L’attuale contesto sanitario ha definitivamente spinto nella direzione della digitalizzazione: in ambito appalti occorrerà concentrarsi sulla definizione di best practice e sulla professionalizzazione delle amministrazioni, in uno con l’implementazione degli strumenti tecnici più adeguati. Si pensi per esempio all’utilizzo della tecnologia blockchain, che allo stato potrebbe avere un valido utilizzo nell’ambito del sistema SOA, per assicurare certezza e trasparenza) e la standardizzazione degli applicativi telematici di gestione delle procedure.
Soltanto in tal modo la progressiva evoluzione delle procedure di gara, da inserirsi in una complessiva strategia di digitalizzazione dell’amministrazione, potrà avvenire nel pieno ed effettivo rispetto dei sottostanti valori giuridici a garanzia dei privati e dell’agere amministrativo.
Rivoluzione digitale e contratti pubblici
La progressiva digitalizzazione delle procedure di gara costituisce l’obiettivo da perseguire per una moderna concezione del public procurement e va collocata in una complessiva strategia di digitalizzazione dell’attività amministrativa. In tal senso, il Codice appalti attualmente prevede l’utilizzo di sistemi telematici per lo svolgimento delle procedure di gara. Tuttavia, l’utilizzo di tali modalità, ad oggi, non determina ex se il sicuro rispetto dei principi sottesi alla contrattualistica pubblica e all’attività amministrativa, al punto tale da legittimare il generale abbandono delle sedute pubbliche sulla base della formulazione letterale dell’art. 58 del Codice.
Nel corso di pochi anni abbiamo assistito a tante e talmente corpose novità che non può più semplicemente immaginarsi una temporanea convivenza tra il precedente sistema e l’attuale contesto. L’affermarsi del digitale e l’avvento di sempre più convincenti meccanismi di intelligenza artificiale hanno imposto un’attenta riflessione anche in campo giuridico, interessando pressoché ogni settore del diritto ivi inclusi quelli più ‘tradizionalisti’. Tra questi, figurano alcune aree del diritto che, sia pure in modo talora non conclamato, rifuggono da spinte innovative, per le più varie ragioni. Così, e passando alla tematica d’interesse, la contrattualistica pubblica, ove il rispetto di alcuni principi impone agli interpreti una riverenza che talora sconfina in timore, non risulta sempre aperta alle innovazioni.
È sufficiente evocare il concetto di trasparenza e quello di massima concorrenzialità (quest’ultimo, potrebbe dirsi, rappresenta un vero e proprio genius saeculi del nostro tempo) per indurre l’ermeneuta a rassicuranti interpretazioni che affondano le proprie radici in consolidati orientamenti esegetici. E, tanto, anche a costo di un parziale sacrificio (si dice, necessario) dell’efficienza amministrativa. In quest’ottica, quello che, a seguito di attento vaglio, è stato ritenuto legittimo diviene il termine di riferimento assoluto, che preclude di apportare migliorie di sorta. Cionondimeno, si è detto, la rivoluzione digitale, in uno con i benefici di cui la stessa è portatrice, ha imposto un confronto tra i più noti modelli procedimentali e l’adozione (quantomeno) di appositi adeguamenti finalizzati all’implementazione delle nuove tecnologie. Può, a tal proposito, parlarsi di ‘appalti elettronici’ (o di e-procurement), con l’avvertenza che tale sintagma identifica generalmente non solo l’integrale automatizzazione della procedura di gara, ma altresì l’informatizzazione di singole fasi delle procedure e la trasmissione attraverso mezzi di comunicazione elettronici degli atti di gara e delle comunicazioni ad essi relative. Va da sé che il grado di realizzazione degli obiettivi sottesi alla digitalizzazione delle procedure di gara varia a seconda dell’accezione attribuita all’e-procurement.
Gli appalti elettronici in Italia e in Europa
La Legge 11/2016 ha previsto tra i criteri di delega: (a) la progressiva digitalizzazione delle procedure in materia di affidamento attraverso la promozione di reti e sistemi informatici, anche al fine di facilitare l’accesso delle micro, piccole e medie imprese mediante una maggiore diffusione di informazioni e un’adeguata tempistica, e di soluzioni innovative, con particolare riguardo, tra l’altro, all’innovazione tecnologica e digitale e all’interconnessione della pubblica amministrazione (art. 1, comma 1, lett. i); (b) la promozione della digitalizzazione delle procedure stesse, questa volta in funzione della loro tracciabilità e, dunque, anche in funzione di trasparenza e pubblicità (art. 1, comma 1, lett. 1), punto 2)); (c) la revisione della disciplina in materia di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di tipo informatico nonché, al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, la pubblicazione di tutti i bandi di gara su un’unica piattaforma digitale presso l’ANAC (art. 1, comma 1, lett. s)).
Nella (ambiziosa) ottica della Legge delega, dunque, la digitalizzazione avrebbe progressivamente dovuto interessare tutte le procedure ad evidenza pubblica e, tanto, proprio al fine di consentire gli obiettivi di concorrenzialità, trasparenza ed efficienza che costituiscono il fulcro della materia in esame. Nell’ottica europea, poi, tale obiettivo è predicato in modo ancora più deciso. Occorre, infatti, mirare non già al semplice utilizzo di tecnologie informatiche in singoli segmenti procedurali ovvero per effettuare le comunicazioni, bensì alla integrale gestione automatizzata di tutte le fasi della procedura di gara (si vedano, ad esempio, le considerazioni svolte dalla Commissione europea nel Libro verde sull’estensione dell’uso degli appalti elettronici nell’UE del 18 ottobre 2010). Se, dunque, in via ordinaria le procedure dovrebbero svolgersi in modalità interamente elettronica, ricorre la possibilità di specifiche deroghe nel caso in cui risulti necessario l’intervento umano, anche soltanto in alcune fasi della procedura.
Si tratta di un’ottica che capovolge il rapporto regola-eccezione: l’intervento umano sarebbe consentito nei casi in cui risulti indispensabile. Diversamente, dovrebbe procedersi mediante l’utilizzo di procedure dematerializzate. Il Codice contiene dunque alcuni istituti ascrivibili al genus degli appalti elettronici. Si pensi, ad esempio: ai sistemi dinamici di acquisizione, disciplinati dall’art 55 del Codice, che consistono in processi di acquisizione interamente elettronici e aperti per tutta la loro durata a qualsivoglia operatore economico che soddisfi i criteri di selezione; alle aste elettroniche (art. 56), per tali intendendosi, secondo la definizione offerta dal Codice, i processi per fasi successive basati su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi, modificati al ribasso o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte permettendo che la loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico; ai cataloghi elettronici (art. 57), che non costituiscono una procedura di aggiudicazione, ma una modalità particolare di presentazione dell’offerta, utilizzabile nel caso in cui sia richiesto l’uso di mezzi di comunicazione elettronici.
A tali fattispecie, che integrano in grado diverso gli obiettivi di digitalizzazione, si aggiungono le procedure svolte attraverso piattaforme telematiche di negoziazione (art. 58), pur non definite dal Codice, che costituiscono uno dei principali strumenti per l’attuazione dei principi che la disciplina in materia di procedure e comunicazioni elettroniche intende promuovere. Non a caso, dalla previsione contenuta nell’art. 58, comma 1 del Codice (“Ai sensi della normativa vigente in materia di documento informatico e di firma digitale, nel rispetto dell’articolo 52 e dei principi di trasparenza, semplificazione ed efficacia delle procedure, le stazioni appaltanti ricorrono a procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici nel rispetto delle disposizioni di cui al presente codice. L’utilizzo dei sistemi telematici non deve alterare la parità di accesso agli operatori o impedire, limitare o distorcere la concorrenza o modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara”), nonché dagli artt. 40 e 52 del Codice è stato distillato il principio di telematizzazione delle procedure di gara, che si salda concettualmente alla doverosità dell’utilizzo di modalità elettroniche per l’effettuazione delle comunicazioni relative alle gare pubbliche.
L’evoluzione del sistema
La direzione è chiara e, potrebbe dirsi, il risultato è inevitabile. L’evoluzione tecnologica, infatti, non potrà che penetrare in modo sempre più capillare nella materia in esame, attuando una trasformazione digitale che consentirà il rinnovo e la modernizzazione dei sistemi ad evidenza pubblica. D’altronde, ciò è accaduto in passato, come si può agevolmente comprendere solo che si rilegga il R.D. 627/1924 – ove il concetto di pubblico incanto veniva declinato, tra l’altro, nel metodo di estinzione di candela vergine, puntualmente specificato nel relativo art. 74 – o solo che si rifletta sugli altri tradizionali sistemi d’incanto, attuati ad esempio nell’antichità ad Atene o Roma per l’assegnazione del servizio di riscossione delle imposte o per la vendita dei bottini di guerra. Da qui, può dunque predicarsi un principio di storicità (in generale, dell’azione amministrativa, e più nello specifico in relazione alla tematica che interessa) delle modalità di svolgimento delle procedure di gara, a condizione che tali modalità siano in linea con i principi riconosciuti, cioè con lo Zeitgeist che permea la materia.
Così, ad esempio, analizzando il rapporto tra pubblicità delle sedute di gara e procedure telematiche, la giurisprudenza ha riconosciuto come lo stesso vada rapportato “non ai canoni storici che hanno guidato l’applicazione dello stesso, quanto piuttosto alle peculiarità e specificità che l’evoluzione tecnologica ha consentito di mettere a disposizione delle procedure di gara telematiche” (Consiglio di Stato, sez. V, 21 novembre 2017, n. 5388).
Le necessarie cautele
Deve tuttavia osservarsi che, se pure è vero che le coordinate sopra descritte indentificano univocamente la meta della digitalizzazione delle procedure, cionondimeno occorre altresì valutare con attenzione il grado di conformità degli strumenti elettronici ai principi generali che presidiano il settore dei contratti pubblici, senza trincerarsi dietro argomentazioni astratte, preconfezionate e (come si è detto) confortanti. In altri termini, l’adeguatezza della procedura seguita va valutata in concreto, non potendo predicarsi la generalizzata conformità delle diverse procedure telematiche esistenti ai principi di pubblicità, trasparenza e non discriminazione, specie ove non si tratti di procedure.
Così, la perentoria affermazione secondo la quale nelle procedure telematiche non sono necessarie sedute pubbliche (ad esempio per l’apertura delle offerte), andrebbe forse opportunamente dimensionata. E ciò non solo in quanto il principio di trasparenza sembra avere un significato più ampio rispetto alla semplice garanzia di inalterabilità offerta dal sistema, ma altresì in quanto tale garanzia andrà attentamente accertata, anche in considerazione delle specificità del caso concreto. A ciò si aggiunga il ruolo anche collaborativo che la partecipazione del privato (il quale, peraltro, potrebbe assistere da remoto) può rivestire ai fini dell’attività amministrativa, come noto a chi ha maggiore familiarità con la prassi delle procedure di gara.
Conclusioni
Innovazione e tradizione, dunque, devono allo stato convivere. Non in quanto, come si avvertiva sopra, nel settore in esame ricorre la tendenza ad utilizzare regole ormai ben sedimentate, bensì al fine di evitare il rischio opposto, anch’esso d’altronde troppo spesso verificatosi a livello nazionale (si pensi alle note oscillazioni normative che si sono registrate negli anni in merito ai criteri di aggiudicazione).