Come largamente previsto – e prevedibile – sono stati annunciati dal nuovo Governo ulteriori cambiamenti alla disciplina degli affidamenti pubblici da poco varata che, in ipotesi, dovrebbero aiutare le stazioni appaltanti a gestire le gare in modo più semplice ed efficace. Già a febbraio scorso avevo fatto delle riflessioni su quelli che avrebbero potuto essere i rischi e le opportunità di nuovi interventi in materia (clicca qui) e oggi, alla luce di quelli che sembrerebbero essere gli ambiti di cambiamento ipotizzati, quelle riflessioni prendono ulteriore corpo.
La seducente chimera della semplificazione
“Semplificare” è un verbo accattivante, soprattutto se di parla della macchina pubblica e delle procedure che ne governano il funzionamento. Semplificare il Codice dei contratti pubblici è, difatti, il primo messaggio che è stato lanciato. Bisogna, però, fare moltissima attenzione. Da un lato, il dogma secondo cui l’entrata in vigore del Codice ha determinato la paralisi degli affidamenti sembra essere smentito dai dati statistici che, per i primi mesi del 2018, segnalano una forte ripresa dei bandi di gara, lasciando supporre che la battuta di arresto seguita all’entrata in vigore prima della riforma e poi del correttivo corrisponda piuttosto al fisiologico momento di “sbandamento” che qualsiasi modifica del quadro normativo di riferimento inevitabilmente comporta. Si tratta di un effetto che ha invariabilmente accompagnato, nel passato, ogni rimaneggiamento delle norme vigenti e che certamente accompagnerà anche quelli del prossimo futuro.
In secondo luogo, stando alle ipotesi di modifica che circolano in questi giorni, il rischio concreto è che la “semplificazione” passi attraverso la frustrazione degli obiettivi di effettivo cambiamento del sistema del procurement pubblico che la riforma si era posta. Il riferimento è, soprattutto, al ritorno degli affidamenti basati esclusivamente sull’elemento prezzo, certamente più “semplici”, più “oggettivi” e, per questo, più apprezzati da molte stazioni appaltanti e anche da diversi operatori economici, forse soprattutto da quelli che non sanno o non vogliono puntare sulla qualità. Bisogna, tuttavia, avere la consapevolezza che l’affidamento al minor prezzo – presupponendo che il progetto a base di affidamento (sia esso di lavori, servizi o forniture) sia stato compiutamente definito in ogni minimo dettaglio dalla PA e blindato, tanto che l’unica effettiva variabile sia il prezzo di realizzazione – rende pressoché impossibile l’innovazione. L’affidamento al prezzo inferiore spesso – se non sempre – condanna la stazione appaltante a ripetere gli affidamenti del passato, ottenendo prestazioni obsolete, di scarsa qualità, inadeguate ad un contesto in rapida evoluzione, nel quale i bisogni che quelle prestazioni dovrebbero soddisfare non sono gli stessi di dieci anni fa e probabilmente neppure quelli dell’anno passato.
Certo non può escludersi che vi siano prestazioni di importo trascurabile o oggettivamente ripetitive o standardizzate o basate su specifiche tecniche predefinite e non modificabili nelle quali l’affidamento sulla base della qualità oltre che del prezzo risulterebbe antieconomico e illogico. Ma per quei casi il codice dei contratti pubblici già prevede la possibilità di affidamento al minor prezzo, quindi non è su questo che si potrebbe giocare la semplificazione.
Potrebbe, forse, valutarsi l’ipotesi di consentire l’affidamento di lavori su progetto esecutivo al minor prezzo senza più alcun limite di importo, quando non risulti opportuno ammettere varianti. Ma al di fuori di questo ristretto limite, tornare ad ampliare il ricorso al minor prezzo sul presupposto che le stazioni appaltanti non siano capaci di gestire criteri di affidamento più complessi e gli operatori economici non sappiano esprimere qualità e innovazione, è una sconfitta per il sistema. E’ come se ci si volesse preparare per gareggiare nel salto in alto ma siccome saltare più di due metri sembra molto complicato, invece di allenarsi con costanza, scegliere una buona squadra di preparatori atletici, studiare le tecniche migliori e tentare di migliorarsi, ci si accontenti di abbassare l’asticella ad un solo metro da terra. Certo si salterà, ma di sicuro non si parteciperà mai alle olimpiadi e, probabilmente, neppure alla gara indetta dalla parrocchia.
Semplificazione delle norme vs. strumenti operativi di semplificazione
Attribuire alla modifica normativa un potere taumaturgico illimitato, così come imputare alle norme la responsabilità esclusiva o primaria delle inefficienze del sistema dei contratti pubblici, sarebbe un errore. Semplificare è certamente importante, ma forse ciò che realmente occorre non è tanto la semplificazione normativa – in parte già realizzata – ma l’introduzione di strumenti operativi di semplificazione.
Ognuno di noi, nella propria vita quotidiana, riesce a portare agevolmente a compimento, in poco tempo e con risultati soddisfacenti, procedure ed operazioni che, in un recente passato, avrebbero richiesto un impegno molto maggiore e garantito un margine di successo inferiore. Questo è in larga parte reso possibile dall’introduzione di strumenti operativi di semplificazione, ovvero supporti tecnologici che rendono più facili, rapide, tracciabili ed efficaci le nostre azioni, ampliano l’orizzonte delle nostre conoscenze e ci consentono di raggiungere gli obiettivi prefissati in minor tempo.
E’ essenziale che nel procurement pubblico i processi di affidamento siano sempre più assistiti da strumenti operativi di semplificazione realmente efficaci. La riforma del 2016 deve essere rapidamente completata con il rilascio della BDOE (Banca Dati Unica degli Operatori Economici) attraverso la quale:
- semplificare al massimo il reperimento e la verifica delle informazioni relative ai concorrenti
- offrire supporto operativo nella pre-compilazione e nel controllo all’origine di molte informazioni del DGUE (Documento di Gara Unico Europeo)
- consentire l’archiviazione delle informazioni attinenti i requisiti speciali di partecipazione e il loro riuso in procedure diverse di affidamento, garantendo l’interoperabilità tra le diverse banche dati coinvolte
Il sistema dovrebbe sempre più tendere verso la possibilità di offrire alle stazioni appaltanti in tempo reale una sorta di “semaforo” relativo agli operatori economici: verde nessun problema, rosso esclusione, giallo necessità di valutazioni discrezionali. Inoltre, nella maggior parte dei casi sarebbe opportuno applicare il principio europeo “the winner only”, concentrando le verifiche solo sull’aggiudicatario (cosa che il sistema già in larga parte consente), effettuando parallelamente dei controlli a campione, anche svincolati dalla singola gara, che grazie a sanzioni effettive riducano l’azzardo morale della dichiarazione falsa o omissiva.
Inoltre, soprattutto per gli affidamenti sotto soglia, le stazioni appaltanti dovrebbero essere incoraggiate ad utilizzare la possibilità, offerta dal DGUE, di richiedere agli operatori economici di barrare unicamente la sezione alfa della Parte IV Criteri di Selezione, ovvero “Rispetto tutti i criteri di selezione”. Dovrebbero essere effettivamente alleggerite anche le “domande di partecipazione” e le dichiarazioni integrative del DGUE, la cui articolazione e complessità vanificano completamente gli intenti di standardizzazione e semplificazione del DGUE stesso. Se proprio non fosse possibile rinunciarvi, allora sarebbe bene che tutte le piattaforme telematiche per la gestione dematerializzata delle gare ne offrissero la compilazione automatica, limitando al minimo l’impegno per la stazione appaltante e per gli operatori economici.
Le piattaforme stesse dovrebbero essere costantemente migliorate per garantire un’effettiva facilitazione dei processi. Se utilizzare una piattaforma telematica risulta più complesso e limitante rispetto ai processi analogici c’è sicuramente qualcosa che non va. Inoltre, le piattaforme devono essere stabili e garantire l’accesso a tutte le informazioni necessarie con la massima efficacia. Per fare un esempio, è singolare il fatto che le RdO “aperte” su MEPA, che dovrebbero rappresentare il prototipo della massima apertura concorrenziale per gli affidamenti sotto soglia, siano spesso anche le procedure con la più scarsa partecipazione. E’ anche indispensabile la creazione di piattaforme che consentano la diffusione e la condivisione delle buone pratiche.
Esempi di strumenti operativi di effettiva semplificazione sui quali investire a quadro normativo invariato e che potrebbero rappresentare una reale chiave di volta se ne potrebbero fare ancora moltissimi
Il fattore umano
La preparazione, la competenza, la motivazione e la determinazione di chi concretamente porta avanti i processi rappresentano infine elementi determinanti. Occorre investire sul fattore umano, sul ricambio generazionale e soprattutto sulla formazione e sul costante supporto del personale delle stazioni appaltanti, altrimenti non ci sarà riforma in grado di portare frutti effettivi.
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Bibliografia:
1) Audizione del Presidente ANAC – Attività dell’Autorità in materia di contratti pubblici (lunedì 30 luglio 2018)
2) Autorità Nazionale Anticorruzione – Ufficio Osservatorio Contratti Pubblici e Analisi Economiche. Primo Quadrimestre 2018 “Procedure di affidamento perfezionate di importo superiore o uguale a € 40.000”
3) European Commission – Commission notice “Guidance on Innovation Procurement” – Brussels 15.05.2018
4) European Commission – Orientamenti in materia di appalti pubblici per professionisti
5) European Commission – “Buying Green! A hadnbook on green public procurement” 3rd edition 2016
6) European Commission “EU Public Procurement reform: Less bureacracy, higher efficiency. An overview of the new EU procurement and concesssion rules introduced on 18 April 2016” 20.04 2016 – Ref. Ares (2016) 1875822