Il consiglio

Tomasini (Inail): “Come innovare la spesa pubblica ict per dare migliori servizi ai cittadini”

Spendiamo probabilmente meno di tanti altri paesi dell’UE ma, piuttosto che aumentare la spesa, dobbiamo metterci nell’ottica di ridurre gli sprechi e spendere meglio nell’innovazione digitale

Pubblicato il 31 Lug 2017

Stefano Tomasini

Direzione Centrale per l’Organizzazione Digitale - INAIL

ICT

Il messaggio è chiaro: l’ICT non è più un centro di spesa strumentale al funzionamento della Pubblica Amministrazione, ma rappresenta la condizione abilitante per un rinnovamento delle PA. Sono ormai un lontano ricordo gli interventi lineari sull’allocazione delle risorse, è necessario scegliere, individuare le priorità e finanziare solo quanto necessario per realizzarle.

Quando parliamo di spesa ICT, ovviamente, non intendiamo solo tecnologia, ma anche organizzazione, processi e, soprattutto, servizi ai cittadini. Se crediamo che la PA sia a servizio della collettività e ne intendiamo sostenere il processo di modernizzazione, la spesa informatica non va tagliata, ma qualificata.

Spendiamo troppo o troppo poco?

Probabilmente meno di tanti altri paesi dell’UE ma piuttosto che aumentare la spesa dobbiamo metterci nell’ottica di ridurre gli sprechi e, soprattutto, di spendere meglio nell’innovazione digitale. E’ chiaro a tutti che non possiamo più permetterci di frammentare la spesa, è chiaro a tutti che la PA deve essere vista come un’unica organizzazione.

Non voglio riprendere il tema soffermandomi sugli elementi qualificanti che hanno orientato l’intervento legislativo, prima, e il Piano Triennale per l’informatica nella PA, poi, ma vorrei fare alcune considerazione su quanto, a mio avviso, rappresenta la svolta essenziale e su quanto, sempre a mio parere, rappresenta l’aspetto più delicato da affrontare.

La svolta: la definizione di un indirizzo comune, di uno scenario di riferimento, di uno strumento che indirizzi i progetti di innovazione e di digitalizzazione della PA.Il Piano Triennale, offre l’occasione di ridurre gli sprechi, di razionalizzare e non replicare gli investimenti, di adottare soluzioni comuni per servizi trasversali, di migliorare i servizi e di creare sinergia in ottica di ecosistema aumentando l’efficacia complessiva della PA.

La razionalizzazione della spesa è, si, un finalità del piano ma del piano bisogna cogliere la sua qualità fondamentale: quello di uno strumento indispensabile per mettere l’IT pubblico a servizio dei cittadini.

Il punto di partenza è il Piano ma avere un piano non è sufficiente ed è qui che passo all’aspetto delicato da affrontare.

Cogliere da questo piano solo l’aspetto della razionalizzazione della spesa sarebbe riduttivo, così come concentrarsi esclusivamente sulla “bella strategia” sarebbe un’altra occasione sprecata. Bisogna procedere con piani operativi di realizzazione e con un controllo sull’avanzamento del portafoglio complessivo delle iniziative.

La valutazione del risultato andrà fatta esaminando non solo gli aspetti tecnologici, ma anche quelli organizzativi e di cambiamento. Portare a termine un progetto solo dal punto di vista tecnologico non è un risultato, così come spendere poco non è un risultato.

Il digitale consente di liberare risorse.

La valutazione è corretta, tuttavia, bisogna essere consapevoli che non esiste l’innovazione a “costo zero” e che, solo facendo investimenti e individuando bene gli ambiti su cui farli, si potranno recuperare risorse. È sbagliato dire che spendiamo poco o spendiamo tanto, va bene riqualificare la spesa riducendo la spesa corrente a favore degli investimenti ma, è anche vero che, nel contesto attuale, ci troveremmo a spendere di più nel breve, per garantire parallelamente continuità al preesistente e investimenti nel nuovo, con l’obiettivo, poi, nel medio termine, di ridurre la spesa corrente a vantaggio della spesa in innovazione.

A proposito dei progetti di sviluppo vorrei fare una considerazione sulla valutazione dell’efficacia e la valutazione dei costi. Se intendiamo spendere bene è necessario controllare l’attuazione del progetto non in termini di rilascio in produzione ma di effettivo utilizzo di quanto sviluppato.

E’ qui che gli Organi di indirizzo devono scendere in campo con modelli attuativi chiari e senza compromessi e con modelli di controllo che consentano di superare le abitudini delle organizzazioni.

Le autorità di regolazione rappresentano un volano di trasformazione solo se riescono a incidere sull’organizzazione del lavoro della PA. Se, da un lato, le amministrazioni pubbliche hanno difficoltà a cambiare le abitudini organizzative e, dall’altro, le “regole non digitali” continuano a essere in vigore, al costo dell’IT bisogna aggiungere quello del mantenimento di procedure parallele al digitale.

In situazioni del genere corriamo il rischio di spendere di più.

Vi è mai capitato di vedere quanta carta gira ancora nell’organizzazione pubblica?

Togliere la carta negli uffici rimane ancora oggi un’illusione perché significa incidere sulle abitudini delle persone, sulle relazioni tra uffici e organizzazioni pubbliche dove la carta rappresenta un elemento garanzia. Non bastano le norme, non bastano i progetti di reingegnerizzazione ma serve una buon controllo e la consapevolezza che siamo tutti responsabili del risultato finale.

Da ultimo solo qualche considerazione sul procurement.

Inail già da diversi anni effettua tutte le acquisizioni IT tramite Consip anticipando, già in tempi non sospetti, il processo di convergenza degli acquisti introdotto dalla Legge di stabilità. Non posso, pertanto, che apprezzare la spinta verso la centralizzazione della spesa informatica.

La frammentazione è causa di inefficienza ma è anche causa di inefficienza non fare una preventiva analisi e una corretta valutazione dei fabbisogni. Il piano rappresenta un quadro di riferimento in materia ICT utile a meglio orientare i prossimi acquisti, ma da solo non è sufficiente.

E’ importante che le Pubbliche Amministrazioni imparino ad esprimere le loro necessità ed è necessario che chi acquisisce valorizzi la qualità del prodotto/servizio da comprare. Anche nel caso del procurement piuttosto che di riduzione di spesa ritengo si debba parlare di riqualificazione valorizzando la qualità e non il prezzo più basso.

E’ comune la critica in base alla quale la crescente attenzione al controllo della spesa, spesso focalizzata sul breve termine, rischia di ledere la qualità delle prestazioni erogate nel corso della gestione contrattuale.

A mio parere, perché la distinzione dei ruoli tra chi acquista e chi utilizza generi valore, in termini di contenimento e di qualità della spesa, è necessario che, da un lato, chi acquista sia in possesso di dati e informazioni adeguati sulle caratteristiche della fornitura e, dall’altro, chi utilizza venga affiancato per meglio focalizzare le proprie necessità di digitalizzazione.

E ancora, è necessario che chi acquista raccolga dati e informazioni sull’andamento della fornitura per meglio orientare le nuovi acquisizioni. In altri termini, condizione necessaria perché la centralizzazione degli acquisti porti a spendere meglio, è la fattiva collaborazione tra tutti coloro che nei diversi ruoli possono contribuire a una positiva sintesi tra domanda e offerta.

In conclusione che fare? Non possiamo perdere altro tempo, le azioni da intraprendere sono tante e le scadenze incalzanti. Bisogna, dunque, agire con obiettivi concreti e con una più forte capacità di scegliere per non disperdere risorse in inutili, se non dannosi, progetti che di innovativo hanno poco: solo se consideriamo l’IT come uno strumento che genera innovazione e non come una finalità saremo in grado di rispondere alle aspettative di chi utilizza i servizi pubblici e, allo stesso tempo, intervenire positivamente sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

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