraverso i quali le Amministrazioni possono emettere ordinativi di fornitura (contratti) per l’adesione alle convenzioni stesse; mercato elettronico per effettuare approvvigionamenti direttamente da fornitori selezionati attraverso una procedura di abilitazione che può essere utilizzata per acquisti al di sotto della soglia comunitaria, procedure telematiche di gara in forma elettronica, aste elettroniche, Sistema Dinamico di Acquisto.

Il panorama attuale

Ad oggi siamo di fronte ad un panorama diverso e diversificato nelle regioni italiane. Molte sono le regioni che si sono dotate una propria piattaforma di e–procurement con procedure, raccolta dati e verifiche “stand alone” che richiedono continue e costanti richieste di documentazione agli operatori economici e continue e costanti verifiche (effettuate davvero?) da parte delle stazioni appaltanti. Non si ritiene plausibile che un operatore economico, per vendere il proprio bene o servizio debba fornire diverse dichiarazioni e saper utilizzare diverse piattaforme per “negoziare e contrattare” con la Pubblica Amministrazione. Un sistema centralizzato, semplice e coerente di raccolta delle informazioni, dei certificati delle attestazioni, consentirebbe di avere una banca dati unica, costantemente aggiornata, cui le pubbliche amministrazioni potrebbero attingere. Ad onor del vero vi sono stati alcuni tentativi (vedi Mepa) ma parziali e con prodotti/procedure non sempre utilizzate dalle PA, spinte dai livelli regionali, ad utilizzare le proprie piattaforme e non solo per gli acquisti di beni e servizi del settore sanitario.

Si registrano inoltre situazioni paradossali per cui pochi operatori economici, in grado di accedere a banche dati riportanti alcune certificazioni, vendano alle PA il servizio di recupero e verifica della certificazione dell’operatore economico. E’ semplicemente assurdo che il sistema pubblico non sia in grado di far accedere a tale documentazione le diverse stazioni appaltanti. Sul sito web dell’AGID – Agenzia per Italia Digitale si legge ”la digitalizzazione dei processi di approvvigionamento di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni (electronic public procurement) è uno dei principali driver delle politiche della Commissione Europea; l’obiettivo, nel medio periodo, è quello di digitalizzare l’intero processo di approvvigionamento delle pubbliche amministrazioni nelle due fasi di pre e post aggiudicazione, ovvero dalla pubblicazione dei bandi fino al pagamento (appalti elettronici end-to-end).

Il Programma per la Razionalizzazione degli acquisti nella P.A prevede che la spesa pubblica per beni e servizi, che si stima pari a circa 87 miliardi di euro,  dovrà essere gradualmente razionalizzata indirizzando  le 32.000 stazioni appaltanti verso l’utilizzo delle procedure di acquisto fornite dai soggetti aggregatori, che costituiscono un “sistema a rete” per il perseguimento dei piani di razionalizzazione della spesa pubblica e per la realizzazione di sinergie nell’utilizzo di strumenti informatici per l’acquisto di beni e servizi”.

La mancanza di integrazione

In realtà l’integrazione fra le diverse banche dati, le piattaforme e i registri pubblici, non è ancora operativa. La versione 1.0 delle Specifiche tecniche è stata pubblicata lo scorso 30 luglio con la definizione del modello dei dati e le modalità tecniche per la produzione del DGUE elettronico italiano (eDGUE-IT), in formato XML conforme all’ESPD-EDM. In sintesi oggi ci troviamo di fronte ad una parziale digitalizzazione delle stazioni appaltanti attualmente attive e ad una situazione di oggettivo ritardo nella disponibilità e nell’impiego di piattaforme avanzate di e-procurement (in grado di gestire tutto il processo degli acquisti dalla programmazione e rilevazione del fabbisogno alla fase di esecuzione) completamente integrate con banche dati nazionali oltre ad una estrema frammentazione di strumenti in uso a livello regionale.

Conclusione

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha dimostrato le debolezze, i meccanicismi e le lungaggini del sistema degli acquisti pubblici. Ci associamo all’auspicio di Fabio Cusano che nel novembre dello scorso anno, scriveva: “Che le stazioni appaltanti e gli operatori economici non si rispecchino nel paradosso dell’asino di Buridano” (riportato da K. Popper nell’opera “Il pensiero essenziale”), ossia un asino che , indeciso se indirizzarsi al secchio contenente l’acqua (la concorrenza) o al secchio contenente il fieno (l’anticorruzione) preferisca rimanere inerte sino al sopraggiungere della morte.

__

Note

  1. È stata di recente pubblicata in “Gazzetta Ufficiale” la legge 29 luglio 2021, n. 108 di conversione di un importante decreto legge, il d.l. 31 maggio 2021, n. 77 (il testo del decreto convertito), che tratta il tema della governance del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (il PNRR) e che trova un ulteriore rafforzamento quando verrà convertito in legge il d.l. 9 giugno 2021, n. 80 – il c.d. “Decreto Reclutamenti” – emanato anche questo per consentire di dare attuazione al PNRR attraverso una serie di assunzioni e di riforme, tese tra l’altro a cercare di migliorare la capacità amministrativa e la funzionalità delle P.A., nonché l’efficienza della giustizia.

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