Come si misura l’innovazione? Se non facciamo chiarezza su questo punto non potremo sostenere i modelli di procurement innovativo perché non potremo sapere come remunerare i partner che investono. E se non riusciamo a fare questo non troveremo i 5-6 miliardi di euro che servono per salvare la Sanità italiana da un destino di arretratezza.
Ebbene, l’innovazione viene valutata in termini di outcome. Non ci possiamo limitare a a dire l’obiettivo – avere mille tablet assegnati a infermieri, informatizzare il processo di somministrazione farmaci eccetera. Ma vogliamo misurare l’efficacia clinica e gestionale di quella tecnologia che si va a comprare.
Uno dei casi più noti riguarda la Regione Molise, dove un partner privato si è fatto carico dell’investimento iniziale ed è stato remunerato in base all’efficienza del processo. Il progetto ha funzionato, il problema si è posto quando si è voluto misurarne l’efficacia pratica. Alla fine, nell’incertezza su come fare, dopo tanto cogitare, si è usato questo criterio: la differenza tra quando si spendeva in farmaceutica prima e dopo l’arrivo di quella tecnologia. Peccato che non vada bene così: a fare quella differenza ci sono altri fattori in gioco, come la variazione dei costi di farmaci.
Allora forse bisogna trarre ispirazione dal modello di health technology assessment, basato su evidenza. Il ministero la definisce così: “un approccio multidimensionale e multidisciplinare per l’analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali, organizzative, economiche, etiche e legali di una tecnologia attraverso la valutazione di più dimensioni quali l’efficacia, la sicurezza, i costi, l’impatto sociale e organizzativo. L’obiettivo è quello di valutare gli effetti reali e/o potenziali della tecnologia, sia a priori che durante l’intero ciclo di vita, nonché le conseguenze che l’introduzione o l’esclusione di un intervento ha per il sistema sanitario, l’economia e la società”.
E a questo scopo, come avviene negli Usa, avrebbe senso mettere assieme, tra i decisori nel procurement, medici e tecnici. Serve anche il punto di vista del medico, spesso ignorato, per fare innovazione in Sanità.
Da un convegno in S@lute2017, dedicato a questi temi, abbiamo capito che ci sono strumenti giuridici adatti e che molti vendor sono pronti a lavorare con strumenti value based, già usati dalle multinazionali americane presenti anche in Italia.
Tutti gli ingredienti della torta ci sono; a mancare sono i consumatori, della torta. La soluzione potrebbe essere spiegare ai dirigenti pubblici che è tutto fattibile. Ma servirebbero anche linee guida – Anac, Corte dei Conti – sugli acquisti innovativi, per rassicurarli.