La riforma del public procurement per il settore ICT è parte del piano organico di modernizzazione del Paese ed è prevista tra le azioni strategiche del PNRR. La convinzione è che sia necessario e non rinviabile mettere mano al sistema che regola il rapporto tra PA e mercato nel settore ICT per conseguire risultati tangibili e duraturi nei tempi previsti.
PNRR, il rapporto tra la riforma PA e i beni ICT
La trasformazione digitale della PA è uno degli assi principali del PNRR. Da solo, vale circa 10 miliardi di euro di investimenti cui vanno aggiunti gli interventi di digitalizzazione nel campo della giustizia, della sanità, della scuola, della mobilità. L’intero comparto dei servizi pubblici sarà chiamato a riformare i processi, acquisire nuovi prodotti, investire sulle competenze delle persone. Una sfida trasformativa epocale, che investirà in primo luogo i territori, con le singole realtà locali, chiamate ad adeguarsi a nuovi standard prestazionali.
L’obiettivo di avere al 2026 un Paese “moderno e pienamente digitale” è ambizioso e necessiterà di un’azione forte di riforma di regole e processi, sulla scia di quanto il Ministro Brunetta ha già impostato con la riforma della PA. Le parole chiave che devono ispirare l’azione di riforma a nostro avviso non possono che essere:
- Semplificare
- Accelerare
- Qualificare
I beni e i prodotti ICT hanno un contenuto altamente tecnologico ma, soprattutto, sono soluzioni in rapidissima evoluzione. La pressione competitiva spinge le imprese a investire nelle tecnologie alla frontiera: dal cloud all’intelligenza artificiale, i servizi e le applicazioni offerte dal mercato hanno la caratteristica di essere flessibili, adattabili ai diversi bisogni dei clienti. Saper intercettare il mercato in tempi rapidi e congrui è un fattore chiave per poter sviluppare servizi per cittadini e imprese che siano adeguati ai loro fabbisogni e al contesto digitale in cui siamo immersi.
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Il ruolo della politica industriale
Non va, poi, dimenticato, il ruolo di motore della politica industriale svolto dalla PA che più di altri è in grado di stimolare il mercato e favorire la digitalizzazione degli utenti con una spinta verso modelli e soluzioni innovativi di processi e servizi. Un ruolo chiave per sostenere la crescita e l’innovazione del nostro sistema produttivo. Le regole con cui la PA dialoga e interagisce con il mercato sono determinanti per la realizzazione del piano di digitalizzazione della PA.
Procurement pubblico ICT: i fronti critici
Nel rapporto “Il Procurement Pubblico del Digitale: dal planning all’execution” abbiamo indicato le criticità maggiori del modello di procurement pubblico ICT:
- scarsa programmazione della domanda pubblica di innovazione digitale e rigidità del processo di programmazione (fase pre-gara). Iniziando dalla fase di programmazione/progettazione è evidente l’inadeguatezza delle previsioni dell’art. 21 del Codice appalti in materia di programmazione del fabbisogno ICT;
- tempi e complessità della procedura di gara oltre agli oneri burocratici legati alla verifica dei requisiti (fase di gara);
- mancanza di cultura di project management (fase post-gara).
Le proposte per un public procurement ICT più efficiente
A valle di queste considerazioni, condivise con stazioni appaltanti e imprese, abbiamo ipotizzato alcune proposte che è bene ribadire con chiarezza:
Rafforziamo il dialogo pubblico-privato per individuare i fabbisogni di digitalizzazione e costruire le soluzioni più adatte: risorse e regole dedicate al public procurement ICT
L’obiettivo di un processo programmatorio efficace nel procurement del digitale è di riuscire a formulare la domanda di digitale in termini di bisogni puntando su un più efficace dialogo pubblico-privato e affidando al fornitore il compito di interpretare le esigenze espresse dalla domanda in termini di funzioni d’uso. Per farlo è necessario, da un lato, introdurre nel bilancio degli Enti un capitolo con risorse proprie per l’ICT dando piena dignità a questa tipologia di acquisti.
Dall’altro, è necessario definire una disciplina specifica per gli appalti ICT all’interno del Codice dei Contratti pubblici che introduca un regime ordinario affiancato da un Regolamento ad hoc sulla spinta dell’art. 53 del DL.77/2020. Ispirandoci alla Francia, dove, ad esempio, l’ICT è considerato un “settore di attività di importanza vitale” (SAIV) e gli operatori ICT sono riconosciuti come “operatori di importanza vitale (OIV)”, organismi, pubblici o privati, designati a livello centrale attraverso procedure ad hoc che tengono conto delle possibili distorsioni della concorrenza.
Gli elementi chiave di questo intervento devono essere la messa a punto di una disciplina più flessibile della fase di programmazione e progettazione, basandola sul principio della funzione d’uso del bene ICT e favorendo procedure di scelta del contraente che prevedano un maggior dialogo tra PA e fornitore del mercato (es. dialogo competitivo).
2) Specializzare la domanda: creare una centrale di committenza con competenze specifiche per l’ICT
La necessità di un quadro normativo specifico per l’ICT si accompagna alla necessità di una centrale unica di committenza con competenza sull’ICT, essenziale sia per la fase straordinaria dell’attuazione dei progetti del PNRR sia per la gestione ordinaria.
L’obiettivo non è centralizzare la spesa, ma spingere verso una specializzazione della domanda pubblica per l’aggiudicazione degli appalti ICT in modo efficiente, integro e innovativo che consenta di acquistare bene e in tempi adeguati e certi. Questa centrale unica per l’ICT potrebbe derivare dal potenziamento della struttura dedicata attualmente esistente in Consip, dalla creazione di un nuovo soggetto, con competenze specifiche, oppure dalla istituzione di nuclei specializzati ICT nelle centrali regionali esistenti sul territorio.
È necessario far evolvere l’attuale sistema di governance verso un modello basato sulle competenze, integrando approccio territoriale (oggi prevalente) e approccio settoriale basato sulla competenza di filiera. Obiettivo è dotarsi di competenze umane specifiche e dedicate, di soluzioni tecnologiche (piattaforme, banche dati, IA) per accelerare la fase di confronto e selezione dei contraenti e dei prodotti, di un sistema di monitoraggio e supporto alle amministrazioni nell’individuazione dei fabbisogni e delle migliori soluzioni per soddisfarli.
3) Favorire la crescita dimensionale di PMI e Start up e del mercato, puntando su innovazione, qualità e specializzazione, con azioni di capacity buiding di sistema
L’apertura al mercato implica prestare attenzione alle piccole e medie imprese. Le PMI e le startup innovative sono i soggetti ad oggi più penalizzati nel procurement ICT, le prime perché spesso escluse dagli appalti di maggiore dimensione, dove prevalgono i fornitori consolidati, le seconde perché prive dei requisiti di fatturato o dell’esperienza pregressa, generalmente richiesta nelle gare pubbliche.
Sul tema PMI si sta ragionando da tempo sull’introduzione nelle gare di meccanismi “SME-friendly” che consentano di individuare percorsi privilegiati per le PMI senza però alterare le regole della concorrenza, né allungare i tempi di gara, come spesso accade in presenza di tanti lotti. Anche qui, non si tratta di creare “riserve di mercato”: lotti troppo piccoli rischiano di non favorire la crescita del settore. Ed è un tema che è tornato in più occasioni in altri comparti dei contratti pubblici.
Più opportunamente, valorizzare nel Codice le aziende startup e le micro e piccole imprese dell’ICT, oggi penalizzate o per la mancanza di requisiti o per l’impossibilità di affrontare le gare più complesse, vuol dire ricorre a requisiti di partecipazione alle gare che promuovano la collaborazione in filiera tra grandi e piccole, puntando su criteri di specializzazione e capacità innovativa per la selezione dei fornitori.