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Rup, ecco come aiuta gli enti a rispettare le scadenze del PNRR



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Gli obiettivi da rendicontare entro il 2026, secondo la Corte dei conti UE, dopo l’ultima revisione del PNRR sono il 62 per cento: la figura del Rup, il responsabile unico del progetto, è cruciale per il raggiungimento degli obiettivi

Pubblicato il 9 dic 2024

Enrico Mastrofini

Past President Isipm



pa digitale (4) (1)

Come evidenziato dall’ultimo rapporto della Corte dei Conti UE, pubblicato lo scorso 2 settembre, dopo l’ultima revisione del PNRR gli obiettivi da rendicontare entro il 2026 (ultimo anno del Piano) sono stimati pari al 62% del totale. Essi rappresentano degli obiettivi finali connessi all’ultimazione di investimenti complessi, precedentemente avviati, e non corrispondono ovviamente alla spesa totale degli stessi. Uno scenario in cui la figura del Rup, responsabile unico del progetto, supporta le PA nel rispettare le scadenze.

Gli obiettivi da conseguire entro il 2026

Anche se le relazioni periodiche pubblicate dal governo italiano ricordano che finora tutti gli obiettivi sono stati conseguiti nei tempi previsti, è però altrettanto vero che l’Italia ha finora completato meno della metà delle scadenze previste.

Le revisioni apportate al PNRR hanno portato allo spostamento degli obiettivi finali nell’ultimo periodo di Piano. Nella quinta relazione sullo stato di attuazione del PNRR, pubblicata a fine luglio dal Dipartimento Affari Europei, si riporta il numero di Milestone e Target da conseguire e gli importi delle corrispondenti rate come risultano dopo l’ultima revisione del piano:

RateGiu 24Dic 24Giu 25Dic 25Giu 26
M & T37694067173
Importi (milioni)8.560,2318.249,2512.791,7412.882,7028.393,63

Lo spostamento degli obiettivi nell’ultimo periodo di piano comporta ovviamente un aumento del rischio di non rispettare le scadenze soprattutto se non ci sarà un deciso incremento di efficienza , non soltanto nell’impegnare i fondi ma soprattutto nel porre particolare attenzione ai tempi di realizzazione delle opere assegnate in appalto. .

I tempi medi di realizzazione delle opere pubbliche

Per quanto riguarda i tempi di realizzazione è utile far riferimento ai dati dell’ultima ricerca disponibile , pubblicata dalla Banca d’Italia nel 2019, in cui risultava che la durata media della realizzazione di un’opera pubblica è pari a 4 anni e 10 mesi a fronte di un importo medio di 300.000 euro; tale durata sale a quasi 11 anni per le opere il cui valore supera i 5 milioni di euro. La sola fase di progettazione ha una durata di poco più di 2 anni (circa il 40 per cento della durata complessiva) mentre se ne impiegano quasi altrettanti per l’esecuzione e la messa in opera dell’intervento e l’affidamento dei lavori richiede mediamente circa 6 mesi.

Il dato più rilevante riguarda però il ruolo di un insieme di attività accessorie di natura amministrativa, il cui svolgimento occupa i periodi compresi tra le diverse fasi operative di realizzazione dell’opera. Nel complesso, la durata di tali attività rappresenta il 40 per cento della durata totale di realizzazione, con un’incidenza particolarmente elevata sui tempi dedicati alle fasi di progettazione e messa in funzionalità dell’opera. L’analisi documentava come gli eventi qualificabili come motivi burocratici di scostamento dai tempi programmati abbiano maggiore probabilità di cadere nei periodi di “interfase”, appunto associati alle attività accessorie, piuttosto che all’interno delle fasi operative.

Tali evidenze suggeriscono l’importanza, per rispettare le scadenze del PNRR, degli interventi per comprimere la durata delle attività di carattere burocratico ed amministrativo che interessano soprattutto i periodi compresi tra le varie fasi operative ( che incidono per circa il 40% della durata totale ) .

Il ruolo dei RUP

Tra l’altro la già citata ricerca aveva anche rilevato che durate più brevi si osservavano nelle amministrazioni il cui personale è caratterizzato da più alti livelli di capitale umano ed esperienza di servizio, misurati rispettivamente dalla quota di personale laureato e da quella di personale con più di 35 anni di età anagrafica.

Pertanto nell’attuale contesto del PNRR in cui le scadenze degli obiettivi sono concentrate nell’ultimo periodo di piano (107 nel 2025 e 173 nel 2026)  diventa cruciale il ruolo svolto dai  RUP, figure che nel nuovo codice degli appalti pubblici, entrato in vigore il 1° luglio 2023, sono ora diventate a tutti gli effetti dei Responsabili di Progetto a cui è anche richiesta una “adeguata competenza quale Project Manager, acquisita anche mediante la frequenza, con profitto, di corsi di formazione in materia di Project Management” (cfr. All. I.2 art.4). 

Per svolgere in maniera efficace tale ruolo di presidio degli obiettivi e delle scadenze sarebbe opportuno che la adeguata competenza dei RUP sia dimostrata con il possesso della Certificazione del Project Manager in conformità alla Norma  UNI 11648, rilasciata ai sensi dell’art. 9 della legge 4/2013 da Organismi di Certificazione accreditati da Accredia, ovvero che la frequenza, con profitto, di corsi di formazione in materia di project management sia dimostrata non con un generico attestato rilasciato da un ente formativo ma dal possesso di una delle qualificazioni di seconda parte di project management rilasciate da PMI, IPMA, ISIPM e Prince2 che – secondo la Circolare Accredia n.9/2023 – sono ritenute conformi per attestare le conoscenze richieste dalla suddetta Norma UNI e per consentire l’esonero (parziale o totale) dalle prove scritte di esame presso gli Organismi di Certificazione.  

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