Per evitare immobilismo, servono interventi urgenti sul Codice degli Appalti a cominciare dalla qualificazione delle stazioni appaltanti. La normativa, preparata nel 2016, presenta criticità che da anni vengono sottolineate dagli addetti ai lavori e dagli esperti dei diversi settori toccati dalla normativa sull’argomento. In particolare, il settore edile, categoria che ANCE – Associazione nazionale dei costruttori edili rappresenta, soffre di alcune mancanze da tempo richieste, in particolare:
- come anticipato, una definizione del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti;
- un albo dei commissari esterni;
- chiarimenti in materia di subappalto;
- i criteri di aggiudicazione delle gare, senza basarsi solo sull’offerta economicamente più vantaggiosa.
Non aver apportato integrazioni al Codice degli Appalti che risulta incompleto ha portato l’Europa a rilevare la mancata conformità dell’Italia alle direttive europee in materia di contratti pubblici. Una situazione che rischia di portare il Paese a dover far fronte a sanzioni.
Confusione normativa e immobilismo decisionale
Sin dalla sua entrata in vigore, quasi tre anni fa, il “nuovo” Codice degli appalti ha mostrato da subito tutti i suoi limiti: poco chiaro, farraginoso e con un groviglio di norme e linee guida confuse e difficili da applicare. Un quadro normativo che è risultato essere peraltro incompleto, dato che, a oggi, mancano ancora all’appello misure importantissime come il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e l’albo dei commissari esterni. Misure la cui pubblicazione è stata recentemente rinviata ad aprile e che avrebbero dovuto costituire i pilastri della riforma in materia di trasparenza.
Il caos normativo, inoltre, favorisce l’immobilismo decisionale con i funzionari pubblici che nell’incertezza tendono a non firmare più nulla, per paura di pagarne personalmente le conseguenze. Non è un caso se a oggi lo Stato ha derogato un’infinità di volte alle norme del Codice appalti, nel tentativo di riuscire a realizzare in tempo utile opere programmate da tempo. Si pensi ai Mondiali di sci di Cortina 2021, al G7 di Taormina e alle Universiadi 2019, solo per citarne alcune.
La necessità di riscrivere il Codice degli Appalti
Risulta essere dunque urgente e non più differibile una riscrittura profonda dell’attuale Codice. Siamo stati i primi a denunciarlo, nel silenzio generale, e continuiamo a sostenerlo oggi, in tutte le sedi. Quello che serve è una revisione complessiva con un articolato più semplice, accompagnato da un regolamento attuativo dedicato ai lavori pubblici, in cui far confluire la normativa di dettaglio e le linee guida Anac.
Il settore è in crisi da oltre dieci anni e il Paese è ormai in perenne codice rosso. Ci sono oltre quattrocento opere ferme su tutto il territorio nazionale: sbloccare i cantieri significherebbe ridare fiato all’economia e mettere in sicurezza i territori. Per questo non possiamo permetterci di aspettare i tempi della legge delega annunciata dal Governo. Al contrario, occorre varare al più presto un pacchetto di misure anticrisi, con impatto immediato, da inserire in un decreto legge ponte, valido fino a quando il nuovo quadro a regime non sarà completato. Ce lo chiede con forza anche l’Europa.
Risale a gennaio di quest’anno, infatti, la decisione di Bruxelles di aprire formalmente una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, ritenendo la nostra legislazione in materia di appalti non conforme alle norme Ue. L’ennesima conferma di quello che andiamo denunciando da anni, e cioè l’incapacità del Codice degli Appalti di riportare il settore dei lavori pubblici in Europa con regole semplici, chiare e trasparenti.
Gli interventi più urgenti
Tra i punti su cui chiediamo di intervenire subito c’è il subappalto, che va riportato in linea con le prescrizioni comunitarie, e l’applicazione dei criteri di aggiudicazione delle gare. Riteniamo errata la generalizzazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa sopra una certa soglia di importo, così come il ricorso al massimo ribasso, che non garantisce né la qualità dell’opera, né la sua realizzazione in tempi e costi certi. Va invece estesa fino alla soglia comunitaria, e laddove non c’è complessità tecnica dell’appalto, la possibilità di ricorrere all’esclusione delle offerte anomale, accompagnata da un metodo antiturbativa revisionato rispetto a quello attuale.
Altro punto imprescindibile è la selezione delle imprese sul mercato, che devono essere serie e adeguatamente qualificate. E proprio per questo è inaccettabile che le stazioni appaltanti utilizzino un metodo casuale, come il sorteggio, per individuare gli operatori economici da invitare alle procedure negoziate. Ritengo sia fondamentale, inoltre, eliminare la possibilità di partecipazione alle gare per le imprese fallite o in concordato di continuità.
Questo rappresenta, infatti, un fenomeno distorsivo del mercato, che penalizza le imprese sane che non possono disporre di forme di protezione dai creditori analoghe a quelle che accompagnano le procedure liquidatorie. Dopo dieci anni di crisi, adesso non c’è più tempo. Solo dandoci un sistema di regole chiare, procedure veloci e controlli efficaci potremo davvero sbloccare il Paese e non perdere ancora una volta il treno della crescita.