Il tema dello smart working nella pubblica amministrazione è al centro di molte discussioni, affrontate dai punti di vista più eterogenei. In questo breve contributo, fornisco qualche dato preliminare per affrontare tali discussioni consci di ciò che sta avvenendo in termini di spesa della pubblica amministrazione a supporto di un lavoro agile efficace.
Per essere più intellettualmente onesti, considerate sin d’ora che la maggior parte delle riflessioni che seguono hanno in mente più il paradigma del lavoro da remoto, e specificamente working from home, anche se ritengo diversi dati siano interessanti anche per parlare di lavoro agile.
PA digitale: tutti i tasselli che devono andare a posto nel 2022
Spesa smart working PA, come funziona l’analisi
Il seguente grafico mostra la spesa della PA italiana su temi legati allo smart working, che ho avuto il piacere di analizzare (sulla base dei dati disponibili a fine ottobre 2021) assieme agli amici degli Osservatori del Politecnico di Milano:
Come si vede, questa fotografia testimonia una crescita importante della spesa rilevante nel 2020, coerentemente con le aspettative. Malgrado la sintesi in questione sia accurata, alcune precisazioni sono interessanti, e probabilmente doverose. Nel prosieguo, troverete analisi basate sui dati disponibili ad inizio dicembre 2021 e non rivisti in termini di data quality dai colleghi degli Osservatori PoliMi, per cui alcune discrepanze minori rispetto al grafico precedente (sviluppato a fine ottobre 2021 e con dati curati manualmente) sono motivate da queste differenze metodologiche.
La crescita del valore dei contratti pubblici
Innanzitutto, una serie di procedure sono state inserite nell’analisi in quanto citavano nell’oggetto una serie di keyword legate allo smart working, ed in particolare: “lavoro agile” o “smart working” o “collaboration software” o “remote desktop” o “virtual private network” o “VPN” o “endpoint security” o “virtual desktop” o “web conference” o “Video conference”. Questo elenco potrebbe essere allargato, ma ha probabilmente una correlazione coi fenomeni di interesse, come testimoniato dal trend che ne risulta:
Nel 2020 il valore dei contratti pubblici che citano queste keyword legate allo smart working è infatti aumentato di quasi 6 volte rispetto alla media dei 4 anni precedenti, mentre il numero di contratti stipulati è più che decuplicato:
Ciò detto, la spesa significativa in questo dominio non si concentra negli ambiti in generale legati semanticamente allo smart working, bensì nel campo merceologico dei dispositivi utili (e addirittura necessari) al lavoro da remoto. Per verificare questo fatto, si osservi l’andamento della spesa per i dispositivi in questione, come identificati dalle categorie merceologiche computer personali, computer modello tablet, telefoni portatili.
La spesa pubblica in questo campo, già significativa (a sfiorare l’ordine di gradezza dei 150 Mio/anno) è più che triplicata nel 2020. Si noti che i numeri di cui sopra danno un’idea dei trend e degli ordini di grandezza, ma vanno interpretati con prudenza. In particolare, sono quasi sicuramente approssimati per eccesso, contenendo sia le aggiudicazioni delle grande convenzioni ed accordi quadro (citerò nel prosieguo una grande procedura bandita da Consip), sia le attivazioni di tali procedure da parte delle singole PA. Questo vale, in ogni caso, per ciascuno degli anni in esame, per cui il trend è nettissimo.
Differenze tra PA locale e centrale
Si noti anche che questi numeri includono la spesa delle società per azioni ed altre aziende a controllo pubblico, nonché delle grandi centrali di committenza, quali Consip o i soggetti aggregatori regionali. Se ci focalizzassimo sugli enti locali (comuni, provincie, regioni) e pubblica amministrazione in senso stretto a livello centrale, lo scenario sarebbe di crescita importante, ma non di vero e proprio boom della spesa. Il seguente grafico ci offre infatti una buona approssimazione della spesa della PA locale e centrale (PAL e PAC):
Come si nota, qui gli ordini di grandezza sono inferiori e la crescita nel tempo, pur coratterizzata da un trend di aumento più costante (probabilmente poiché le aziende pubbliche stavano “mantenendo” il loro parco macchine, mentre PAL e PAC lo stavano ancora ampliando), vede una crescita più modesta tra il 2019 ed il 2020, rispetto a quanto si osserva nel grafico che include le aziende pubbliche. (Va anche osservato che in questo grafico il problema del double counting è probabilmente modesto, non avando incluso le maggiori centrali di committenza nel perimetro).
La spesa per i dispositivi
Anche dentro il perimetro PAL+PAC, i dispositivi la fanno da padrone, con 27 Mio su 38 Mio spesi in personal computer, tablet e cellulari :
Volendo analizzare le procedure di maggiori dimensioni, ci si può concentrare sulla “Gara a procedura aperta per la fornitura di Personal Computer Desktop e Workstation a basso impatto ambientale e dei servizi connessi ed opzionali per le Pubbliche Amministrazioni” bandita da Consip con un valore totale messo a gara di oltre 250 Mio (comprensivi di potenziali successive estensioni) ed un importo di aggiudicazione già superiore ai 100 Mio. L’ordine di grandezza del bando, in termini di numerosità di pezzi, è in ogni caso quello delle decine di migliaia, per un totale di circa 200.000 postazioni (per quelle di base, con costi per PC + monitor attorno ai 500-600 euro di base d’asta).
Le postazioni di lavoro a casa
E cosa è successo in termini di allestimento delle posizioni per il lavoro da casa dei dipendenti? Forse poco, guardando alla PA in senso stretto, ma possiamo avere un’idea di cosa avrebbe dovuto succedere per un’investimento congruo in questo campo, prendendo ispirazione dalle procedure di maggiori dimensioni di alcune imprese pubbliche. In particolare, per avere un’idea di quanto sarebbe costato dotare davvero di strumenti per il lavoro agile i dipendenti (oltre a PC e smartphone), possiamo guardare ai contratti di grandi organizzazioni di diritto privato (ma che pubblicano le informazioni riguardanti i loro contratti, in quanto controllate dal pubblico e/o gestori di servizi pubblici). Uno dei contratti maggiori è quello di Poste Italiane Spa per la fornitura, trasporto e montaggio di arredi (per altro a ridotto impatto ambientale) per lo smart working (in due lotti, CIG 8283986182 e CIG 82839969C0, per chi volesse approfondire).
In questo caso, l’investimento è stato di oltre 11,603 milioni (in effetti, da spendersi tra la fine del 2020 e l’intero 2023, ma comunque chiaramente legati all’emergenza). Non si tratta qui -almeno a livello di merceologia prevalente- di acquisti legati a computer portatili e simili, ma ad “arredi ed attrezzature varie”. Come informazione di contesto, l’ordine di grandezza dei dipendenti del gruppo Poste Italiane è di circa 120.000 unità, ma sicuramente comprende una percentuale di personale non di ufficio (a partire da quello che si occupa della consegna di pacchi e corrispondenza) assai significativo. Anche se ignorassimo questo fatto, si avrebbe una spesa di quasi 100 euro a testa. Se la PA italiana avesse fatto un investimento di questo genere, quanto avrebbe speso?
Riguardo il numero dei dipendenti pubblici, possiamo ad esempio basarci sulla Relazione annuale al Parlamento sul costo del lavoro pubblico, approvata dalla Corte dei Conti a scorso luglio 2020 (su dati aggiornati a fine 2018). Secondo questa fonte, i dipendenti pubblici delle amministrazioni censite annualmente dall’ISTAT sono più di 3 milioni e 200 mila. L’investimento avrebbe dovuto aggirarsi dunque nell’ordine dei 320 milioni di euro.
Le gare dell’epoca Covid
In effetti, la pubblica amministrazione ha bandito alcune procedure di dimensioni paragonabili (maggiori) durante il periodo Covid per l’acquisto di forniture nell’ambito mobili per ufficio, ma si tratta dei famosi bandi per i banchi scolastici. Tra le procedure aggiudicate alle altre amministrazioni dello stato non si ritrova invece un aumento significativo della spesa per arredi (che anzi nel 2020 è scesa a 320 Mio dai 350 Mio circa del 2019 – sempre cifre notevoli, ma apparentemente diminuite a causa del minore impiego degli uffici, anziché aumentate per mettere a norma le postazioni domestiche dei dipendenti).
Smart working PA, gli aspetti di sicurezza
Per concludere (sia pure lasciando molte cose da approfondire) questa analisi, una verticalizzazione per gli appassionati di informatica (come il sottoscritto), che si stessero chiedendo se, nel 2020, ci sono stati aumenti nella spesa legata a keyword quali sicurezza informatica, o cyber security, o più banalmente antivirus o firewall, la risposta è “apparentemente no, anzi l’opposto”. Le procedure aggiudicate che contenessero queste keyword nell’oggetto avevano visto una crescita dai 63 Mio del 2018 ai 95 Mio del 2019, ma apparentemente il lavoro da remoto è coinciso con una nuova diminuzione, per un valore di 71 Mio nel 2020. Insomma, non sarebbe del tutto infondato sospettare che le PA si siano dette “caro dipendente, arrangiati col tuo PC”, e – ad essere malpensanti – abbiano a volte fatto a meno anche di aggiornare l’antivirus di quello che è restato spento in ufficio.
Il monitoraggio dei bandi pubblici 2021
Per quanto i dati 2021 non siano ancora paragonabili a quelli del 2020 e provengano da fonti diverse, il monitoraggio dei bandi pubblici per le keyword e categorie merceologiche di cui sopra ci conferma che, su 112 Mio banditi, più del 62% ha riguardato personal computer (col 41% rappresentato da computer portati ed il resto da PC fissi) e quasi il 37% telefoni cellulari. In effetti, meno dell’1% di tali bandi ha citato il tema dello smart working o affini, senza rientrare in queste due macro-categorie. (Questa analisi riguarda però solo bandi pubblici e richieste di offerta pubbliche, escludendo affidamenti diretti e procedure negoziate senza avvisi pubblici, che sono sono invece incluse nei dati 2020.)
Per concludere su una nota più ottimistica, qualche segno di maggiore attenzione al contesto dello smart working, o almeno a sviluppi gestionali che lo abilitano, viene dalla categorie merceologica dei servizi di consulenza gestionale, passati dai 50-60 Mio del 2018-2019 a più di 200 Mio. Il grosso dell’incremento è dovuto ad alcuni lotti della gara Digital Transformation bandita da Consip, ma si può sperare che questo tipo di strumenti vengano poi effettivamente attivati dalle singole stanzioni appaltanti, all’interno della PA locale e nazionale. I soldi per farlo, in teoria, dovrebbero esserci, col PNRR che assegna al capitolo relativo alla digitalizzazione della PA qualcosa come 42,55 miliardi di Euro.